di Franco Pezzini
(per la puntata precedente, cfr. qui)
2. Le dodicesime notti
Ci accingiamo ora a raccontare una storia ricca di colpi di scena e di avventure sorprendenti; voglio dire quella di Mary Read e di Anne Bonny, alias Bonn, che erano i veri nomi di queste due piratesse. I bizzarri casi delle loro errabonde vite sono tali che qualcuno sarà tentato di prendere tutta la storia per nulla più che un’invenzione romanzesca e fantastica, ma dacché essa è suffragata da molte migliaia di testimoni (mi riferisco agli abitanti di Giamaica che furono presenti ai loro processi e udirono il racconto delle loro vite dopo che per la prima volta si scoprì il loro vero sesso), la veridicità della loro storia non è contestabile, non più del fatto che al mondo siano esistiti di tali uomini come Roberts e Barbanera, che furono pirati.
Così Johnson[7] – e se oggi, grazie a nuovi studi e all’emersione di alcuni importanti documenti, dal punto di vista storico è possibile integrare e a volte correggere quanto tramandato nelle diverse versioni di A General History, ai fini di un esame sul mito delle Fantastiche Due in rapporto all’archetipo della donna pirata è necessario partire proprio da quel testo fondamentale. Dove la storia delle due cattive ragazze inizia in modo relativamente simile: vite parallele all’insegna dell’inquietudine, con situazioni degne del Moll Flanders di quel Defoe identificato da molti con ‘Johnson’ (pubblicato l’anno successivo alle loro avventure, 1722) o delle incisioni di William Hogarth.
Per l’inglese Mary Read il travestimento maschile costituirebbe addirittura una costante dall’infanzia. La madre ha avuto un maschietto dal marito marinaio, che purtroppo non torna dal mare; a quel punto si trova di nuovo incinta per un’avventura – non è chiaro con chi – e per sfuggire occhiate e giudizi si rifugia in campagna dove alla chetichella partorisce Mary (l’anno è incerto, tra il 1670 e il 1698, ma con maggiore probabilità di una data tarda). Però il primogenito muore, e allora la ragazza ha l’idea di spacciare la bimba per il figlio legittimo, presentandola come tale alla suocera relativamente benestante – che prende a sganciare una corona alla settimana. Cresciuta Mary come un ragazzo, la pragmatica mamma si decide a spiegare la verità solo quando la bambina inizia «ad avere del giudizio»[8]: e, posto che la storia un po’ improbabile sia andata davvero così, è difficile dire come questo terremoto identitario possa avere giocato nella formazione della psicologia di Mary.
Morta la nonna ed esaurita quella fonte di reddito, Mary ormai tredicenne verrebbe impiegata come valletto a servizio di una gentildonna francese; «Ma ella non vi si trattenne a lungo: crescendo robusta e coraggiosa e avendo altresì un’indole vagabonda, si arruolò su una nave da guerra, ove prestò servizio per qualche tempo e poi se ne andò, raggiunse le Fiandre e portò le armi in un reggimento di fanteria, col grado di cadetto»[9]. Tutto è possibile, tanto più che il testo lascia aperta una serie di ipotesi: dal fatto che la «gentildonna francese» – di un paese cioè ben più disinvolto dell’Inghilterra quanto a morale sessuale – abbia mangiato la foglia e non sia dispiaciuta per l’ambiguità della situazione (il che potrebbe spiegare anche il defilarsi di Mary) all’eventualità che il racconto – avventure militari alla Barry Lyndon comprese – veda aggiustamenti e fantasie. Sarebbe interessante sapere da chi Johnson riceva queste informazioni, che se derivate da dichiarazioni dell’epoca del processo andrebbero prese con una certa prudenza; e d’altra parte ci sono motivi per ritenere il tutto almeno plausibile. Come per la vita sul mare, sappiamo che anche nell’esercito all’epoca trova posto un numero relativamente considerevole di donne sotto falsa identità: nel 1762 uno scrittore inglese anonimo (probabilmente identificabile con il poeta e drammaturgo irlandese Oliver Goldsmith) riporterà che nell’esercito di Sua Maestà il numero di donne è tale che meriterebbe un battaglione apposta. Anzi all’epoca di Mary le ballate sulle donne guerriere sono particolarmente popolari, esaltando doti di forza, indipendenza, coraggio e talvolta ferocia.
La storia continua dunque con Mary che passa a un reggimento di cavalleria (nel contesto della Guerra dei Nove Anni, 1688-1697, o più probabilmente della Guerra di successione spagnola, 1701-1713/1714), si invaghisce di un compagno d’armi fiammingo, lo segue con pertinacia e si caccia nei guai fino a rivelarglisi per donna; anzi riesce a risultare così «riservata e modesta […] e al medesimo tempo […] così servizievole e amabile nei modi»[10] da indurlo al matrimonio – non senza aver prima concluso la campagna militare e procurato abiti acconci.
