di Luca Cangianti
Filippo Casaccia, Canzoni per fare l’amore. Storia pop erotico politica di Eugenio (figlio unico di piacente madre vedova) in fuga dalla Genova borghese, De Ferrari, 2021, pp. 248, € 14,90.
C’è un supereroe che compie azioni più incredibili di arrampicarsi sui grattacieli o volare a velocità superiori a quella della luce. È l’etereo angelo custode dei meritevoli, l’implacabile nemico dei prepotenti: espropria tabaccai razzisti per finanziare operai indebitati, punisce i fascisti, protegge le utilitarie delle pensionate e sanziona le Mercedes, aiuta a segnare il centroavanti del Genoa e concentrando tutti i suoi superpoteri riesce perfino a trovare l’amore a una militante di Lotta Comunista. Il suo nome è Capitan Comunismo e le sue imprese fanno da intermezzo alle vicende narrate in Canzoni per fare l’amore di Filippo Casaccia.
Il romanzo potrebbe esser definito un Porci con le ali in salsa anni ’80, ma l’atmosfera poetica, ironica e trasognata ne fanno un prodotto unico, godibilissimo. Eugenio e Annalisa sono due liceali genovesi, s’incontrano durante un kiss in indetto contro la circolare bacchettona di un preside, si perdono, si ritrovano, s’innamorano perdutamente. È il 1986, l’anno dei Mondiali del Messico e delle proteste contro la riforma della scuola della ministra Falcucci. Si è ancora in pieno riflusso: i giovani politicizzati come Eugenio e Annalisa vedono negli anni ’70 un’età dell’oro della quale si sentono orfani. Eugenio, inoltre, da bambino ha perso il padre del quale continua simbolicamente a indossare il loden blu, mentre la madre trentenne preferisce farsi chiamare Federica piuttosto che “mamma”. La narrazione ci fa bighellonare tra feste, ubriacature epocali, pomeriggi cinefili accompagnati da junk food, confessioni amicali, copule nei bagni o sotto lo sguardo televisivo di Pippo Baudo, occupazioni di scuole trasformate in “soviet sentimentali”, esami di maturità e questioni cosmiche tipo “Il comunismo, come si fa?” Sembra non ci sia una direzione precisa, ma è solo una trappola narrativa, perché il dramma è in agguato e anche Capitan Comunismo – questa reificazione lirica del nostro immaginario desiderante – non potrà sottrarsi a un’ennesima missione.
Canzoni per fare l’amore è il romanzo di formazione di una generazione che, tra mille contraddizioni, ha continuato a sognare di cambiare il mondo quando quella precedente si leccava le ferite in galera, nel privato, con un laccio emostatico stretto al braccio. È uno sguardo senza retorica e reducismo, ma pieno d’amore, di precisione storica e, perfino, merceologica nei confronti di una città (Genova), di un’epoca e di un’età della vita. Quella in cui usciamo definitivamente dall’infanzia, avvertiamo l’orrore del male nel mondo, veniamo sommersi dalle domande, scopriamo la potenza dell’amore e dubitiamo delle nostre forze. È una fase d’instabilità emotiva, ma anche di grande produttività: è lì che nasciamo ai compiti che ci guideranno nel corso degli anni a venire; è lì che diventiamo veramente “capaci di sentire nel più profondo qualunque ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo”; è in quegli anni che alcuni di noi imparano ad alzare lo sguardo al cielo e a distinguere sopra i tetti, in alto tra le nuvole, la sagoma inconfondibile di Capitan Comunismo.