di Giovanni Iozzoli
A cura dell’Istituto Andrea Wolf (*) è uscito per Tamu Edizioni, il libro Jin Jiyan Azadi (Napoli, pagg. 445) che rappresenta, ad oggi, uno dei più esaustivi contributi per la ricostruzione della storia del movimento di liberazione del Kurdistan. E questo a partire da quella che è l’anima del movimento: l’emancipazione della donna, costruita in decenni di elaborazioni e lotte condotte fino al martirio.
Il protagonismo femminile è il filo conduttore di tutta la narrazione: la battaglia ideologica “interna” contro il patriarcato storico del Kurdistan, le prime forme di elaborazione teorica, le pratiche costituenti di nuove istituzioni. Attraverso il sacrificio delle guerrigliere curde – dalle carceri alle montagne – si può leggere in controluce non solo la storia di un movimento di liberazione nazionale ma anche lo sviluppo di un punto di vista femminile rivoluzionario originale, diverso dai femminismi storici d’occidente. È proprio il peso del protagonismo femminile, le prassi solidale e ribelle che esso incarna, a ispirare la svolta ideologica guidata da Ocalan, verso la fine degli anni ’90, in direzione della teoria/prassi del Confederalismo democratico – un processo di superamento dell’idea della statualità socialista novecentesca in direzione di una nuova radicalità democratica delle istituzioni autonome.
Il libro è attraversato dalle biografie di donne dirigenti del PKK che hanno consapevolmente affrontato la morte in nome della vita, contribuendo con i loro corpi e la loro indomita testimonianza, a tenere in piedi la resistenza armata e la prospettiva rivoluzionaria. Se questa direzione rappresenterà effettivamente un nuovo stadio di sviluppo del pensiero anticapitalistico, lo capiremo nei prossimi anni. Per il momento, grazie a libri come questo, possiamo attingere a quello che già rappresenta un patrimonio ricchissimo di esperienza ed eroismo popolare, dentro una storia nuova: una storia scritta anche con il sangue delle donne.
Di seguito un estratto dal prologo del libro.
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Questo testo è stato scritto nel settimo anniversario del massacro di tre rivoluzionarie a Parigi. Per noi donne curde cominciava allora una lunga giornata che sarebbe trascorsa sotto l’ombra della sofferenza e della rabbia. L’anniversario ci ricorda il dolore che si è fatto strada in noi e che in giorni come questo sentiamo più profondamente; quante vite abbiamo perso, quante ne abbiamo date per il bene della lotta per la libertà. (…) La nostra lotta è cresciuta e ha superato le frontiere grazie al loro ricordo e a tutto quello che hanno creato, non solo tre rivoluzionarie, ma migliaia di donne hanno dato la propria vita per questa lotta di quasi mezzo secolo. Il ghiaccio che il patriarcato ha innestato nella nostra memoria, corpo, coscienza e mente, si sta sciogliendo. (…) Il sangue scorre dalle lande delle dee madri fino alle vene della terra. Si sta sollevando il manto di nebbia caduto sulla storia delle donne, nascosta per cinquemila anni. E sta convergendo con la nostra lunga, dolorosa e dura odissea. Sara è stata la prima, e Hevrin Khalaf è l’ultimo anello che ha fatto parte di questa cultura della resistenza. Desideriamo che sia l’ultima, vogliamo restare sempre vive. Perchè la nostra lotta continua e il sangue scorre nelle vene del mondo. (…) Ora, le pietre che colpiscono il corpo di una donna lapidata in Iran raggiungono i nostri corpi. Siamo rivoluzionarie come il fazzoletto bianco che pende dalla punta di un bastone impugnato da una giovane donna iraniana. Ora siamo una parola che si aggiunge al grido mee too di una donna nera in America; siamo il coraggio delle donne che dall’Afghanistan salutano il Rojava. Con la luce che arde negli occhi di una guerrigliera che costruisce il futuro sulle montagne delle Filippine, appicchiamo il fuoco alimentato da una guerrigliera sulle montagne del Kurdistan. Le oscure gallerie della storia si stanno illuminando una a una. Il silenzio che copriva i sussurri nella gallerie buie, si sta trasformando in parole, grida. Non importa dove o quando, questa voce ci dice: la resistenza delle donne è un torrente che non si secca mai, è un fiume che, per quanto si cerchi di ostacolarne il passaggio, troverà sempre la sua strada.
Questo libro è il risultato del lavoro collettivo di un gruppo di donne che vogliono abbandonarsi al flusso di quel fiume e ripercorrerne la storia. E’ il risultato delle testimonianze di donne e della consapevolezza di un gruppo di compagne internazionaliste, coscienti che l’illuminazione della storia è più di un indagine, è una ricerca di senso, un primo passo verso la creazione di se stesse. (…)
In oltre quarant’anni di lotta, le donne curde non hanno avuto neanche una volta la possibilità di fermarsi e respirare, di descrivere e affrontare quello che hanno vissuto. Ci sono molte storie che non sono ancora state raccontate, molte esperienze che non si sono trasformate in coscienza e tante realtà che non hanno avuto l’opportunità di aprire la strada alla verità. Nascosta nelle nostre coscienze, nei ricordi, nei dolori, c’è la storia non scritta di migliaia di donne. Ora, il lavoro condiviso delle nostre compagne ha unito gli sforzi per portare alla luce questa storia. Esse si sono assunte un compito tanto difficile quanto significativo – scrivere la storia del Movimento delle donne curde. Non hanno solo registrato quanto visto e ascoltato. Mentre annotavano le conoscenze, le esperienze e i dolori sanguinavano, sentivano il dolore, si riempivano di speranza e in questo modo completavano una parte della loro identità che era mancante. Hanno mostrato l’esempio più bello, ovvero lo sforzo di capire e far capire. Ecco perché questo lavoro, che crediamo illuminerà il cammino di tutte le donne del mondo che stanno portando avanti la lotta per la libertà – non importa dove, chi, né quando -, è molto prezioso: esso trasforma le esperienze di quarant’anni di lotta delle donne curde, in un esempio. Ci auguriamo che questo libro, che trasmette la bellezza, l’estetica e il potere formativo del creare attraverso la vita, sia inteso come uno sforzo per capire e far capire, e che aumenti il desiderio di creare insieme. Auspichiamo che, attraverso quanto raccontato tra le sue pagine, l’offerta di ottenere e conoscere la libertà che filtra dalle nostre esperienze in quanto donne curde, dia forza alla marcia per la libertà delle altre donne (…)
(*) L’Istituto Andrea Wolf è nato nel 2019 in Rojava, È luogo di incontro per donne di tutto il mondo che vi si ritrovano per organizzare seminari, formazioni, ricerche e interviste con le persone che vivono e combattono nella Siria del Nord e dell’Est, e condividere saperi ed esperienze.
Il volume sarà presentato alla manifestazione valsusina del movimento NoTav “Una montagna di libri” domenica 29 maggio ore 11:30 – Bussoleno