di Giorgio Bona

Un soldato tornava a piedi a casa,

incontrò ragazzi lungo la strada,

oh ragazzi, chi è la vostra mamma?

Quel giorno chiese così il soldato.

 

La mamma è l’anarchia e il papà un bicchiere di porto!

La mamma è l’anarchia e il papà un bicchiere di porto!

 

Indossavano tutti giubbotti di pelle,

erano tutti di bassa statura,

il soldato provò ad andare via,

non ci riuscì

 

La mamma è l’anarchia e il papà un bicchiere di porto!

La mamma è l’anarchia e il papà un bicchiere di porto!

La mamma è l’anarchia e il papà un bicchiere di porto!

La mamma è l’anarchia e il papà un bicchiere di porto!

 

Una burla giocosa,

si divertivano quei ragazzi

pitturandogli il viso di rosso e blu,

lo obbligarono a dire bestemmie

 

Questa canzone si intitola Mama Anarchia, una canzone dei Kino scritta e musicata nel 1985 da Viktor Coj.

Viktor la dedicò ad Andrej Panov, il leader del gruppo Avtomatiçeskie Udovletvoritelì (un termine di difficile traduzione che potrebbe stare per divulgatori automatici di felicità). Che passerà alla storia come il primo vero gruppo Punk-Rocker di Leningrado: era nato qualche anno prima dei Kino, in quanto Andrej Panov detto il Maiale era rimasto folgorato dalla notizia che in qualche parte dell’occidente ci fosse una band chiamata Sex Pistols, decidendo a diciannove anni, nell’estate del 1979, di formarne una propria con il nome Le Pistole del Sesso.

Perché il Maiale? Intorno alla sua figura fiorivano tanti racconti, e tra questi la voce che Andrej avesse defecato dinnanzi al pubblico durante un evento, poi mettesse il prodotto su un piatto e cominciasse a mangiare. Anche gli altri componenti di questa band avevano soprannomi provocatori: oltre al Maiale c’erano Pinochet, l’Incazzato e il Fruscio e le loro canzoni avevano titoli senza senso come Risata, Sbronza – canzoni senza uno spirito politico definito, ma con parole di grande provocazione che si esprimevano manifestando una contestazione aperta alla canzone tradizionale russa.

Purtroppo, come i Kino di Viktor Coj, quando nacquero, gli Avtomatiçeskie Udovletvoritelì furono un gruppo fantasma, essenzialmente più un nome negli elenchi della polizia segreta che una vera e propria realtà musicale.

Nel suo gruppo Viktor Coj era il bassista: certo un Viktor giovanissimo, diciassettenne, appena agli inizi, grande amico di Andrej anche fuori dall’ambito musicale. Andrej Panov soltanto pochi anni dopo, con la grande politica di rinnovamento in atto nel paese, diventò un musicista leggendario.

Una sua esibizione in stato di ubriachezza venne tramessa dalla televisione centrale del paese. E proprio a lui si deve la maturazione artistica di Viktor che ai tempi del gruppo suonava appunto solo il basso. Mentre dopo la breve esperienza con Panov cominciò lui stesso a produrre musica e testi.

Mama Anarchia ha una storia particolare e il suo percorso è legato a vicende tragicomiche.

Come ogni testo, prima di essere pubblico, doveva essere sottoposto al vaglio della censura che, nonostante l’epoca di cambiamento in atto, sembrava conservare ancora i sistemi del socialismo reale. La stampa di regime definiva il rock un sottoprodotto culturale, simbolo di decadenza culturale e morale dell’occidente e considerava i punk fascisti, violenti e reazionari. Dunque, per, presentare la canzone, Viktor Coj la trasmise alla censura come parodia delle corrotte bande punk rock occidentali considerate di cattivo esempio, e pessimo modello da imitare.

Infatti, il titolo nell’album alla parola Anarchia aggiungeva parodia delle corrotte band rock occidentali.

Il Ministero della Cultura si dimostrò entusiasta e approvò la canzone insieme a tutto l’album. E a quel punto titolo della canzone fu Anarchia, parodia di gruppi punk occidentali, per divenire in seguito Mama Anarchia.

Fu proprio Viktor Coj a dichiarare più tardi che la canzone seguiva lo stile dei Sex Pistols, e che l’escamotage della parodia era stato utilizzato per superare il vaglio della censura.

L’anno successivo, 1986, la moglie di Viktor, Marijana, docente in un liceo musicale, raccontò che nella sua scuola era stato organizzato un concerto per festeggiare il 7 novembre l’anniversario della Rivoluzione di Ottobre. Nel pieno della festa salì sul palco un ragazzo accompagnato dalla chitarra e si mise a suonare Mama Anarchia. Nessuno poté protestare perché il Ministero aveva approvato il testo della canzone.

Certo che Viktor aveva messo in difficoltà il sistema, che anzi, compreso il trucco, non la prese tanto bene.

Per Viktor valeva quanto un passo di una canzone compresa nell’album Noč’ dei Kino (1986) riportava a chiare lettere: “così siamo venuti qui per reclamare i nostri diritti – “. Era quel , quella grande certezza, che infastidì il potere. E come per il suo grande amico Andrej Panov vi saranno ombre intorno alla sua morte.

Panov muore infatti otto anni dopo Viktor di peritonite, ma la madre crederà sempre e affermerà che sia stato ucciso. Le stesse ombre toccano la morte di Viktor, forse in rapporto a quel scandito con tanta fermezza.