di Luca Cangianti
Carlo Picozza, Gianni Rivolta, La Resistenza dimenticata, Media&Books, 2022, € 18,00, pp. 168.
I centri storici sono ridotti a parchi tematici nei quali scintillano gli store delle grandi marche di abbigliamento, elettronica e ristorazione. Le vecchie periferie si gentrificano: le osterie scompaiono, i negozi storici chiudono, nei bar non ci sono più anziani che tramandino le leggende di quartiere. Gli abitanti – se ancora ve se sono – hanno smesso di esser cittadini di quei territori; ormai sono atomi che faticano a tessere reti sociali stabili, progetti di vita, opposizione reale.
Non è quindi un caso se qualsiasi gruppo locale d’intervento si proponga di contrastare questa deriva, inserisca tra le proprie attività la riscoperta della microstoria del luogo e dei suoi protagonisti dimenticati. Nel fare questo gli attivisti vanno in cerca dei propri padri e delle proprie madri, si riappropriano di immaginari remoti e li trasformano in nuovi strumenti di lotta.
La Resistenza dimenticata di Carlo Picozza e Gianni Rivolta offre un potente armamentario di questo tipo. Si tratta di un libro partigiano che parla di partigiani: è scritto come una cronaca, fluida, ricca di dettagli ricavati da interviste inedite che fanno emergere nuovi scenari interpretativi.
I quartieri romani di riferimento sono principalmente Montesacro, Ostiense, Pigneto, La Garbatella e Trastevere. Le storie sono sei: tre uomini e tre donne. Luciano Lusana era il capo del servizio informazioni del Pci: ex ufficiale del genio militare in Cirenaica, insegna ai gappisti l’uso delle armi e muore nel carcere di via Tasso. Un profilo molto diverso è quello di Riziero Fantini: inizialmente anarchico, lettore di Jack London, frequentatore di comuni negli Usa insieme a Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, è amico di Errico Malatesta. Tornato in Italia diventa leader comunista durante l’occupazione nazifascista, viene torturato davanti alla moglie e ai figli, e assassinato a Forte Bravetta. Salvatore Petronari è un facchino dei Mercati generali sulla via Ostiense. Nel 1922 insieme agli Arditi del popolo alla Batteria nomentana aveva preso a fucilate i fascisti. Era soprannominato l’Avvocatino per le sue capacità oratorie. Tradito da una spia viene portato a via Tasso e fucilato anch’esso a Forte Bravetta.
Tra le donne spicca la figura di Maria Baccante, dirigente della formazione comunista dissidente Bandiera rossa. I nazifascisti le diedero la caccia arrivando a fermare e a schedare tutte le donne di nome Maria. Nel dopoguerra anima lo sciopero e l’occupazione della fabbrica Cisa Viscosa vicino largo Preneste. Oggi il Parco delle energie che sorge su quei terreni ospita un archivio storico che porta il nome della partigiana. Picozza e Rivolta raccontano poi le storie dell’infermiera Raffaella Chiatti, protagonista di un coraggioso salvataggio di molti partigiani che rischiavano l’arresto, e di Anna Cerrani, giovane operaia trasteverina, animatrice degli scioperi alla Manifattura Tabacchi in piena occupazione.
Il “passato ha la forza sufficiente per raccontare se stesso anche attraverso i luoghi, belli o brutti che siano” affermano gli autori. “Ha il vigore per rievocare i perché delle opere, del ruolo o del carattere dei personaggi che non ci sono più, ma che in quei posti sono vissuti.” In effetti, dopo la lettura della Resistenza dimenticata, se al tramonto andiamo a fare una passeggiata per le vie della Garbatella, di Trastevere o di Montesacro, gli orrori dell’apericena svaniscono, mentre, come in uno scenario di realtà aumentata, compaiono i volti meravigliosi di chi non esitò a rischiare o donare la vita per un mondo migliore.