di Cesare Battisti
Ieri, 18 maggio, ho ricevuto il rigetto della richiesta di domiciliari provvisori. Naturalmente ce lo aspettavamo, volevamo solo avere in mano le motivazioni del rigetto per trarre le nostre conclusioni. Come volevasi dimostrare, gli argomenti usati dal tribunale di sorveglianza non potevano che essere, a dir poco, imprecisi. Del resto, non si può che ricorrere alla mistificazione quando esiste la volontà di giustificare un atto discriminatorio.
Sapevamo che il rigetto era inevitabile, e le ragioni di questo sono tutte da ricercare nell’uso politico che si continua a fare del mio caso: vi immaginate, dopo tante polemiche sulle cosiddette “scarcerazioni”, cosa sarebbe successo a Bonafede se mi avessero mandato a casa? Si può mettere a rischio la tenuta del governo per salvaguardare la salute di Battisti?
Sono tempi in cui le ingiustizie sembrano non sorprendere più nessuno. Ciò non vuol dire che si debba lasciar sempre correre, assistere ammutoliti a ogni sorta di obbrobrio e abuso. In questo caso si sono superati. Per giustificare l’ennesima discriminazione, l’autorità giudiziaria è scivolata su un’inaccettabile superficialità, liquidando la salute di un cittadino con una sentenza azzardata.
Ma veniamo alle ragioni vere e proprie citate dal magistrato di sorveglianza e che hanno motivato il rigetto della mia istanza. Cito: “…affetto da epatite cronica HBV relata, in trattamento farmacologico con buona risposta virologica…” Quel “relata” vorrebbe forse dire che fino ad ora il reparto sanitario del carcere di Oristano non abbia mai proceduto a un diagnostico per verificare la presenza del virus dell’epatite B? Ciò è improbabile, visto che mi viene regolarmente somministrato l’antivirale. Un “relata” dunque teso, chissà, a sminuire la gravità della patologia? Passiamo oltre.
Citando: “…Bronchite cronica… deficit ostruttivo di grado medio; iperuricemia con artropatia gottosa dislacrimia in trattamento… mostra condizioni generali buone con grado di efficienza psicofisica secondo Karnofsky pari al 100%…” Io non conosco il signor Karnofsky,, ma sono certo che costuii non abbia mai messo piede in questo Istituto. Dev’essere dunque un’autorità sanitaria meno esotica ad avere indotto il magistrato di sorveglianza a continuare su questo tono: “…le sue patologie possono dunque essere curate in Istituto con ricorso alle strutture esterne…” Per mostrare l’efficienza dell’intervento sanitario, sia interno che esterno, in questo carcere, mi permetto di citare qualche esempio illustrativo.
Affetto da disturbi dovuti a un diagnosticato ingrossamento della prostata, il mese di ottobre scorso chiesi una visita urologica. Sono passati ben sette mesi da allora. Dell’urologo non ho mai avuto notizie. Intanto i disturbi si sono intensificati. Mesi or sono, da un esame delle feci, furono riscontrate tracce di sangue. Un esame clinico approfondito, richiesto dal medico specialista, è rimasto lettera morta fino a oggi. Con lo stesso disinteresse sono stati accolti da questa direzione altre sollecitazioni di ordine sanitario di uguale gravità. C’è da dire che l’efficacia del reparto sanitario, di cui sembra aver prove il magistrato, si riduce spesso alla prescrizione di Voltaren e Tachiprina, il rimedio a tutti i mali.
Veniamo adesso al famoso piano pandemico, continuo a citare: “…accertato dall’istruttoria di procedimento… dell’assenza di contagio all’interno dell’Istituto e delle misure, ARTICOLATE E PUNTUALI, disposte dall’area sanitaria contenute nel ‘piano di gestione per l’Emergenza Sanitaria’ presso la casa di reclusione di Oristano del 27-04-2020 (v. documento in atto) il rischio di contagio debba ritenersi da escludere…”.
A questo punto c’è seriamente da chiedersi se per caso in questo Istituto ci siano davvero stati interventi di prevenzione o di accertamento, come allegato, e che allora sia detenuti che agenti non si siano mai accorti che sarebbero state adottate misure ARTICOLATE E PUNTUALI. Possibile che esista un fumoso “piano pandemico” made in Oristano e che questo sia passato inosservato a tutti?
Oppure gli atti di cui parla il magistrato si riferiscono a una spruzzata di candeggina effettuata qualche settimana fa? Perché, insomma, qui mascherine e guanti sono proibiti ai detenuti dalla direzione, perché occulterebbero (sic) viso e impronte digitali.
Abbiamo visto gli agenti con mascherine fatte in casa ricavate da vecchie uniformi, in alternativa alle introvabili usa e getta. Tamponi e altri test per rivelare il virus nemmeno a parlarne. D’altronde l’ordine vigente è quello di evitare ogni riferimento al Covid 19. Non è mai stato fatto un controllo sanitario generale – nessuno è mai venuto a chiederci come ci sentiamo; detenuti con febbre e tosse sono ordinariamente rispediti in cella con l’inevitabile pillola di Tachipirina. Sarà che consiste proprio in questo il famoso piano d’Emergenza messo in atto da questa amministrazione? Oppure il tribunale di sorveglianza è in possesso di un altro piano, talmente segreto che nessuno l’ha mai visto?
Cosa contengono questi atti a cui fa riferimento il magistrato, e che gli fanno dire che non esiste pericolo di contagio? Se non ci è stato somministrato un rimedio miracoloso a nostra insaputa, cosa è stato raccontato al magistrato per indurlo a prendere una decisione così azzardata? E se fosse vero ciò che dice, a che si deve l’invio ai domiciliari per via del virus di altri detenuti dal carcere di Oristano? A chi dovremmo rivolgere queste domande, già che il tribunale di sorveglianza le ha opportunamente eluse? Quanti sono gli ingannati e quali gli ingannatori?
È la motivazione di un rigetto annunciato che la dice lunga sulla spregiudicatezza delle autorità che ci governano. L’irresponsabilità dietro le sbarre è forse più diretta, brutale. Ma là fuori, si gioca con la vita della gente che lavora, e la chiamano “ripresa” – recovery fa chic.
Qualche secolo fa, Vicor Hugo disse che se si vuol sapere come funziona un paese bisogna visitare le sue prigioni. Solo qualche anno fa, uno statista di rilievo ebbe a dire: “Non c’è da sorprendersi, nel caso di Battisti tutto è possibile”. Io direi invece che è con il popolo indifeso, con i dannati della terra che tutto è possibile. E io ne faccio semplicemente parte. Incluso per la possibilità estrema, quella di farci finalmente ascoltare.