di Marc Tibaldi
Qui la prima parte.
t.w.i.g., Nitrito, Agenzia X Edizioni, Collana Fulmicotone, 2021, pp. 127, € 10,00.
Registriamo una coincidenza che è un segno. Un caso oggettivo, soprattutto se ci si chiede quale sia oggi il rapporto tra scrittura e movimento: a novembre del 2021, stesso mese della ristampa di Scrittura e movimento, è stato pubblicato Nitrito di t_w_i_g (acronimo di Tobia Wilson Iacconi Gabbriellini), un vagabondaggio psichico che ricorda per capacità di osservazione interiore e sociale La passeggiata di Robert Walser. L’autore è un lettore onnivoro, un giovane attivista queer-femminista-eco-sociale, uno scrittore che vive le proprie idee, che riesce a raccontare di sé, del mondo, del desiderio di rivoluzione-mutazione, facendo sapientemente deflagrare il testo, quando rischia di involversi in lamentazione biografica, con esplosioni percettive e riflessioni estetiche sulla letteratura, sull’arte. Bellissimi i passaggi dedicati a Turner: “allo stesso modo in cui il Paradiso di dante comunica con il Paradiso Perduto di Milton, Turner fa con la luce ciò che Caravaggio fa con il buio, Turner non è un paesaggista: è un pittore di fantascienza. La luce che Turner dipinge non è terrena, bensì cosmica, siderale. Che illumina e scalda, certo, ma anche che brucia, che incendia, che arde mondi e galassie. Come quelli di Kafka e di Sarah Kane, anche gli occhi di Turner non potevano che prendere fuoco. Colui che vede, ahimé, vede sempre per l’ultima volta”.
E dopo tanto tempo dalla sua latitanza nella letteratura, in questo testo ritorna con potenza il sogno, abbinato – come nei più feroci surrealisti e nel Credo di Ballard (ricordate: Credo nel potere che ha l’immaginazione di plasmare il mondo, di liberare la verità dentro di noi, di cacciare la notte, di trascendere la morte, di incantare le autostrade, di propiziarci gli uccelli, di assicurarsi la fiducia dei folli…) – alla poesia, alla rivoluzione, all’amore, e dinamizzato dall’insubordinazione esistenziale e dalle controculture. Onironauta si definisce l’autore e sogni e visioni si fondono tra sonno e veglia. Le visioni diventano utopie e viceversa. “Non riesco a identificare l’arte con il bello, con il buono, con il gesto creatore, benefico e simmetrico. Non riesco a identificarla con la virtù o con la destrezza, e meno che mai con la ricerca della perfezione. L’arte mi appare come un’infiorescenza demoniaca, un’indagine ossessiva sul dolore causato dalla perdita della vita e dell’amore. L’arte è una malattia, e l’artista è un suicida con gli occhi incendiati e le budella esposte al freddo del mondo. E così sia. Chi non la pensa così non ha conosciuto artisti, ha conosciuto piccoli imprenditori”. “[…] Non possono bastare il sogno e la visione, non possono bastare la poesia e la prefigurazione. La letteratura potrà anche essere la tua vita, ma per quanto io la adori e ne senta in ogni istante il potente richiamo, sarei disposto a barattarla immediatamente per la giustizia sociale e la fine del capitalismo. So che non ti fidi più della lotta politica, e ti capisco: la sconfitta che avete subito e la disillusione che ne è seguita sono ferite ancora aperte, e sono quel tipo di lacerazioni che non guariranno mai del tutto. Ma dovete lasciare provare noi e quelli che verranno dopo di noi […] noi non vogliamo esordire: noi vogliamo smettere di lavorare. Noi vogliamo smettere di essere sfruttati, umiliati, divisi, parcellizzati […] Noi saremo sulle barricate a fianco di tutti i perdenti, con i migranti, i soggetti trans e queer, i cyborg, i carcerati, gli psichiatrizzati, gli animali non umani. Porteremo anche le piante, su quelle cazzo di barricate […] Dobbiamo generare parentele che vadano al di là della mera riproduzione biologica […] dobbiamo inglobare, dobbiamo attraversarci, dobbiamo migrare uno nell’amore dell’altro. Perché siamo solo una cosa, una e una soltanto: gli altri”. Verso la fine, il testo riprendi anche alcuni toni da manifesto politico/estetico. Ricordate certi passaggi del Manifesto del surrealismo e di altre opere di Breton? “Cara immaginazione, quello che più amo in te è che non perdoni”, “La bellezza convulsiva sarà erotico-velata, esplosivo-fissa, magico-circostanziale o non sarà”, “La poesia e l’arte avranno sempre una predilezione per tutto ciò che trasfigura l’uomo in questa ingiunzione disperata, irriducibile, che di tanto in tanto, come una sfida derisoria, egli rivolge alla vita. Perché al di sopra dell’arte e della poesia, lo si voglia o no, sventola di volta in volta una bandiera rossa e nera”. t_w_i_g urla: “il futuro sarà queer, o non sarà affatto. Il futuro vedrà la fine del patriarcato e il capillare sfaccettarsi dei sessi e delle etnie, o sarà un futuro in cui non varrà la pena vivere”.
Nitrito è scritto in forma di lunga lettera “disperata, poetica e insurrezionale – è come un grido che sale dalle fogne delle nostre città, della vita e del mondo. Una lettera commovente, aliena, scritta da un giovane uomo con le lacrime agli occhi e la furia nel cuore”, scrive Antonio Moresco di questo libro, che merita una attenta lettura anche perché inaugura la collana “Fulmicotone” di Agenzia X, dedicata ai giovani scrittori in cerca di “scritture esplosive, impetuose, luminose”.