di Walter Catalano

Arthur Leo Zagat, Pulp Horror, trad. di Gianluca Venditti, La Biblioteca di Lovecraft, Edizioni Arcoiris, pp. 204, euro 14,00.

A.A. V.V. I racconti del Grand Guignol, trad. Lucio Besana, La Biblioteca di Lovecraft, Edizioni Arcoiris, pp. 280, euro 14,00.

La Biblioteca di Lovecraft, è una collana diretta da Jacopo Corazza e Gianluca Venditti per l’ottima Edizioni Arcoiris, piccola e impavida casa editrice di Salerno, prevalentemente dedicata alla narrativa latino-americana ma patrocinatrice di interessantissimi progetti collaterali riguardanti la letteratura fantastica e di genere – non possiamo non ricordare anche Trema, la “collana di letteratura nera, raccapricciante, fantastica, inquietante, fantasmatica”, riservata agli autori italiani, curata da Emanuela Cocco, giovane e attivissima scrittrice e animatrice culturale.

Partita in sordina, antologizzando raccolte dei racconti weird e horror citati da Howard Phillips Lovecraft come suoi preferiti, La Biblioteca di Lovecraft è divenuta rapidamente sempre più sofisticata e originale, sia nella sgargiante veste grafica che nelle scelte tematiche, pubblicando nel giro di poco più di due anni, piccole perle dimenticate come i racconti di Tod Robbins – tra cui Spurs da cui trasse origine il classico cinematografico di Tod Browning Freaks; la novelette lisergica Il grande cerchio del reverendo Henry S. Whitehead, il quarto moschettiere di Weird Tales, dopo Lovecraft, Howard e Clark Ashton Smith; il recupero ottocentesco de Il vampiro. Storia vera, di Franco Mistrali, primo romanzo vampirico italiano in assoluto; ben due raccolte narrative di Aleister Crowley; un’antologia di racconti orrorifici internazionali ambientati a Firenze (i due curatori sono fiorentini…); e infine i due ultimi volumi di cui qui ci occupiamo.

Il primo, Pulp Horror, dà modo di scoprire un autore del tutto inedito in Italia, Arthur Leo Zagat, classico esempio di manovalanza pulp minore: un onesto artigiano che macinava pagine e pagine per pochi centesimi a parola, nell’ambito più triviale delle riviste popolari di genere, quello delle cosiddette spicy, cioè piccanti, pruriginose, dove sesso e violenza (ovviamente siamo fra gli anni ’30 e i ’40, e lo “scandaloso” di allora ci fa un po’ sorridere), sadismo, perversioni, linguaggio politicamente scorretto, e chi più ne ha più ne metta, abbondavano. Anche molti collaboratori conosciuti dei Pulp maggiori – Weird Tales, Black Mask, Astounding Stories, ecc. – non disdegnavano gli spicy, che pagavano meno ma erano un ottimo mercato per racconti rifiutati altrove: in genere preferivano però firmare sotto pseudonimo. Altri come Zagat o come Edgar Hoffman Price (che scrisse anche un racconto con Lovecraft: Attraverso le porte della chiave d’argento) non si facevano altrettanti scrupoli.

I titoli dei racconti inclusi nel volume già sono tutti un programma: L’orgia degli zombie; I morti uccidono ancora; Il sentiero del lupo; Cargo per l’inferno; Tavolo per due. Testi certo non particolarmente raffinati ma estremamente godibili, come spiega Venditti nell’introduzione, appartenenti al sottogenere della weird menace o shudder pulp, cioè in sostanza del soprannaturale spiegato, con un finale razionale che giustifichi gli eventi straordinari – il classico “finale alla Scooby-Doo” – in modo spesso comicamente ingarbugliato, macchinoso e cervellotico.

L’uscita più recente è invece dedicata al Grand Guignol, il teatro di Montmartre che, tra il 1897 e – con varie traversie e cambiamenti di proprietà e di direzione – il 1963, aveva insanguinato Parigi con gli efferati drammi e atti unici di una perpetua mostra delle atrocità. Un teatro irriverente e perverso che concedeva a spettatori in cerca di emozioni forti l’infrazione del buon gusto e dell’etica, ribaltando la logica perbenistica permeata di educazione cattolica, e ignorando l’inevitabile censura poliziesca. Non a caso Guignol era una marionetta raffigurante un operaio dell’industria serica di Lione, spesso ammantata della bandiera rosso-nera degli anarchici.

Un piccolo teatro di 300 posti ricavato nella ex-cappella di un monastero abbandonato all’interno del quale sculture di angeli ancora contemplavano gli spettatori, al 20 bis della rue Chaptalnel nel cuore di Pigalle, il Grand Guignol metteva in scena generalmente quattro brevi atti unici diversi ogni serata: spettacoli ricchi di effetti speciali più o meno rudimentali incentrati soprattutto sulla potenza visiva delle immagini orrorifiche: delitti, sadismo, infanticidio, follia, vendetta, riferimenti all’occultismo e al paranormale e occasionali scene di sesso e di perversione. Spettacoli che già anticipavano il cinema splatter.

Il volume, arricchito di un dovizioso apparato d’immagini d’epoca e di una dettagliata postfazione di Fabrizio Foni – oltre che, come di consueto, della breve introduzione/presentazione da parte di un illustre componente di un qualche gruppo metal (Corazza&Venditti sono metallari sfegatati…) – ospita 14 racconti tratti dai rispettivi atti unici dei più importanti autori grandguignoleschi – André de Lorde, Maurice Level, Maurice Renard, Tristan Bernard – e la riproduzione anastatica di un atto unico di Jean Sartène in forma teatrale. Anche la traduzione dei testi è affidata ad un autore d’eccezione, Lucio Besana, che si è distinto come sceneggiatore in due recenti notevolissimi horror cinematografici – Il nido e A Classic Horror Story diretti da Roberto de Feo – e come narratore in un’ancor più notevole raccolta di racconti weird, Storie della serie cremisi, pubblicata dalle Edizioni Hypnos.

Decisamente uno dei titoli più originali e interessanti di tutta la collana, un libro che recupera panorami storici e tematici lacunosi e dimenticati riproponendo un periodo ed una sensibilità ormai lontana ma ancora ben presente nel nostro immaginario.