di Alfredo Angelici
Per la prima e la seconda puntata vai qui e qui.
Gli pneumatici della Fiat Bravo d’ordinanza dei carabinieri urlando inchiodano davanti al Teatro Bellini. L’automobile viene parcheggiata come da coreografia tradizionale, in diagonale, rispetto al marciapiede, bloccando così l’intera carreggiata.
Tutti gli astanti vivono in quel momento un fenomeno di psicosi collettiva e pensano all’unisono: – “ma se tutti i parcheggi sono liberi, perché non parcheggiano per dritto senza bloccare la strada?”
I lampeggianti restano accesi. I gendarmi scendono. Uno è basso e magro l’altro è alto e gigantesco. Comanda il piccoletto. Noi siamo sulla porta a parlare con amici che non vedevamo da tanto tempo. Spaventati ci rifugiamo nel foyer. È una serata speciale, scostumata ed impertinente: il teatro è aperto nonostante il divieto e c’è il pubblico. Abbiamo commesso un reato!
Vvvvvvvrrrrrrrrrttt
Crono figlio di Urano finisce di sgranocchiare un figlio, ormai sazio risparmia Zeus che un giorno lo spodesterà, poi, per digerire, capovolge la clessidra del nostro tempo.
Flashback.
La pellicola del film che stiamo vivendo gira all’indietro, e ci riporta a qualche ora prima. Siamo ora nella sala del bar del teatro. Matilde dice che la nostra entropia risulta “invertita”, e che pertanto se ci muoviamo all’indietro viaggiamo nel futuro per mezzo dell’inversione del flusso temporale.
-“non ho capito che hai detto”- esclamiamo noi tutti in coro
Arriva a sorpresa Christopher Nolan, avido di concetti casual-fisico-filosofici e sceneggiature criptiche, ruba l’idea di Matilde, scrive il film Tenet, nessuno capirà mai di che parla, allora lui vince l’Oscar.
Dicevamo, siamo noi quattro, i superstiti…Matilde Federica Lorenzo ed Io. Pier Giuseppe ci ha abbandonato al 30° giorno, Licia ha resistito fino al 66°. Ha firmato la regia dello spettacolo e, sull’orlo di una crisi di nervi, ha deciso di lasciarci e tornare a far l’amore tra gli ulivi pugliesi col suo fidanzato.
Ho un’erezione isterica al pensiero
Sono le 13e30 e a noi, invece, ci potete guardare come sempre in streaming, siamo in pausa prove, mangiamo lenticchie e ci interroghiamo sul daffarsi.
Il morale è basso, un po’ perché abbiamo perso il conto dei giorni che non vediamo la luce del sole ed il calore degli affetti si è già raffreddato, un po’ perché al tg per l’ennesima volta non viene nominano lo spettacolo dal vivo come parte integrante del tessuto sociale italiano, ma soprattutto per via del fatto che lo sponsor che ci riforniva di vino ha chiuso i rubinetti dopo il primo mese. In questo momento ci ritroviamo a pasteggiare con un aglianico dolce e mosso, comprato alla mescita a uno e novantanove dai nostri angeli custodi: gli uomini e le donne del Difuori. Quelli che possono uscire e che pensano ai nostri viveri e ad i beni di prima necessità. Adorabili, preziosi, essenziali, ma evidentemente primordiali e basici conoscitori di vino.
Lorenzo travestito da Vinicius De Morales mette su Spotify un Fado portoghese dallo sconsolato fascino rilassante, uno di quei pezzi struggenti che fanno star bene, poi dice:
-“como sàimos daqui. Não aguento mais, estou morrendo, quero sair, quero que alguém nos observe”.
Poi gira la testa tre volte e si arrampica sui muri come un ragno. Padre Lankaster Merrin, detto l’esorcista, si affaccia e ci chiede se è tutto a posto.
-”si padre, ce lo scusi, è l’effetto della Sindrome da Prisonizzazione”
-”è tutto sotto controllo padre, è un semplice processo di erosione dell’individualità funziona che sviluppi nuovi modi di mangiare, vestire, lavorare, dormire, parlare, assumi ideologie di tipo malavitoso e criminale. Per il resto a casa tutti bene grazie!”
Padre Lankaster Merrin ci guarda con rispetto, poi per sicurezza spara due:
– “Exorcizámos te, ómnis immúnde spíritus, ómnis satánica potéstas”
poi torna nel film. Lorenzo scende dal muro e torna Lorenzoforme.
-“come facciamo ad uscire da qui?”
-“facciamo come avevamo detto, quando il dpcm riaprirà il teatri invitiamo il pubblico e ce ne andiamo”
-“non è previsto….la data del 27 marzo suona farlocca è una data slogan”
-“ma ti pare che un Ministro fa un annuncio tipo uno spot su Twitter, non si rende conto che in un momento di gigantesca fragilità del nostro settore ogni frase, ogni parola o sillaba che lui dice è fondamentale? Ha un peso enorme”.
