di Luca Cangianti
Paolo Scardanelli, L’accordo. Era l’estate del 1979, Carbonio, 2020, pp. 240, € 15,00.
Gli anni della scuola, la nostra sensibilità ancora priva di epidermide, i riti di passaggio della gioventù racchiudono significati che impieghiamo un’intera vita per decifrare. Siamo figli e figlie di un’estate passata a interrogarci su come cambieremo il mondo, con il rumore delle cicale nelle orecchie e una bomba a orologeria nel cuore. Poi, quando giunge il tempo dell’età adulta, la memoria s’incarica prometeicamente di trovare un senso a ciò che è stato e a ciò che ne rimane.
L’estate di cui parla L’accordo di Paolo Scardanelli è quella del 1979, quando dopo la maturità un gruppo di amici parte dalla Sicilia alla volta del Friuli per partecipare a un campo di lavoro della Fgci, la federazione giovanile del Pci. In verità il vero “figgicciotto” è uno solo (Roberto), mentre gli altri (Paolo, autore e voce narrante, e Pino) sono più che altro di tendenze anarchiche e autonome. E infatti combineranno qualche guaio. Infine c’è Andrea, che rimane a casa, ma che diviene il focus narrativo degli anni che seguiranno. Il suo rapporto frustrante con il padre, un imprenditore etneo dal carattere autoritario, il suo amore possessivo e disperato verso Anna sono la cifra di una condizione esistenziale tipica degli anni Ottanta. Si tratta di un orizzonte percettivo senza soggettività, dove tutto “sembrava semplicemente e inevitabilmente agito”, dove la realtà sfuggiva via tra le dita come sabbia finissima: “penso ad Andrea – scrive Scardanelli – come paradigma della difficoltà, dell’impossibilità quasi di vivere”.
La trama del libro è solo struttura leggera intorno alla quale si aggrappa una prosa densa, intima, a tratti aulica, a tratti colloquiale, spesso tagliente, sempre dolorosa. È un lungo flusso di coscienza che divaga tra filosofia, religione e temi musicali; un guardare agli anni Settanta, dove tutto iniziò, con sofferto distacco, ma senza rancore: “Gli anni Settanta erano un vecchio mantello lasciato nel guardaroba non senza una punta di nostalgia… dell’ansia d’eterno che li attraversò, della desolazione del dopo che ci colse tutti e ci traghettò verso gli orrendi Ottanta.”
L’accordo è un romanzo che va letto con calma. Parla di un’esperienza imprescindibile che ci riguarda tutti, la necessità di guardare indietro e ritrovare un senso: “Ho paura, ma so di potere, dovere provare a riconnettermi. A ciò che è stato, a ciò che sono stato. Al suo illusorio stato di benessere che la distanza magnifica. Illudendoci. Che ciò che siamo stati possa ritornare. Che l’Eden abbia un posto sulla Terra.”