di Marc Tibaldi

Pensare l’impensabile, tentare l’impossibile. A fianco di Alfredo, contro ergastolo e 41 bis, a cura di Archivio Primo Moroni, Calusca City Lights, Cox 18, Edizioni Colibrì, Milano 2023, pp. 80, 10 euro

L’Archivio Primo Moroni, la libreria Calusca City Lights e il c.s.o.a Cox 18, tre realtà che garantiscono sul rigore documentativo, sulla riflessione critica e sulla scelta di studiosi e militanti che affrontano con cognizione l’argomento trattato, hanno curato un importantissimo lavoro di controinformazione, si tratta di “Pensare l’impensabile, tentare l’impossibile. A fianco di Alfredo, contro ergastolo e 41 bis”. L’occasione per riflettere sul “carcere di tortura” e sulla “pena di morte viva”, come viene definito l’ergastolo, è stata data dalla lotta dell’anarchico Alfredo Cospito e dai suoi sei mesi di digiuno per protestare contro la condanna all’ergastolo (nessun beneficio penitenziario, né semilibertà, né lavoro esterno) e al 41bis (un’ora d’aria in quattro mura di cemento, niente libri e giornali, un colloquio al mese con il vetro, zero socialità e attività…), veri regimi di annientamento sensoriale. Ricordiamo che Cospito, in carcere da 11 anni, è condannato per “Strage contro la sicurezza dello Stato”, un reato del Codice fascista per cui la condanna è l’ergastolo (pena mai usata neanche per le stragi di Piazza Fontana, Capaci, Bologna) con l’accusa di aver fatto esplodere un ordigno contro una caserma dei Carabinieri, in cui non ci sono stati né morti né feriti.

I saggi contenuti nel libro ci dimostrano l’esistenza del “carcere di tortura” e della “pena di morte viva”. Maria Teresa Pintus, avvocata di Cospito, ci ricorda dell’articolo 27 della Costituzione che afferma che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità” e che dovrebbero tendere alla rieducazione e di come il 41bis sia argomento tabù per la destra e anche per la sinistra. Riprende nella sostanza il Michel Foucault di Sorvegliare e punire: “oltrepassate le porte della prigione, regnano l’arbitrio, la minaccia, il ricatto, le percosse … nelle prigioni è di vita e di morte e non di ‘correzione’ che si tratta”. Charlie Barnao (Università di Catanzaro), sostiene che “la tortura all’interno delle nostre carceri non è un evento occasionale, potendo invece essere vista come una pratica strutturata all’interno di un generale percorso trattamentale. C’è un filo conduttore che unisce da una parte la cultura della guerra e, dall’altra, la cultura sottesa all’idea di utilizzare il diritto penale per punire alcune categorie ben precise di persone al fine di ottenere consenso popolare. Un discorso che possiamo inquadrare in un processo generale di militarizzazione della nostra società”. Il contributo di Elton Kalica (Università di Padova) sul cosiddetto “diritto penale del nemico” si sostanzia sulle ricerche di Gunter Jakobs (Giuffrè editore, 2007) e sostiene: “c’è un diritto penale ordinario liberale, quello che conosciamo noi tutti, indirizzato ai cittadini, che li considera come persone, quindi come soggetti aventi un corredo di diritti e garanzie in tutte le fasi dell’azione penale: indagine, processo ed esecuzione. Poi c’è un diritto penale del nemico, in cui i soggetti non sono più considerati come persone, come cittadini, bensì come nemici, quindi spogliati di questo corredo di tutele e garanzie”.

Ci sembra interessante riportare anche un breve passaggio dell’introduzione che Giuseppe Mosconi ha scritto per il libro di Kalica La pena di morte viva, 41bis e diritto penale del nemico (Meltemi, 2019): “le retoriche e la cultura connesse in vario modo all’istituto del 41 bis agiscono nel senso di rafforzare e radicalizzare la presenza dell’ergastolo come una pena di morte viva, il quale riassume in sé gli aspetti deteriori dell’afflittività penale, estremizzandoli, sia nei termini dell’intensità della sofferenza afflittiva, che della definitiva marginalizzazione sociale”.

Un libro breve ma ricchissimo anche di fonti documentative, bibliografia, testimonianze (di Cospito, Anna Stranieri, Flavio Rossi Albertini, un operaio dell’ex Ilva), illustrazioni (di Zerocalcare, Stefano Bombaci, Antonio Panzuto, Thomas Ott). Scrivono i curatori del volume: “Il carcere moderno nasce come istituzione con cui ‘trattare’, disciplinare e recuperare forzosamente al lavoro i vagabondi e tutta quella variegata popolazione che, cacciata dalle campagne, affluiva disordinatamente verso i centri urbani del protocapitalismo, attirata dal nuovo sistema industriale. Questa anima originaria il carcere non l’ha mai persa”. Come dire, non si tratta di abolire solo il carcere, si tratta di trasformare la società che lo presuppone.

Note.

Il libro è ordinabile nelle librerie, dal sito delle edizioni Colibrì, o richiedibile a: libreriacalusca@yahoo.it.

Chi invece volesse conoscere le idee di Alfredo Cospito, segnaliamo Sinergia. Raccolta di testi e comunicati, edito da Biblioteca Anarchica Sabot, 166 pagine, 2022. Si tratta di vari contributi che coprono una decina di anni – dal 2012 al 2022 – pubblicati su varie riviste (Vetriolo, Fenrir, Caligine), interventi a assemblee, dibattiti, fiere dell’editoria anarchica, che dimostrano il confronto con l’anarchismo “storico”, con i neoanarchismi, ma anche altre componenti del movimento antagonista; si tratta dell’elaborazione di un anarchismo insurrezionale e nichilista, in cui c’è una stretta correlazione tra pensiero e azione. “Continuo a essere convinto che l’odio di classe sa la leva principale per scardinare e capovolgere questo mondo. Non metto in dubbio che la molla che scatena la nostra lotta può avere tante origini, sessismo, animalismo, ecologismo, ma se questi discorsi alla base non hanno anche un discorso di classe non portano a nulla, se non un assestamento, un perfezionamento della democrazia” (pagina 37). Pubblicato un mese prima che Cospito decidesse la lotta dello sciopero della fame, il libro si può richiedere a: bibliotecasabot@autistici.org