Conversazioni con Alberto Acosta
[L’economista Alberto Acosta Espinosa è fra i padri della Costituzione dell’Ecuador del 2008, l’unica a riconoscere la Natura come soggetto di diritto.
Sostenitore della prima ora della Revolución Ciudadana, ha ricoperto il ruolo di Ministro dell’Energia e delle Miniere nel primo governo di Rafael Correa, prima di maturare la rottura con il Correismo su posizioni antiestrattiviste ed antiautoritarie.
Attualmente è autorevole membro del Tribunale Internazionale dei Diritti della Natura, e pienamente interno al dibattito dei movimenti ecuadoriani che hanno animato la rivolta contro le politiche del governo di Lenin Moreno e del FMI.
In occasione della sua presenza in Italia all’incontro “Estrattivismo. Diritti della Natura, diritti dei Popoli“, si è confrontato con i compagni e le compagne della Associazione Bianca Guidetti Serra in merito alle ripercussioni dell’estrattivismo sulle società, sugli Stati e sulle classi sociali, ed ai conflitti ad esso correlati.
Quella che segue è la prima parte di questo confronto.]
[Ass.BGS] Da alcuni mesi l’America Latina è in rivolta, dal Cile all’Ecuador, da Haiti alla Colombia. Come si inseriscono in questo contesto i conflitti generati dall’estrattivismo?
[Acosta] Il concetto di estrattivismo è un concetto relativamente nuovo.
Quando ci accingiamo ad analizzarlo dobbiamo ricondurlo alla storia dei nostri paesi, di questa regione del mondo e delle sue relazioni con l’economia globale.
L’America Latina è stata integrata nel mercato mondiale circa 500 anni fa come una regione produttrice ed esportatrice di materie prime, e possiamo dire che questa essenza di esportatrice di risorse primarie della nostra economia si mantiene fino al’attualità.
Ci sono molte storie differenti, ogni paese può contare sulla sua specificità, ma c’è una specie di scenario di fondo che spiega la storia dell’America Latina vista dalla prospettiva dell’estrattivismo.
I paesi dell’America Latina sono “paesi prodotto”: paesi caffè, paesi cacao, paesi bananieri, paesi minerari, paesi petroliferi.
C’è sempre qualche prodotto che caratterizza non solo l’economia ma anche la vita politica e la società di queste nazioni.
Questo è sempre stato un processo carico di violenza, sia contro la natura che contro le comunità.
Ha portato schiavismo, distruzione delle comunità indigene, un processo di deterioramento massivo della natura: deforestazione, perdita di suoli agricoli.
E questi processi si stanno intensificando, perché negli ultimi dieci anni si è sviluppata una domanda mondiale crescente di prodotti primari che sta provocando un maggior impatto, una pressione maggiore sopra le risorse, sulla natura e sulle comunità in America Latina.
Inoltre molti giacimenti minerari dei paesi del nord, come in Canada, sono diventati di più difficile accesso, perché la società si organizza, ed ha stabilito norme ambientali.
Di conseguenza si cercano risorse in altre parti del pianeta, dove si genera un’altra caratteristica di questo tipo di attività: il gigantismo.
Sono progetti giganteschi, enormi, che provocano tremenda distruzione, un tremendo impatto, e per questo le comunità hanno cominciato a resistere con una forza maggiore.
Anche prima c’era resistenza. C’è sempre stata. Ma le resistenze di adesso sono molto più potenti dal momento che le pressioni sono maggiori, e le comunità hanno più coscienza.
Io direi che è anche il risultato degli avanzamenti tecnologici, perché ora la gente ha la possibilità di conoscere più facilmente queste realtà.
Sono resistenze che hanno messo definitivamente in discussione quel discorso dominante che ci diceva che per progredire bisognava fare certi sacrifici.
E invece non è così, perché stiamo vedendo che i sacrifici continuiamo a farli e non progrediamo mai, ma al contrario i problemi continuano ad acutizzarsi.
In questo contesto bisogna collocare l’estrattivismo in America Latina.
Possiamo dire che gran parte dei problemi che sta attraversando l’America Latina nell’attualità, indipendentemente dall’orientamento dei governi, ha a che fare con la problematica estrattivista.
[Ass.BGS] Qual’è la situazione nei singoli paesi ?
Ci sono differenze in base agli orientamenti politici dei governi ?
[Acosta] Ci sono situazioni molto complicate riguardo ai singoli paesi.
Abbiamo visto per esempio resistenze realmente interessanti in Bolivia davanti a un governo progressista, il governo di Evo Morales.
La gente ha resistito davanti all’intenzione di costruire una strada nel TIPNIS, il Territorio Indigeno e Parco Nazionale Isiboro Sécure1. Indigeni che hanno resistito di fronte al governo di un indigeno, perché questo governo approfondiva l’estrattivismo.
