di Luca Cangianti
Marina Pierri, Eroine. Come i personaggi delle serie TV possono aiutarci a fiorire, Tlon, 2020, pp. 267, € 16,00.
È la notte del 7 dicembre scorso: un fascio di luce proietta il volto di una donna mascherata su alcuni edifici della Capitale: la Regione, il Campidoglio, un ospedale, una scuola, una casa delle donne. “Se il batsegnale viene proiettato nel cielo di Gotham quando è necessario l’intervento del supereroe (maschio cis bianco etero ricco, ovviamente) e la sua sola apparizione è un deterrente per il crimine – affermano le attiviste di Lucha y Siesta -, noi sovvertiamo questo sistema: il luchasegnale illumina quei luoghi di Roma dove c’è estremo bisogno della lotta transfemminista.”
Quest’azione ci ricorda che le potenzialità simboliche ed euristiche della figura dell’eroe sono molto più ampie dell’individuo senza macchia con i bicipidi in mostra a beneficio della melassa patriarcale. Le autrici del flashmob, infatti, pur criticando l’eroe meanstream, utilizzano sapientemente il volto di una lottatrice mascherata che rimanda a un altro tipo d’impresa eroica: quella che valorizza il processo di soggettivizzazione e l’azione collettiva.
Nella stessa direzione si muove Eroine di Marina Pierri. In questo saggio si analizzano le narrazioni seriali con protagoniste femminili mostrandone l’utilità ai fini dello sviluppo personale e della solidarietà politica tra donne. Pierri si avvale della psicologia del profondo, del femminismo intersezionale e della lettura di molte autrici e autori anglosassoni che si sono confrontati con il tema del viaggio dell’eroe maschile e femminile.
Secondo l’impostazione classica di Joseph Campbell e Cristopher Vogler, in tutte le culture umane e nelle relative tradizioni narrative è presente il mito dell’eroe che abbandona il mondo ordinario per avventurarsi in un universo straordinario dove incontra forze favolose. Combattuta e vinta la battaglia egli fa ritorno in patria portando in dono alla sua comunità un elisir. Ora, essendo il viaggio la metafora della vita e l’eroe quella della soggettività, l’impresa eroica femminile non può essere schiacciata su quella maschile, perché la prassi esistenziale delle donne è millenariamente differente.
Analizzando dodici tappe archetipiche del viaggio femminile e ventidue serie televisive, Pierri afferma che l’esperienza eroica delle donne è un processo di distruzione del patriarcato interiorizzato. Inoltre, alla dinamica ascendente maschile ne corrisponde una immersiva sul versante femminile: “il fulcro dell’Avventura è l’incontro con la Dea sommersa o Dea oscura, che in fin dei conti è la parte negata di se stessa – dagli altri, e di riflesso da sé. Per questo credo che i Viaggi dell’Eroina contemplino tutti il momento spaventoso in cui la protagonista sfida la superficie per addentrarsi in profondità, lì dove si trova un’autenticità libera dai condizionamenti”. Infine il movimento del viaggio dell’eroe femminile non è duplice (andata e ritorno), ma triplice (andata, ritorno e di nuovo andata). Si tratta quindi di un itinerario circolare, infinito, che non dobbiamo pensare come un’indicazione valida solo per l’agency femminile: gli eroi che tornano a casa mettono su la pancia e si trasformano in burocrati, in nemici dei propri sogni.