-”Perché ci tratta come dei ragazzini? Un Ministro che si rispetti studia, riflette, ascolta, fa i conti, poi ragiona poi tace di nuovo”.
-“Tace”
“-Tace”
“-Tace”
-“Lavora”
-“Lavora”
-“Lavora”
-”…e alla fine parla ma solo quando ciò che dice è un fatto concreto, un valore che effettivamente può essere un programma”.
Silenzio
Matilde, colpita dal ragionamento si inquieta. Prende la scopa e comincia a spazzare nervosamente.
Pausa, poi dice:
-“Un Ministro che si definisca tale non sottintende, non sintetizza, non grida ai quattro venti la riapertura dei teatri. Lo fa solo quando diventa consapevole che la filiera della teatralità italiana è messa nelle condizioni vere e concrete di poter tornare a lavorare e creare e produrre. E ad incontrare il pubblico, il suo pubblico. Il governo o l’amministrazione non può non conoscerne la complessità. Perché bisogna conoscere la complessità teatrale perché si abbia davvero una ripartenza e non è un’accensione simbolica delle luci di sala”
Ascolto queste sagge parole e mi incendio m’infiammo e m’infuoco, mi infilo la zuppiera a mo’ di elmo, sfilo la cucchiarella come spada, rubo la scopa a Mati, ci salto su a cavalcioni.
Declamo eroico:
“vedo nei vostri occhi la stessa paura che potrebbe afferrare il mio cuore, ci sarà un giorno in cui il coraggio degli uomini cederà, in cui abbandoneremo gli amici e spezzeremo ogni legame di fratellanza, ci sarà l’ora dei lupi e degli scudi frantumati, quando l’era degli uomini arriverà al crollo, ma non è questo il giorno. Quest’oggi combattiamo! Per tutto ciò che ritenete caro su questa bella terra, v’invito a resistere. Uomini dell’Ovest!”
Gli altri mi guardano tra l’attonito, il meravigliato e il compassionevole.
Intanto Daniele, l’autore, che è passato a salutarci travestito da Frodo Baggings, per farmi rinsavire mi molla un calcio in culo e mi fa cadere l’elmo dalla testa e con lui tutti i miei sogni di gloria.
-“scusate” – dico – ”è il provino che ho portato al Teatro di Roma, credevo fosse adatto all’occasione”
– “ti hanno scelto?”
– “no”
– ”devi lavorare sui costumi”
-“allora, stavamo dicendo: apriamo senza il permesso, un atto di protesta e di rottura”
-“ha detto l’avvocato che è un reato penale, non solo per noi ma anche per il pubblico che verrebbe”
-“allora non possiamo”….
Pausa
Silenzio
Federica fa per versarsi un bicchiere di vino.
Smorfia di disgusto degli altri.
Cambia idea.
-“usciamo e buonanotte ai sognatori”
-“dichiariamo il nostro fallimento e tutti a casa”
Federica assume un colore in volto tendente al blu, posseduta dallo spirito di Edward Norton e mossa da Spike lee
Urla
-“vaffanculo, fanculo tutti, fanculo anche noi, fanculo questa merda di paese, fanculo al pubblico che non sa chi c’è dietro al mondo dello spettacolo, in culo agli attori che vogliono aprire i teatri, fanculo ai registi che credono di essere indispensabili, fanculo agli autori che non hanno più un cazzo da scrivere, fanculo ai disegnatori luci che nessuno ha capito mai come si fa a disegnare con la luce, e vaffanculo agli ingegneri del suono che tanto oramai ascoltiamo tutto con la qualità dell’audio di una radiolina a transistors, che se ne andassero a fanculo macchinisti, elettricisti, fonici, falegnami, microfonisti, camionisti, costruttori di scena, pittori di scena, scenografi, coreografi, arredatori, autisti di produzione, musicisti, compositori, librettisti, aiuto registi, aiuto sceneggiatori, attrezzisti, aiutoattrezzisti, costumisti, sarte di scena, aiutosarte di scena, sottotitolisti, grafici, bozzettisti, assistenti alla regia, uffici stampa, direttori artistici, truccatrici, parrucchieri, comparse, figuranti, accompagnatori di minori, siparisti, suggeritori, mimi, trovarobe, addetti al catering (un tempo cestinari), trasportatori, stunt man, addestratori di animali (un tempo animalari), maestri d’arme, maschere, addetti alla biglietteria, guardarobieri, custodi, addetti alla sicurezza, addetti alla pulizia e al facchinaggio, montatori, aiutomontatori, montatori della scena, mixer, acrobati, addetti agli effetti speciali, rumoristi, disc jockey, marionettisti, burattinai, direttori di produzione, ispettori di produzione, segretari di produzione, location manager, casting, fotografi di scena, autori del backstage, imballatori, amministratori di compagnia, orchestrali, coristi, bandisti, maestri di canto, vocalisti, ballerini, danzatori, direttori di scena, impiegati amministrativi, curatori di produzione, trainer, produttori e distributori .….”