Abbiamo un paese con un governo neoliberista, la Colombia, dove le comunità – indigene e non indigene – stanno resistendo all’estrazione mineraria, e lo fanno anche con molta forza.
Ci sono gli esempi di resistenza pacifica in Colombia contro grandi imprese minerarie nel Dipartimento del Tolima, che affrontano una delle multinazionali minerarie più grandi del pianeta, la Anglo Gold Ashanti2.
Sempre in Colombia c’è la resistenza per preservare le lagune del Los Paramos3, e anche in Perù, in tutta la zona di Cajamarca4.
Stiamo vedendo anche il caso del Cile5 e dell’Argentina6, dove si lotta per impedire l’ampliamento dell’attività mineraria nel sud, nella zona dei ghiacciai.
Ci sono anche situazioni molto complicate in Ecuador, nel mio paese. E’ il paese che ha inserito nella Costituzione i diritti della Natura, che però non sono rispettati, anche se le comunità li reclamano.
C’è l’esempio della lotta degli Yasunidos [i difensori del Parco Nazionale dello Yasunì.NdR], che hanno fatto un enorme sforzo per proteggere una piccola regione nell’Amazzonia ecuadoriana da un progetto di estrazione petrolifera.
La resistenza non ha raggiunto l’obiettivo perché il presidente dell’epoca, Rafael Correa, si è opposto alla richiesta di referendum7.
In vari casi si ricorre a consultazioni popolari per cercare di frenare queste attività, come succede per esempio in Colombia, ed è molto interessante il fatto che queste resistenze siano di diversa natura, spesso muovendosi dentro al “labirinto giuridico”.
Parlo di labirinto giuridico perché i difensori della natura vengono perseguitati, criminalizzati, per il fatto di difendere la natura e difendere la loro vita.
Però questa gente ha anche imparato a muoversi dentro il labirinto giuridico per frenare l’estrattivismo.
Con diversi tipi di governo, con diversi tipi di lotta, in America Latina in questo momento c’è un processo per cercare di recuperare qualcosa di fondamentale: il diritto alla vita.
Perché gli estrattivismi sono stati storicamente, e ora ancor di più, una minaccia permanente per la vita.
Questo sistema vive per soffocare la vita, degli esseri umani e della natura.
[Ass.BGS] Quali sono le conseguenze dell’estrattivismo sulla società e sullo Stato?
[Acosta] Gli estrattivismi caratterizzano l’economia, le società, e la vita politica.
Creano economie basate sulla rendita, Stati rentiers.
Queste risorse economiche generano logiche sociali clientelari, e questo finisce per debilitare in ambito politico la vita democratica. Non è una caso che la crescita dell’estrattivismo vada di pari passo con la crescita dell’autoritarismo e del presidenzialismo.
L’iperestrattivismo coincide con l’iperpresidenzialismo, caratterizzato da governi autoritari, governi violenti, governi corrotti.
Gli estrattivismi sono violenti per definizione.
La violenza per l’estrattivismo – questo per me è fondamentale – non è una conseguenza ma una condizione necessaria.
Per provocare simili distruzioni della Madre Terra – come le amputazioni per un progetto minerario, o l’inquinamento tremendo di grandi territori per un progetto petrolifero – è necessaria la violenza.
E le comunità sono le vittime di questa violenza.
Torno al punto iniziale: l’estrattivismo costituisce uno scenario di fondo della storia e della realtà attuale.
E mi pongo la seguente domanda: i nostri paesi sono poveri perché ricchi di risorse naturali?
C’è forse una sorta di maledizione, la maledizione dell’abbondanza.
Nella teoria economica si parla della maledizione delle risorse e del paradosso dell’abbondanza. Ne ho fatto una sintesi, la “maledizione dell’abbondanza”, per spiegare la realtà di queste economie8.
Però la vera maledizione è credere che non ci siano alternative, una maledizione che ha conformato l’immaginario della gente.
Il caso dell’Ecuador è paradigmatico: paese caffettero, paese cacaulero, paese bananero, paese petrolero, e ora che sta finendo il petrolio vogliamo essere un paese minero.
Non riusciamo ad immaginare un paese che non dipenda da una rendita della natura.
Allo stesso tempo siamo avvinghiati al progresso: non possiamo mettere a rischio il progresso, non possiamo mettere a rischio la crescita economica.
In nome di questo sacrifichiamo delle realtà.
Considero gli estrattivismi al plurale, perché non c’è ne è solo uno: c’è l’estrattivismo petrolifero, minerario, agroindustriale, forestale …
Ebbene, gli estrattivismi cominciano ad essere presenti anche nei paesi del nord globale.