Il congedo dei due sposi dall’esercito e l’apertura di una locanda a Breda frequentatissima da ex-commilitoni[11] non segnano però la fine delle avventure: presto il marito muore, con la Pace di Rijswijk (1697 – ma più probabilmente, correggono gli storici, si fa riferimento al Trattato di Utrecht, 1713) le truppe abbandonano l’area e l’attività della locanda langue, per cui la vedova si arruola nuovamente in panni maschili – ora in fanteria, in Olanda. Ma non ci sono prospettive: così Mary di lì a poco cambia ancora, portando travestimento e desiderio di una vita migliore su un vascello diretto alle Indie Occidentali. Il veliero del marinaio Mary viene però catturato da pirati inglesi, e visto che lei «era l’unica persona inglese a bordo la presero con sé, mentre lasciarono andare la nave dopo averla saccheggiata. Fece allora per qualche tempo la vita del pirata»[12]. E se l’arruolamento forzato rappresenta una comune prassi con cui i predoni del tempo rimpinguano gli equipaggi, suona deliziosa la disinvoltura con cui il nostro Johnson glissa sul passaggio-chiave della vita di Mary, quello all’illegalità.
Mary Read viene da una situazione di disagio economico, ma lo status di Anne Bonny – irlandese, nata nei pressi di Cork – è un po’ diverso. Johnson racconta con brio le circostanze boccaccesche – non ci soffermiamo qui sui dettagli – che conducono il padre avvocato (William Cormac) a separarsi dalla moglie a causa della relazione ch’egli ha intessuto con una giovane domestica (Mary Brennan): e da quell’unione irregolare nasce appunto Anne. Qualcuno parla dell’8 marzo 1702; in ogni caso la bimba ha nove anni quando il padre, che vive da solo ma le è affezionato, decide infine di richiamarla in casa – e per evitare scandali, visto che tutta la città ricorda quella storia e la ricca moglie gli ha lasciato una rendita annuale che lui non vorrebbe perdersi, la veste «coi pantaloni, come un ragazzo, spacciandola poi per il figlio di un parente ch’egli doveva educare per farne il proprio scrivano»[13]. Inizia qui la saga di travestimenti di Anne, curiosamente parallela a quella di Mary: due Dodicesime notti che se conosceranno avventure e bizzarrie degne di una play teatrale (o di un film, anche se il cinema scantonerà dal testo di Johnson) non giungeranno purtroppo a uno stesso lieto fine.
La moglie separata dell’avvocato scopre ben presto la verità, non è disposta a mantenere la prole bastarda del fedifrago e interrompe lo stanziamento dell’assegno; lui per ripicca prende a convivere pubblicamente con la domestica, ma lo scandalo gli allontana i clienti – e alla fine, con la famigliola illegittima, l’uomo decide di abbandonare il Vecchio Mondo in direzione Carolina. Dove da avvocato si ricicla in commerciante, e in seguito – con un po’ di fortuna – in proprietario di una ricca piantagione; qui la compagna muore, ma Anne è ormai cresciuta. Ed è, ci spiega Johnson,
di indole ardente e coraggiosa, per cui, quando fu condannata, vennero riportate diverse storie sul suo conto, che la mettevano in cattiva luce; come quella per cui una volta in un accesso d’ira avrebbe ucciso con un coltello una domestica inglese mentre stava rassettando la casa del padre; ma come ho verificato da un’ulteriore indagine, questa era una storia senza alcun fondamento[14].
Sarebbe interessante capire, come al solito, chi o quali documenti abbia interpellato il Nostro: comunque la ragazza destinata a un buon matrimonio si innamora di un marinaio spiantato, se lo sposa e finisce cacciata dal padre furibondo. A quel punto il marito, «deluso nelle sue aspettative»[15] – il che non avalla l’idea di un matrimonio per amore – si trasferisce con lei per cercare lavoro a Nassau sull’isola di (New) Providence nelle Bahamas (tra il 1714 e il 1718), allora celebre base per pirati inglesi: e lì Anne incontra il capitano pirata John Rackham, detto Calico Jack, che riesce a corteggiarla così bene da strapparla al consorte. Nell’Appendice al secondo volume di Johnson si integra anzi questa storia raccontando come il cognome Bonny sia quello del marito di Anne, James, presentato come giovanotto piacente e pirata di vita sobria (ecco il lavoro trovato dal marinaio spiantato): ma Anne evidentemente non è soddisfatta. Si trasforma in una libertina (qualunque grado di libertà il termine implichi) e Rackham, che ha guadagnato un po’ predando come corsaro, ha buon gioco nel conquistarla – non senza un atto di cessione dell’accondiscendente James. Dietro bustarella, ovviamente: si tratta del rito popolare noto come ‘vendita della moglie’, per chiudere una vecchia relazione e iniziarne una nuova senza strascichi.
Da Rackham, Anne ha presto un figlio: anzi trascorre a Cuba presso amici di lui i mesi della maternità per poi tornare al più presto dal partner. A quel punto, nonostante le minacce di farla frustare per immoralità saettatele contro dal governatore, Anne aiuta Rackham a sottrarre una corvetta dal porto – prima raccogliendo informazioni alla chetichella, e poi partecipando all’azione una notte di pioggia, pistola in una mano e spada nell’altra (22 agosto 1720): non riescono a vendicarsi del tipo che ha informato il governatore, ma spariscono verso una nuova vita, con lei travestita da uomo.
[7] Johnson, Storia generale dei Pirati, cit., p. 143.
[8] Ivi, p. 144.
[9] Ibidem.
[11] Stando alle fonti, il nome era De drie hoefijzers (“I tre ferri di cavallo”) e sorgeva vicino al castello di Breda, in Olanda.
[12] Johnson, Storia generale dei Pirati, cit., p. 146.