di Sandro Moiso
Michele Neri, Ballardland, Italo Svevo, Trieste -Roma 2024, p. 144, 16 euro
Il testo di Michele Neri, appena pubblicato nella collana Biblioteca di letteratura inutile (B.L.I.) dalla casa editrice Italo Svevo, ha il pregio, nelle sue 130 pagine circa, di costituire una delle migliori sintesi e guide al pensiero e all’opera di James Graham Ballard (1930- 2009), uno dei maggiori scrittori inglesi della seconda metà del Novecento, troppo spesso e irrispettosamente relegato al solo genere fantascientifico.
Il carattere irrispettoso di certa critica non è tanto dovuto al ‘genere’ in cui lo ha inserito, ma piuttosto al fatto con l’ignorare la distanza che lo scrittore di Sheppeton ha voluto marcare tra i testi e le riflessioni degli ultimi decenni prima dello scomparsa e la Fantascienza, genere cui si era dedicato fin dalle sue prime opere degli anni ’50, ma la cui funzione innovativa riteneva ormai esaurita sia dal punto di vista della possibile predizione del futuro sia di un immaginario che rimanendo, talvolta, troppo collegato all’innovazione tecnologica o ai viaggi nello spazio ha finito di ignorare la complessità dei mutamenti intervenuti nella psiche umana a seguito dei cambiamenti indotti dallo sviluppo tecnologico e dalla loro influenza sulle società ‘avanzate’.
Ecco allora che Ballardland entra, con gran dovizia di citazioni tratte da opere, saggi e interviste dell’autore inglese, in quell’universo psichico che costituiva davvero l’inner space che Ballard aveva comunque sempre contrapposto all’outer space tipico di tanta fantascienza classica. Accompagnando il lettore lungo un percorso che trae costantemente spunto dall’esplorazione ballardiana di ciò che rimane tra le rovine della mente e dell’Io nell’era del dominio tecnologico della Natura e della realtà che circonda gli individui e le compagini sociali che ne costituiscono l’espressione formale.
Michele Neri è nato a Milano nel 1959. Giornalista culturale e professionista in campo fotografico, ha pubblicato Scazzi (Mondadori), i saggi Photo Generation (Gallucci) e L’ultima foto, un dialogo con Enrico Ratto (Seipersei), i romanzi Sospensione (Centauria) e Come un mattino texano (Polidoro Editore), oltre a racconti su «Nazione Indiana» e «minima&moralia», con questo saggio biografico rende omaggio ad un autore certamente molto ammirato, amato e direttamente conosciuto e frequentato non soltanto attraverso la lettura delle opere, ma anche in occasione di svariate interviste.
E’ lo stesso Neri a rendere il lettore edotto su ciò che si intende per “Ballardland”, paesaggio/luogo di confine tra mondo reale e proiezione dello steso nella psiche di chi lo abita.
Ballardland è nel cielo giallo di Manhattan dopo gli incendi in Canada, negli oceani che sommergono atolli abitati, nel sorriso dei turisti che si fanno fotografare di fianco al cartello che segnala i 55 gradi Celsius della Death Valley, e ancora nei nostri sogni ormai avverati – alter ego sintetici, cloni di rimpiazzo, desideri d’istantaneità, immortalità –, che stupiscono per quanto siano scellerati, noiosi. Ballardland è lo stato d’animo di quei tecnici che, avendo richiesto a un prototipo meccanico guidato dall’intelligenza artificiale di occupare uno spazio determinato muovendosi in orizzontale e strisciando, si sono accorti che aveva preferito ottenere lo stesso risultato procedendo con una sequenza di salti in alto. È mantenere in vita l’avatar digitale di un parente defunto perché si comporti come non avrebbe fatto in vita. Il perturbante non è davanti a noi, è una condizione di partenza1.
Qualcosa che era già stato preannunciato da Virginia Woolf, nel 1915 sul margine della Prima guerra mondiale, quando nel suo diario aveva scritto: «The future is dark, which is the best thing the future can be». Ma l’oscurità di Ballard non è sociale o storica, è psichica e appartiene tutta al modo in cui la nostra mente si relaziona con trasformazioni che sono, allo stesso tempo, traumatiche e inevitabili in un contesto in cui non esiste più una sola concreta e ‘naturale’ realtà delle cose. Come lo stesso scrittore aveva già affermato in un’intervista rilasciata nel giugno del 1992, in occasione della seconda edizione del Noir in Festival di Viareggio.
In qualche modo, è difficile definire dove sia il confine tra sogno e realtà. Credo lo sia ancora di più nel nostro mondo moderno, dove l’ambiente esterno in cui tutti viviamo, ciò che siamo abituati a chiamare realtà, oggi è una fantasia creata dai mass media, dai film, dalla televisione, dalla pubblicità, dalla politica – che ormai non è altro che un ramo della pubblicità. Ho detto più volte che oggi stiamo vivendo all’interno di un enorme romanzo, come personaggi dentro una storia immensa. È molto difficile dire cosa sia la realtà. Un campo d’erba che cresce ai bordi di un’autostrada è più reale della pubblicità dell’ultimo film di Arnold Schwarzenegger? Quale dei due è la realtà? Io direi che la pubblicità di Schwarzenegger è più reale di un campo d’erba che cresce. Schwarzenegger rappresenta le più grandi mitologie commerciali della fine del XX secolo. Tristemente l’erba potrebbe morire domani a causa dello smog o dei gas emessi dalle macchine che passano lungo la strada. Questa differenza tra realtà e sogno è molto difficile da analizzare e, in diversi modi, il sogno è la nostra realtà. È più sensato pensare che i nostri sogni siano reali2.
Il sogno come prodotto della psiche e il mondo come prodotto tra ciò che l’Io profondo immagina di se stesso e del proprio rapporto con il mondo stesso o, almeno, con ciò che ha introiettato come tale.
Ecco allora che per Ballard l’oscurità di un mondo fatto di guerre, devastazioni ambientali e sociali e di tecnologie sfuggite al controllo dei poveri individui che fingono ancora di poterle dominare, può essere superata soltanto dall’immaginazione che, pur succube dei dati e degli stimoli provenienti dall’esterno, può ancora «cacciare la notte».
Oppure trovare il modo di trarne piacere, per perverso che questo possa essere.
Poiché, in fin de conti, per l’esploratore psichico inglese: «L’immaginazione non è uno stato mentale: è l’esistenza umana stessa».