-“…e le loro famiglie”
Che ora è?
La 25esima.
-“certo che siamo proprio tanti”
Riflettiamo in silenzio che nessuno valuta seriamente l’indotto di cinema e teatro. Non solo la spesa al botteghino, ma lo shopping, i trasporti e i pasti fuori: 5,3 miliardi di spese, un valore aggiunto annuale del settore di 4,7 miliardi di euro, una produzione aggiuntiva da 10,8 miliardi, oltre a 99 mila unità di lavoro.
-“io a cosa servo”
-“io a cosa servo”
-“Io a cosa servo”
-“Io a cosa servo”
In questo momento esce Edipo dalle pagine della tragedia di Sofocle, ci guarda sorridente e ci intima che
-“proteggere e liberare le città dai danni provocati da un’epidemia, significa innanzitutto conoscere se stessi, prima che un’intera comunità si ammali di tristezza non riuscendo più a immaginare un futuro”.
Lo cacciamo via, che noi adulti qui si sta parlando di soldi non di sogni. Qualcuno dice che poi Edipo, non avendo retto al dispiacere di quello che ha visto in noi, è tornato nel libro ed ha ucciso il padre, copulato con la madre e si è ciecato. Non poteva sopportare la vista di come abbiamo bruttato ’sto mestiere.
Per farla breve, alla fine decidiamo di aderire a “Facciamo luce sui teatri”, la protesta ideata da Unita – Unione nazionale interpreti teatro e audiovisivo – un’associazione di categoria che suona seria ed aderente al settore. Siamo uno dei 600 teatri italiani che per questa notte accenderà le luci, le insegne, aprirà i portoni, inviterà il pubblico a recarsi a teatro … mamma mia come suona antico sembra una cosa del tipo “vi ricordate quando ancora si poteva….”. Come quando una specie si estingue e la si commemora.
In quattro e quattr’otto organizziamo la serata. Posizioniamo un podio nel foyer modello “Hyde Park corner”. Un microfono e basta. Chiunque vorrà, potrà salire sul podio e leggere un brano selezionato da noi, un testo scelto da lei, un pensiero condiviso da tutti. Stiamo attenti alle misure di sicurezza: amuchina come se non ci fosse un domani, litri di amuchina, ettolitri di amuchina. Eppoi rossetti, sì, proprio il lipstick del trucco. Serve alle persone che verranno, per scrivere sui mille specchi del Teatro Bellini. Per rispondere con dei pensieri alle domande: “cos’è il teatro per te” – “cosa ti manca del teatro” – “come vorresti che il teatro cambiasse” – “cosa può fare il teatro per te” …e così via.
Andiamo nei camerini e ci facciamo carucci. Ci laviamo, ci vestiamo coi vestiti della festa, ci trucchiamo, uomini e donne indistintamente. Mi metto per sbaglio troppo gel in testa, si crea l’effetto “ciuffo in su”. Lo prendo come un omaggio a Tutti pazzi per Mary, quando Cameron Diaz inconsapevole si sistema i capelli con lo sperma di Ben Stiller.
Ci sorridiamo con pudore come quando i fanciulli si accostano per la prima volta al sacramento dell’Eucarestia.
Emozione
Emozione
Emozione
Emozione
È una serata importante. Simultaneamente Veronica, Lello e Margherita dell’ufficio comunicazione lanciano l’evento sui social, spediscono email invitano amici e nemici.
Siamo pronti sono le ore 19. Orario della convocazione. L’eccitazione dell’attesa è palpabile. Carlo il custode si avvicina e mi dice una cosa in napoletano stretto. Capisco solamente che anche lui è emozionato. Gli sorrido ma con le mascherine sembriamo tutti Actarus il pilota di Goldrake. Allora gli canto il simpatico motivetto:
“Si trasforma in un razzo missile con circuiti di mille valvole
fra le stelle sprinta e va…
Lui respira nell’aria cosmica
è un miracolo di elettronica ma un cuore umano ha…
Ma chi è? Ma chi è?”
Felicità, isteria, trepidazione. Arriva la gente, il pubblico ed è
-L’INCONTRO
che aspettiamo da 76 giorni.
Dopo un anno circa il teatro, il nostro teatro torna ad essere un rito collettivo, catartico e purificatorio, basato su
-L’INCONTRO.