In Europa e negli USA c’è il problema del fracking, delle attività minerarie, e delle megaopere infrastrutturali collegate a progetti per trasportare gas, per trasportare petrolio, progetti per rendere la vita sempre più rapida, non in funzione di un miglioramento delle condizioni di vita della gente, ma per garantire una maggiore accumulazione del capitale.
[Ass.BGS] C’è una relazione abbastanza stretta con quella che era la maledizione della economia di enclave, soprattutto in Centro America, dove per esempio le infrastrutture, porti o ferrovie ecc., erano esclusivamente finalizzate al trasporto della merce, e non al trasporto delle persone.
[Acosta] Gli estrattivismi, in diversa maniera, finiscono per produrre processi di de-territorializzazione dello Stato, che organizza la società al fine di collocare questi prodotti primari nel mercato mondiale.
Per me è sempre stata motivo di attenzione la rete ferroviaria argentina.
Ora non ne è rimasto molto perché è stata privatizzata e smantellata, però era come un flusso di vene dirette interamente verso Buenos Aires, perché in ogni parte la rete ferroviaria era stata pensata non per integrare l’Argentina con gli argentini, ma per integrare l’Argentina col mercato mondiale.
Questa logica è ancora presente in America Latina: si chiama I.I.R.S.A. (Iniciativa para la Integración de la Infraestructura Regional Suramericana), che è un sistema per integrare tutte le risorse naturali dell’America Latina nel mercato mondiale9. E’ un sistema progettato nel 2000 per impulso del Banco Interamericano de Desarrollo10.
In seguito, con i governi progressisti di Brasile, Argentina, Venezuela, Bolivia, Ecuador, e dello stesso Cile, si diede il via al CO.S.I.PLAN. (Consejo Suramericano de Infraestructura y Planeamiento), che è la stessa cosa, non è un cambiamento11.
L’America Latina con i governi progressisti non ha superato la maledizione dell’abbondanza, ma ha approfondito l’estrattivismo.
I problemi non sono stati risolti, la frustrazione aumenta, e questa è una delle principali spiegazioni dei conflitti.
Abbiamo società dove la gioventù sta perdendo la speranza. Non cerca più un’opzione di futuro, non cerca più una proposta politica per una via d’uscita, ma esce in strada a protestare per la frustrazione.
Per questo è importante evitare di costruire le nostre analisi sulla base di vecchi meccanismi, sulle nostre vecchie forme di interpretazione del mondo. Dobbiamo rifondarle, lasciare da parte le semplificazioni, per poter comprendere ciò che sta succedendo nella regione. (Continua)
Video: Profiting from Conflict: Anglo American in Colombia.
AngloGold suspends Colombia project after anti-mining vote, Reuters, 28 aprile 2017. ↩Diez páramos amenazados por minería y ganadería en Colombia, El Espectador, 16 febbraio 2016. ↩
Cajamarca: el Valle Llaucano continúa lucha contra la Minera Yanacocha, Observatorio de Conflictos Mineros en el Perù, 18 novembre 2019. ↩
Adele Lapertosa, Cile, lobby minerarie ostacolano legge per proteggere i ghiacciai, Il Fatto Quotidiano, 15 ottobre 2019. ↩
Storica sconfitta delle compagnie minerarie: i ghiacciai non si toccano!, GreenMe, 6 giugno 2019. ↩
Verdetto del Tribunale Internazionale dei Diritti della Natura sul caso Yasuni, 15 agosto 2014. ↩
Alberto Acosta Espinosa, La maldición de la abundancia, Comité Ecuménico de Proyectos CEP, Ediciones Abya-Yala, Quito, 2009, pp. 240. ↩
Ana Esther Ceceña, Paula Aguilar, Carlos Motto, Territorialidad de la dominación: La Integración de la Infraestructura Regional Sudamericana (IIRSA), Buenos Aires, 2007, 60 pp.
Video: IIRSA, La Infraestructura de la Devastacion. ↩Il progetto dell’ I.I.R.S.A. consiste nella costruzione di 10 assi multimodali – in Europa li chiameremmo “corridoi” – attraverso il Sud America per collegare i grandi centri di produzione con quelli dei consumi, accelerando i trasferimenti delle merci (petrolio, gas, minerali, commodities agroindustriali, acqua, biodiversità) e rafforzandone il controllo. Nella sua fase iniziale il progetto dell’ I.I.R.S.A. è stato fortemente sponsorizzato dagli Stati Uniti. ↩
Nel gennaio 2009 la UNASUR (Unión de Naciones Suramericanas), ha istituito il CO.S.I.PLAN., un consiglio che ha incorporato l’I.I.R.S.A. come foro tecnico in tema di pianificazione delle infrastrutture. Nonostante le promesse di un modello di sviluppo differente, i progressismi sudamericani hanno adottato pienamente la progettualità sviluppata nel precedente contesto neoliberista. ↩