di Mauro Baldrati
Esiste un certo movimento nel piccolo, intricato fantabosco letterario/editoriale. Sembrano i segnali di una rivolta verso l’omologazione dei “prodotti”, verso il potere di una “specie letteraria protetta” fatta dei soliti noti. Si stigmatizza la mediocrità delle proposte, per esempio l’ultimo libro di Sandro Veronesi, uno dei vip letterari più protetti e premiati, uno scritto piuttosto banale, viene detto (noi non l’abbiamo letto).
Non è una novità assoluta. Già in passato un gruppo di scrittori ed editori aveva tentato di formare un collettivo per combattere la stessa identica deriva. Si cercava di proporre opere nuove, una sorta di “cura” della malattia subculturale attraverso una rete alternativa di editoria e soprattutto di distribuzione. Davide Brullo, su Pangea, ha richiamato alcuni di questi tentativi – di queste battaglie.
Quanto è durato? E quali effetti ha prodotto? Non sappiamo. E comunque gli effetti, se ci sono stati, non sono molto visibili. Questo piccolo, povero mondo va avanti per conto suo, col solito culto del personaggio, i libri-non libri che scalano le cosiddette classifiche e vincono i premi, mentre tutto un popolo di autori è costretto ad assistere a questo spettacolo da una nicchia sovraffollata. Si sente, tangibile, la rabbia, una rabbia giusta. E la frustrazione. Come una disperazione. Perché tutto cambia, le tecnologie, le mode, ma come dice Tancredi: “Perché tutto rimanga così com’è tutto deve cambiare”.
Oggi un nuovo gruppo si affaccia sulla scena della rivolta. Autori di varia estrazione cercano di mettere su un cartello di siti, di blog, chiamato Gli Imperdonabili (dal titolo di un libro di Cristina Campo). “È arrivato il momento di alzare la testa” scrive Veronica Tomassini, un’autrice del gruppo. Il tutto nasce da un’idea dell’editore di Transeuropa Giulio Milani, che pubblica alcuni di questi autori. Scrivono articoli, postano sui social, cercano di diffondere un’idea diversa di editoria e di letteratura. Un processo creativo ed editoriale rivolto verso la qualità e la ricerca, e non solo al profitto facile. Scrive Milani: “Costruiamo una rete di editori che sviluppi la collana degli Imperdonabili come una collana in coedizione, ovvero una società di scopo con il compito di sperimentare nuovi temi, nuovi autori, nuove tecniche narrative e rompere gli equilibri prevalenti. Mettiamo in rete i nostri blog, i nostri siti, i nostri contatti e i nostri autori, troviamo il distributore adatto e partiamo con la sperimentazione (…) fondiamo un movimento con le caratteristiche di innovazione dei minimalisti e l’attitudine incendiaria delle avanguardie storiche. Chi è interessato, tra gli editori disallineati, ce lo faccia sapere e condivida queste informazioni.”
E oggi quanto durerà? E che effetti produrrà?
La mia risposta, personalissima e, spero, non attendibile, è: non durerà e non produrrà nulla. Voglio sottolineare che mi auguro esattamente il contrario. Forse qualche autore scalerà la piramide e pubblicherà un libro per gli agognati grandi editori, e i giornali mainstream si occuperanno del movimento, con qualche paginata (qualcuno l’ha già fatto), e tutto finirà lì. Perché è già successo. Perché questa è la storia. Questa è la macchina. Questo è il sistema. Che non cambia. Perché non può cambiare.
Ma vediamo di indagare sulle cause di tutto ciò. Che sono straordinariamente semplici, e vengono da lontano.
“Sistema ” significa insieme, concatenazione. Infatti è tutto concatenato: i giornali che contano sono di proprietà, o in qualche modo foederati, con le aziende che possiedono anche gli editori, i quali sono a loro volta foederati coi distributori. Ma questo tutti lo sanno. Ed è una concausa secondaria, non strutturale. Invece c’è un elemento di cui nessuno si occupa, quando ci si lancia nelle analisi della situazione: il lettore. E’ lui la chiave. E’ lui che compra i libri di Paolo Bonolis, di Fabio Volo, di Bruno Vespa. E gli editori non sono delle entità malvagie. Pubblicano ciò che si vende. Oggi il requisito principale non è la qualità, ma se vende in tempi brevi. L’editore si adegua. Se il lettore comprasse i romanzi degli ex brigatisti, l’editore li pubblicherebbe.
Ma perché il lettore compra questi libri, e non le ricerche artistiche/letterarie di chi è “fuori”? E perché i dati delle vendite sono così in calo? Perché è scemo?
