di Gioacchino Toni

Esattamente cinquant’anni fa, il 20 dicembre 1969, un lungo corteo funebre, a cui prendono parte circa tremila persone, accompagna la salma di Giuseppe Pinelli al cimitero di Musocco alla presenza della famiglia, di anarchici e militanti dell’estrema sinistra, oltre che di intellettuali come Franco Fortini, Vittorio Sereni, Marco Forti, Giovanni Raboni e Goffredo Fofi. Successivamente, la salma sarà traslata nel cimitero di Turigliano, vicino a Carrara. Pinelli è deceduto nella notte tra il 15 e il 16 dicembre 1969 a Milano, all’Ospedale Fatebenefratelli, in seguito a quanto notoriamente è accaduto nella Questura milanese.

Alle accuse infamanti orchestrate dal questore di Milano e dai media compiacenti che vogliono Pinelli suicida, a dimostrazione della sua colpevolezza nella strage di piazza Fontana, risponde una campagna di controinformazione – organizzata da anarchici e da parte della sinistra extra-parlamentare e istituzionale – capace di mobilitare larghi settori dell’opinione pubblica. A pochi giorni dalle esequie Licia Rognini Pinelli e la madre di Pinelli denunciano il questore Marcello Guida, già funzionario fascista e direttore del confino di Ventotene, per diffamazione; il commissario Calabresi e tutte le persone presenti in questura la notte del 15 dicembre per omicidio volontario, sequestro di persona, violenza privata e abuso di autorità. Come è noto, l’istruttoria viene affidata al giudice istruttore Gerardo D’Ambrosio che il 27 ottobre 1975 l’archivia – dopo aver escluso tanto il suicidio quanto l’omicidio – motivando la morte come un “malore attivo”.

La vicenda politico-giudiziaria dell’assassinio di Pinelli si intreccia con la storia di quella che sarà poi indicata nelle piazze come la “strage di Stato” di piazza Fontana, con il “caso Valpreda” e più in generale con quella “strategia della tensione” ordita dalle istituzioni dello Stato che ha pesantemente segnato la storia italiana. Numerosi sono i libri, le canzoni, le opere teatrali, audiovisive ed artistiche dedicate a Pinelli e al suo assassinio, in Italia come all’estero. Nel 1970 il Comitato cineasti contro la repressione realizza un lungometraggio in due parti, dirette da Elio Petri e Nelo Risi, intitolato Documenti su Giuseppe Pinelli, poi fatto circolare attraverso i canali della sinistra extraparlamentare e Julian Beck, del Living Theatre, nel 1977 dedica al ferroviere anarchico la poesia Il corpo di Giuseppe Pinelli. Tra le realizzazioni più celebri dedicate a Pinelli si ricordano l’opera teatrale Morte accidentale di un anarchico (1970) di Dario Fo e l’opera del pittore Enrico Baj I funerali dell’anarchico Pinelli (1972).

Affinché questa memoria non vada persa, il collettivo di lavoro del Centro Studi Libertari – con la collaborazione di un comitato scientifico composto da: Claudia Pinelli, Silvia Pinelli, Giampietro Berti, Nicola Del Corno, Paolo Finzi, Marcello Flores, Mimmo Franzinelli, Lorenzo Pezzica – ha dato vita a un progetto di public history intitolato “Giuseppe Pinelli: una storia soltanto nostra, una storia di tutti”.

L’intenzione è quella di raccogliere e catalogare materiali, documenti, memorie sulla la figura di Giuseppe Pinelli ricostruendo l’impatto che la sua vicenda ha avuto sulle coscienze di tanti e tante a partire dalle mobilitazioni e dalle campagne di controinformazione, provando così a ricomporre una storia complessa fatta inevitabilmente di molteplici frammenti e di altrettante esperienze. Composto da testimonianze video raccolte in questi due anni e dall’archivio di Licia Pinelli che dal 1969 a oggi ha raccolto qualcosa come 5 mila articoli di giornale su piazza Fontana, Pinelli, processi ecc., la piattaforma online permette a chi vi accede di scegliere percorsi che, attorno alla storia di Pinelli, intrecciano gli anni della contestazione e della strategia della tensione, le pratiche ed i sogni indirizzati ad ottenere un mondo diverso e le ondate repressive. Si tratta, come detto, di un progetto di public history che il collettivo del Centro Studi Libertari intende come produzione di “una storia viva, dal basso, che ricordi il passato per interpretare il presente, pronta a confrontarsi e a raccogliere suggestioni da quei protagonisti che quella storia l’hanno vissuta, direttamente o indirettamente”.

Questo l’indirizzo della piattaforma: Giuseppe Pinelli: una storia soltanto nostra, una storia di tutti


Si segnala, inoltre, il docu-film di animazione PINO
 Vita accidentale di un anarchico (2019), di Claudia Cipriani e Niccolò Volpati, realizzato in collaborazione con la famiglia Pinelli e presentato in anteprima il 16 dicembre 2019 all’Arci Bellezza di Milano.

«Quella di Giuseppe Pinelli è una storia già conosciuta, raccontata in molte testimonianze, numerosi libri e opere teatrali di cui la più famosa è Morte accidentale di un anarchico di Dario Fo. Il nostro intento è quello di raccontare questa storia da un punto di vista inedito: saranno i ricordi delle figlie che, un passo alla volta, ci faranno conoscere Giuseppe Pinelli. Il racconto di Claudia e Silvia Pinelli comincia nel 1969, quando avevano 8 e 9 anni e si conclude il 9 maggio del 2009 quando la famiglia è stata ricevuta al Quirinale dal Presidente Giorgio Napolitano che, in quell’occasione, definì Pinelli “la diciottesima vittima della strage di Piazza Fontana”. Il punto di vista delle bambine permette di entrare gradualmente in una storia complessa e intricata: man mano che loro due crescono, aumenta anche il loro livello di consapevolezza, s’infittisce l’insieme di informazioni, si articola il discorso politico e il contesto storico. Contemporaneamente, cresce anche la consapevolezza dello spettatore, che può seguire lo sviluppo della storia personale di Giuseppe Pinelli, insieme all’evoluzione degli accadimenti storici di cui quella storia è riflesso: le contestazioni a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, la “strategia della tensione”, l’Europa divisa in due blocchi»

Qua il link: www.ghirofilm.it