di Gioacchino Toni
Grazie alla collana Quaderni della Fondazione Echaurren Salaris, edita da Postmedia books, torna alla luce, in un’edizione a tiratura limitata, I viaggi di Brek di Gastone Novelli, una graphic novel, pubblicata la prima volta nel 1967 dalle edizioni veneziane di Bruno Alfieri e riproposta l’anno successivo sulle pagine della rivista d’arte contemporanea “Metro”. Nella nuova edizione, curata da Raffaella Perna in collaborazione con l’Archivio Gastone Novelli, le venticinque tavole che compongono la pubblicazione sono accompagnate da una puntuale ricostruzione della fortuna critica dell’opera e del contesto culturale entro cui si è mosso uno dei protagonisti della scena artistica italiana più innovativa degli anni Cinquanta e Sessanta dando vita a una personale ed originale sperimentazione sui legami tra immagine, segno e linguaggio collaborando attivamente con gli scrittori della neoavanguardia italiana.
«Il fumetto è per Novelli un fertile terreno di sperimentazione, in cui convergono le sue riflessioni sul linguaggio, sugli incroci fra pittura e scrittura, l’esperienza nel teatro sperimentale e l’interesse per le nuove istanze espresse dalla cultura beat: guardare da vicino alla struttura, alla storia e al contesto entro cui il libro ha visto la luce offre dunque un punto di osservazione privilegiato per approfondire aspetti ancora poco indagati del lavoro dell’artista». È con tali premesse che Raffaella Perna indaga i motivi che spingono Novelli ad accostarsi al linguaggio del fumetto ponendo un occhio di riguardo a come l’esperienza de I viaggi di Brek, all’epoca scarsamente presa in considerazione dalla critica, si rapporti con la ricerca grafica e pittorica dell’artista.
La ricostruzione di Perna dimostra come l’interesse per il linguaggio delle bandes dessinées si sviluppi in Novelli di pari passo all’attenzione che presta alla cultura dei mass media e ai rapporti che intrattiene con alcuni dei protagonisti dei Novissimi e del Gruppo 63. La studiosa fa risalire l’avvicinamento al fumetto di Novelli già sul finire degli anni Cinquanta, quando l’artista abbandonate le forme astratte-geometriche, entra a contatto con gli ambienti dell’avanguardia storica parigina ed inizia a cimentarsi in maniera del tutto personale con la pittura informale inserendo nei densi impasti materici traccie grafiche che «sembrano sul punto di aggregarsi i scrittura». Sono anni in cui in Italia il mondo culturale guarda al fumetto con scarso interesse. In Italia occorrerà avvicinarsi alla metà degli anni Sessanta, grazie soprattutto ad Umberto Eco, affinché gli ambienti accademici inizino a prestare attenzione al mondo della comunicazione di massa e degli stessi fumetti.
L’interesse di Novelli per l’impaginazione narrativa del fumetto si manifesta già in apertura degli anni Sessanta quando inizia ad articolare lo spazio delle sue opere ricorrendo a riquadri e caselle. Scrive Perna che a fronte del disinteresse per il fumetto mostrato dagli ambienti culturali italiani dell’epoca, alcuni importanti esponenti della scena artistica del tempo, come Fabio Mauri e lo stesso Gastone Novelli, sembrano invece guardare ad esso come a una forma espressiva in grado di offrire notevole libertà d’azione. Entrambi gli artisti passano dall’esperienza del gruppo Crack formatosi nel 1960 attorno alla figura del critico d’arte, oltre che poeta e traduttore, Cesare Vivaldi. Il gruppo – che vanta la presenza anche di Pietro Cascella, Piero Dorazio, Gino Marotta, Achille Perilli, Mimmo Rotella e Giulio Turcato – inizia ad abbandonare la stagione informale guardando con interesse al mondo della nascente civiltà dei consumi e dei mass media.
Nel 1964 Novelli, rompendo gli indugi, anziché limitarsi a derivare dall’universo dei fumetti semplici suggestioni compositive, decide di confrontarsi direttamente con esso realizzando alcuni cartoon. Sono gli anni in cui l’artista inizia a strutturare rapporti importanti con esponenti dei Novisismi e del Gruppo 63. Per quest’ultimo realizza la copertina del celebre volume pubblicato da Feltrinelli nel 1964 inserendo i nomi dei protagonisti all’interno di segni grafici che ricordano i baloon. A proposito di sodalizi importanti, Perna ricorda come spetti a Gillo Drofles aver colto l’importanza del lavoro in equipe di Gastone Novelli e Alfredo Giuliani nell’ambito del teatro sperimentale e in quello del fumetto.
Venendo a I viaggi di Brek, Perna sottolinea come, oltre a riferimenti all’orizzonte libertario beat e al neoliberty della grafica underground, dal punto di vista iconografico risultino evidenti i richiami al suo dipinto Il viaggio di Grog esposto la prima volta nel 1966, a sua volta palesemente debitore nei confronti dei cartoon dell’americano Johnny Hart. Il personaggi di Heart e di Novelli, scrive Perna, «sono stilisticamente vicini, entrambi chiamano in causa un immaginario mostruoso e grottesco, simbolo di devianza e alterità, che negli anni Settanta tornerà in primo piano nelle rappresentazioni del Movimento del ‘77, soprattutto nella tetralogia creata da Pablo Echaurren su “Lotta Continua” e su fanzine come “Osak?!” (1977) o “Di/versi” (1977). Sconfinando, da pittore, nel campo dei fumetti Echaurren è tra i pochi artisti italiani della generazione successiva a quella di Novelli a operare in entrambi gli ambiti senza censure, mescolando fonti popolari e fonti alte, provenienti in special modo dalla storia della pittura e della letteratura d’avanguardia».
Le affinità tra i personaggi di Novelli e quelli di Hart non sono però soltanto di ordine formale; dall’americano Novelli «riprende anche lo spirito lieve e ironico», scrive Perna, «e soprattutto la capacità di raccontare con sguardo critico l’alienazione di rapporti umani nella civiltà del consumo attraverso l’invenzione di luoghi e personaggi, come per l’appunto Grog, che costituiscono un “altrove” dal punto di vista dello spazio, del tempo e in special modo del comportamento».
Una delle poche recensioni uscite a ridosso della produzione della graphic novel di Novelli è firmata da Gianni Emilio Simonetti sulle pagine della rivista d’arte contemporanea “B°t”, autore che, sottolinea Perna, «coglie la struttura teleologica del volume, dove è l’ultima tavola [l’unica colorata di rosso] a dare il senso alla narrazione: dopo lo scontro con il razzismo e il consumismo americani, dopo l’insuccesso dei viaggi interplanetari e il fallimento della psicanalisi, Brek abbraccia le massime di Mao Tse-tung».
Tra il 1967 e il 1968 sono frequenti i riferimenti di Novelli alla Rivoluzione Culturale cinese. All’avvicinamento al maoismo l’artista affianca la convinzione della necessità di una radicale messa in discussione delle forme tradizionali del linguaggio. «È dunque nel disegno stesso di Brek, nella sua deformità e goffaggine, che va rintracciata» – scrive Perna – «la rottura dei canoni visivi operata da Novelli. Brek è l’antieroe per eccellenza: anche quando sposa le tesi del Presidente Mao e brandisce in aria con veemenza il Libretto rosso, lo fa con quel suo corpo buffo e peloso che contraddice la retorica maoista e soprattutto sovverte i modelli fisici e simbolici dei supereroi a fumetti».