Il fatto è che nessuno, per quanto ne so, si è mai interessato alle difficoltà del lettore. Prendiamo i giovani, i quali, storicamente, sono sempre stati considerati i lettori più forti e più curiosi. Vorrei portare alcuni esempi che conosco bene, perché io stesso ne sono coinvolto: il mondo delle ambulanze, e delle navette sanitarie che portano in giro i pazienti cronici. Poiché spesso sono costretto a usarle, parlo con gli autisti, quasi tutti giovani. Sono impegnati dalle 6 del mattino alle 8 di sera. 14 ore. Quanti ne sono a conoscenza? E i commessi degli store sportivi, tutti giovani: dieci ore al giorno, sempre in piedi. E i camerieri? Per non parlare dell’enorme bacino del lavoro precario, anche qui dieci ore di lavoro, e straordinari, talvolta non pagati, per stipendi ignobili. Come fanno questi giovani a leggere? Dove trovano il tempo? Ma non è solo questione di giovani. La vita di tutti si è complicata. Il lavoro non c’è, oppure è ridotto a merce, a schiavismo. Si arriva a sera esausti, con la testa piena di problemi. Dov’è il tempo di leggere? Dove sono i soldi? Dove sono le energie per fare ricerca, per scovare autori nuovi, che magari scrivono pure difficile?
In questo scenario pensare di cambiare il mondo editoriale dall’interno è pura illusione. C’è una riflessione importante di Antonio Gramsci, sulle “tesi”: una tesi sbagliata, reazionaria, non si cambia dall’interno. Non si riforma. Si può solo abbatterla e sostituirla con una affatto nuova. Per Gramsci la “tesi” era soprattutto l’impalcatura filosofica-politica di Benedetto Croce, ma è il Sistema. E il Sistema non si riforma dall’interno, perché divora i riformatori. L’esempio più eclatante è il Movimento 5 Stelle. Nati come rivolta antisistema, nella loro ignoranza della storia sono entrati nel meccanismo e sono stati vampirizzati. Oggi non ne resta quasi più nulla. Perché non hanno un progetto.
Per cui gli scrittori e gli editori che combattono contro il sistema editoriale/letterario non hanno che una soluzione: combattere il Sistema stesso. Il padre e la madre, il Signore col quale condivide le modalità, le sottoregole, l’opportunismo. Contrastarlo, coi loro mezzi, coi loro blog, i loro articoli. Qui nessuno invoca una scrittura didascalica a trinariciuta, ma cos’è la letteratura se non una rappresentazione della vita? E la vita è politica. E’ conflitto, scontro. E’ lotta contro lo sfruttamento. Quindi la letteratura è politica. Non è un circolo chiuso. Non c’è aria lì dentro. Oggi il Sistema è fatto di disuguaglianze apocalittiche, di solitudini pubbliche, di guerre. E’ fatto di paure, coltivate ad arte dalla politica attraverso i media, controllati dai padroni. Sì, i vecchi, eterni padroni, perché sono loro che dominano un popolo di sudditi più o meno inconsapevoli. Sono loro che obbligano gli stati-satellite a essere liberisti coi ricchi e rigoristi coi poveri. Il sistema editoriale, come parte del Sistema, non si cambia se il lettore non cresce, non crede in un’etica. E il lettore non cambierà se non gli arrivano dei messaggi credibili.
Quindi non c’è alternativa, per gli abitanti del Fantabosco, se non superare il concetto di “rivoluzione artistica” fine a se stessa per entrare in quello di rivoluzione e basta (pacifica, va da sé). Ovvero politicizzarsi. Politica, sì, fatta di denunce dell’asservimento dei media, dello sfruttamento del lavoro, della distruzione dei servizi. Usando il talento, la satira, i generi letterari, la critica letteraria. Basta dire “basta” nel circolo chiuso. Sono grida nel vento. Parole nel deserto. Alzare la testa per uscire dal giro, allargare la mente e denunciare, spiegare. Credere nella lotta. Essere generosi.
E c’è un altro dato, che mi serpeggia nella mente come sospetto: scoprirmi politicamente? Definirmi comunista (perché è questa la riduzione comica che l’Immaginario Unico fa di chi contesta veramente; siamo ancora nell’onda lunga della Guerra Fredda, dopo una sessantina d’anni) nel paese del Centro eterno, il paese dell’ipocrisia al potere? Non ci penso nemmeno. Equivale al ghetto perpetuo. Vero. Ma si può essere più ghettizzati di così? Non basta assistere tutti i giorni a questa passerella di signorotti, giù dai livelli inferiori?
Inoltre sono convinto, anzi, sono sicuro, che assumendo questo coraggio, e questa apertura mentale, la qualità letteraria migliorerebbe. Perché sotto la cappa, dove ci sono i libri, solo i libri, e le recensioni, e le presentazioni, l’ambiente è povero. E’ asfittico, e triste. D’altra parte c’è chi lo fa. Conosco autori che, pur pubblicando per grandi editori, ogni giorno analizzano i meccanismi subdoli dei media servi, l’opera incessante delle orde della destra fascio-leghista che porta con sé l’ignoranza, la violenza mentale, la volgarità che avvelenano le menti di chi poi dovrebbe comprare i libri.
E qualcuno – molti? – tutti? – dirà: ma per favore. Io scrittore dovrei entrare nella sporca, rozza politica bugiarda inutile? Neanche morto.
E va bene. Restate pure così.
Però il tempo passa e sarà sempre peggio.
E al peggio, ormai è dimostrato, non c’è limite.