Di Jack Orlando
Benedetta Sabene, Ucraina. Controstoria del conflitto oltre i miti occidentali, Meltemi, Milano 2023, pp.284 18€
Il giorno che il presidente Zelensky dichiarò ad una giornalista italiana che in Europa c’era troppo filo-putinismo e che i suoi servizi di intelligence erano intenti a preparare delle liste di persone “da mettere a tacere” (più o meno testuale)1 , l’inviata non trovò nulla da eccepire.
Né hanno avuto da ridire altri capi di stato rispetto al fatto che dei servizi di intelligence di un paese terzo stessero stilando delle liste di proscrizione, con quali criteri poi non è dato sapere, sui propri cittadini.
Qualcuno, guarda caso in Italia, non sapendo parlare né star zitto l’ha perfino trovata una buona idea e ci ha tenuto a dirlo a tutti;2 e d’altronde era proprio un giornale italiano che all’indomani del febbraio ’22 ci aveva tenuto a pubblicare per primo la sua lista nera.3
Ora, potremmo anche dar per buona l’ipotesi che sia un gigionesco guizzo creativo del presidente ucraino, reminescenza della sua precedente vita da comico poco divertente, o un altro dei suoi eccessi rasenti la mitomania.
Eppure una dichiarazione del genere non dovrebbe lasciare indifferenti. Verrebbe da chiedersi chi sono questi fantomatici filo-putiniani, quali siano i loro tratti distintivi e perché rappresenterebbero una minaccia.
Soprattutto c’è da interrogarsi su perché sia stata accolta con una sorta di imbarazzato silenzio assenzo una proposta simile. Eppure le liste di proscrizione sarebbero cose che si vedono nell’autocratica Russia, non certo da tenersi in una democrazia, come quella che sta difendendo l’Ucraina.
In altre fasi politiche un’esternazione simile sarebbe valsa una generale levata di scudi, se non dei provvedimenti pratici.
Magari non del Bel Paese, che non è proprio campione della tutela dei suoi cittadini all’estero, ma dal resto dell’Unione vogliamo immaginare di si.
Per comprendere come si sia arrivati a questo punto viene in soccorso la giornalista Benedetta Sabene, con la sua recente Controstoria dell’Ucraina. Che non è utile solo per ripercorrere le tappe salienti del conflitto dai suoi prodromi al suo attuale incistarsi, fuori appunto dai miti occidentali, ma per leggere in controluce la tendenza generale che va manifestandosi nel Vecchio Continente, sempre più assorbito nella spirale bellica senza vie di fuga.
Una guerra non esplode mai da un momento all’altro, per volere di un folle sovrano che tiranneggia il proprio paese (oggi Putin, ieri Gheddafi o Saddam Hussein, tutti prima blanditi e poi demonizzati dall’Occidente). È coltivata da strategie di lungo periodo, contrattazioni più o meno pubbliche, processi storici indipendenti che si intrecciano allo scacchiere delle grandi potenze.
Contemporaneamente essa è preparata e rintracciabile nello spostamento di risorse, mezzi, armi e truppe sui territori. Chi oggi spende la sua ricchezza in mitra e cannoni, non lo fa solo per precauzione, sa che domani quelle armi spareranno.
Se segui il flusso degli armamenti, sai chi si sta preparando alla guerra e con chi, e oggi questi flussi sono dei fiumi in piena.
È in questa formula che può essere letto il lungo percorso della NATO che, in funzione antisovietica e poi antirussa, ha proceduto prima a flirtare con formazioni parafasciste e collaboratrici delle SS quali le forze di Stepan Bandera (non a caso il nuovo padre nobile dell’Ucraina) sin dal principio della Guerra Fredda come agenti destabilizzatori; poi disattendendo a tutti gli impegni presi con i dirigenti sovietici nella fase della “distensione”.
Quel famoso limite che non si sarebbe mosso di un pollice verso Est e che poi ha fatto chilometri portandosi appresso un sacco di bombe e pallottole.
Questo il vero principio della guerra, i lanciamissili atlantici a un passo da Mosca e i mille accordi infranti. Sarebbe banale ripeterlo, ma è proprio ciò che viene rimosso quotidianamente da una informazione che si è ormai fatta megafono esclusivo del partito della guerra.
Proprio quello dei media è uno dei fronti di guerra: orientare l’opinione pubblica, comprimendo a fondo le possibilità di dibattito e contraddittorio, demonizzando il nemico e silenziando ogni critica e criticità sono passaggi obbligati nella mobilitazione delle forze sociali per poterle inserire nel meccanismo bellico.
Preparare il terreno e le condizioni per cui le popolazioni europee saranno più docili nell’accettare le misure di compressione del loro stile di vita all’interno di un’economia di guerra, a sua volta propedeutico al passaggio successivo, la partecipazione effettiva ad una guerra combattuta boots on the ground; ipotesi in principio scongiurata da tutti, poi via via iniziata a sdoganare (citofonare Macron) come già fatto in precedenza con i carri armati, con le bombe a grappolo, con gli addestratori e ufficiali NATO.
È una informazione che bolla ogni voce dissidente di intelligenza col nemico, filoputiniani, come la stessa Sabene ha dovuto più volte sperimentare in prima persona.