Si riprende violentemente la sua funzione sociale che risponde da sempre all’innato bisogno degli uomini di desiderio mimetico, di gioco, della narrazione delle storie, anche feroci, senza il timore di riceverne una punizione. Ed infine al piacere che c’è nel vivere la trasformazione dell’attore.
Il foyer si riempie ma la folla non diventa follia di massa, è tutto moderato e possibile. Il podio si illumina. Daniele fa da padrone di casa e legge un testo di Petrolini sulla funzione del Teatro. Poi io leggo Gaber. Poi qualcuno legge Flaiano. Poi Shakespeare, immancabile poi…poi….poi….
Qualcuno si disinfetta le mani e sale e legge
Garcia Lorca
“Finché attori e autori resteranno in mano d’imprese assolutamente commerciali, senza valore letterario o controllo statale di nessuna specie, imprese digiune di ogni criterio e senza alcuna garanzia, attori, autori e il teatro intero sprofonderanno ogni giorno di più….”
Poi un altro rimpiazza l’oratore di prima e legge Galeano
“Lei sta all’orizzonte. Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Faccio dieci passi. L’ orizzonte si allontana di dieci passi. Per quanto cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve L’utopia? A questo, serve: a camminare”.
Le persone sul podio si trasformano, arriva Kierkegaard in persona
“Accadde in un teatro che le quinte presero fuoco. Il Buffone uscì per avvisare il pubblico. Credettero che fosse uno scherzo e applaudirono; egli ripeté l’avviso: la gente esultò ancora di più. Così mi figuro che il mondo perirà fra l’esultanza generale degli spiritosi, che crederanno si tratti di uno scherzo”.
Ci raggiunge Goethe
“Vorrei che il palcoscenico fosse stretto quanto il filo di un funambolo, cosicché nessun incompetente oserebbe metterci piede”.
Non può mancare Carmelo Bene
“Qui non si tratta della crisi di un teatro, ma del fatto che tutto il teatro è in crisi. Finché si penserà al teatro come a un raduno mondano, per assistere alla recita di gente imparruccata”.
Vvvrrrrrrrmmmmmm
Crono assonnato e gonfio di cibo riporta la clessidra del tempo ad ora. La pellicola si riavvolge nel futuro ed il passato raggiunge il presente. Avevamo lasciato la Fiat Bravo dei carabinieri parcheggiata male coi lampeggianti accesi. I gendarmi scendono. Uno è basso e magro l’altro è alto e gigantesco. Comanda il piccoletto. Noi siamo sulla porta a parlare con amici che non vedevamo da tanto tempo. Spaventati ci rifugiamo nel foyer. I due militari ci seguono all’interno ed io mi ricordo che furono due gendarmi ad arrestare Pinocchio. Lui diceva bugie. Sosteneva che l’uomo può trasformare la propria condizione passando dalla vita istintiva, simile a quella animale, alla vera vita, cospargendosi così del profumo di umanità.
L’app “Fata Turchina” che ho appena scaricato lampeggia e mi ricorda che “Se del perdono non sarai degno tutta la vita sarai un legno”.
Entra il carabiniere piccoletto. Guarda gli affreschi dell’800 del teatro e ci dice in dialetto sardo “Carrino questo llocale, ha apperto da ppoco?”
Buio
Sipario
Saluti
…e visto che ci siamo
Baci
Appare una scritta creata espressamente a chiusura della storia
-il vento può spegnere una candela ed accendere un incendio-
La prima foto è di Michele Amoruso.
(Il 5 marzo, a un anno esatto dalla chiusura dei teatri, si è sciolto il progetto Zona Rossa, un’iniziativa che ha unito protesta e performance artistica per denunciare la situazione di abbandono in cui versano i teatri nel nostro Paese. Il gruppetto di attrici, attori e drammaturghi/registi che ha trascorso settantasei giorni di reclusione all’interno del teatro Bellini di Napoli senza mai uscire ha messo fine al suo confinamento volontario. Durante questo tempo i reclusi hanno fatto teatro, si sono interrogati sul senso di questo lavoro, sulla sua necessità, sulle ragioni della crisi dello spettacolo dal vivo, esasperata dalla pandemia, e hanno mostrato in streaming non uno spettacolo compiuto, ma le fasi creative che portano alla sua realizzazione. Tutto questo in attesa dell’annuncio della riapertura dei teatri, per debuttare davanti a un pubblico. Ma la data del 27 marzo, indicata dal Governo per la ripresa delle attività, è sembrata da subito uno specchietto per le allodole e certamente non ha mai rappresentato per i protagonisti del progetto Zona Rossa una risposta alle criticità e alla complessità del settore. Missione fallita dunque? Anche se così fosse, per gente di teatro non sarebbe un buon motivo per perdersi d’animo, stando almeno a quanto sosteneva Samuel Beckett: “Ho provato, ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò meglio”. F.C.)