Ed è una prassi che in Ucraina funziona a pieno ritmo: uno dopo l’altro, decreti legislativi restringono i margini di manovra dei giornalisti; la censura dello Stato e la repressione minano le capacità stesse di sopravvivenza economica dei media indipendenti, mentre siti parastatali diffondono dati sensibili su attivisti e professionisti dell’informazione esponendoli non solo all’azione della polizia ma direttamente alle minacce e aggressioni, a volte letali, di impuniti gruppi neonazisti.
Non siamo al livello dell’Ucraina, non ancora per lo meno, ma non è difficile notare l’accondiscendenza che gli apparati di potere mostrano con chi aggredisce i critici della tendenza alla guerra, come accaduto due anni fa a Bologna con provocazioni e aggressioni fisiche da parte di nazionalisti ucraini ai militanti di Cambiare Rotta,4 o più recentemente all’influencer palestinese Karem Rohana, aggredito da ignoti a Roma.5
Accondiscendenza che fa il paio con la solerzia mostrata invece nel reprimere le voci dissidenti: le indagini e le accuse mediatiche a docenti ed intellettuali, spesso per semplici opinioni private, i molteplici ed immotivati provvedimenti giudiziari allo stesso Roahana.
La compressione del diritto di parola è un buon termometro per misurare lo stato di salute di una democrazia; la cui difesa ad ogni costo continua ad essere il leitmotiv a giustificazione dell’estrema difesa del fronte orientale, ma che non sembra godere di ottima salute.
Il pressochè totale scollamento dell’agenda istituzionale dalle volontà politiche delle popolazioni e la sua genuflessione a centri di potere altri è una realtà di fatto ormai evidente, e non da oggi.
Lo svuotamento progressivo di ogni forma di sovranità popolare è parte integrante del modello neoliberale e alla prova della guerra diventa più che mai manifesto.6
Le leggi contro il dissenso organizzato, le accuse associative ai sindacati, la penalizzazione forsennata di qualsiasi forma di lotta, anche pacifica; tutte portate avanti in tempo di pace, si dimostrano cruciali per tenere insieme un consesso sociale ben poco disposto a sacrificare i suoi, seppur deperiti, privilegi sull’altare di un conflitto che gli è estraneo, e si preparano a fare il salto di qualità con ulteriori giri di vite.7
In Ucraina già da anni hanno cominciato a restringere gli spazi del dissenso. Ancora una volta usando una combinazione di dispositivi legali e azioni squadriste operate da milizie nazi coperte dallo Stato.
Ne rimane a monito il battesimo del nuovo corso post-maidan sancito con la strage nella Casa dei Sindacati di Odessa del 2014, con oltre quaranta innocenti massacrati barbaramente.
E ad oggi numerosi sindacati, organizzazioni e partiti d’opposizione anche di un certo peso e rappresentatività, sono messi fuori legge per “motivi di sicurezza nazionale”, ed i loro leader e attivisti arrestati e vessati.
Ma questa non è una peculiarità, un’anomalia ucraina dettata da una contingenza obbligata.
Questa è un’immagine del futuro: Kyev è la prima linea del conflitto, laboratorio di ciò che verrà messo a sistema nelle retrovie europee man mano che esse avanzano verso lo scontro.
La guerra è un meccanismo che procede su di un piano inclinato e non ammette limiti e paletti invalicabili, che non siano quelli imposti da una politica la cui lungimiranza considera la mediazione ed il compromesso come ipotesi realistiche.
Non per bontà, ma per calcolo.
E d’altro canto ogni confronto bellico termina con un accordo o con la distruzione dell’avversario; e la seconda ipotesi è tanto irrealistica quanto pericolosa.
Invece allo stato dell’arte una classe dirigente incapace di qualsiasi realismo o visione strategica insegue un delirio apocalittico, spingendosi avanti popolazioni spogliate di ogni capacità di risposta autonoma.
Il piano inclinato è percorso da un binario di cui non si vedono svolte o diramazioni possibili.
L’Europa marcia verso Est guardando il Dnepr e accarezzando il proprio suicidio.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/02/26/zelensky-troppi-filo-putin-in-italia-via-i-visti-poi-annuncia-una-lista-di-propagandisti-russi-e-critica-ue-inviato-il-30-delle-armi-promesse/7459628/ ↩
ogni riferimento a un politico (sic!) dei Parioli è puramente casuale ↩
https://www.corriere.it/politica/22_giugno_05/rete-putin-italia-chi-sono-influencer-opinionisti-che-fanno-propaganda-mosca-fce2f91c-e437-11ec-8fa9-ec9f23b310cf.shtml ↩
https://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/aggredita-da-tre-persone-si-salva-con-lo-spray-7a5fc3d1 ↩
https://www.romatoday.it/cronaca/pestaggio-karem-rohana-roma.html ↩
valga a mò di esempio l’opinione contraria di quasi tutto l’elettorato italianodi fronte all’inflessibile politica pro-Kyev https://www.ipsos.com/it-it/russia-ucraina-ultime-news-italiani-riducono-timori-scoppio-terza-guerra-mondiale-3-monitoraggio-ipsos ↩
ovviamente preceduti da campagne stampa, prima provocatrici, poi sibilline, infine assertive per poi arrivare a sanzione politica: https://www.ilfoglio.it/preghiera/2024/02/27/news/i-cortei-sono-sempre-una-violenza-6263413/ ↩