di Sandro Moiso
Franco Bertolucci (a cura di), GRUPPI ANARCHICI D’AZIONE PROLETARIA. LE IDEE, I MILITANTI, L’ORGANIZZAZIONE. Vol.3 I militanti: le biografie, Quaderni della Rivista Storica dell’Anarchismo n° 9/2019, BFS Edizioni – PANTAREI, pp. 456, € 40,00
Con questo terzo ed ultimo volume giunge a conclusione la monumentale opera di ricostruzione, curata da Franco Bertolucci, dedicata all’esperienza dei GAAP svoltasi interamente nel periodo compreso tra gli anni immediatamente successivi alla fine della Seconda guerra mondiale e la tragica rivolta dei consigli operai ungheresi del 1956.
Dopo l’attenta ricostruzione delle vicende, dei congressi e dei dibattiti intervenuti all’interno della ristretta cerchia di militanti, spesso operai, che l’animarono e dei giornali che ne costituirono il filo rosso organizzativo, condotta nei primi due volumi (qui e qui), questo terzo tomo è dedicato principalmente alla ricostruzione delle biografie dei singoli militanti.
Militanti noti poi anche in seguito, come Pier Carlo Masini oppure Arrigo Cervetto, oppure scomparsi dalla memoria pubblica o anche solo della cerchia ristretta di coloro che mai hanno voluto assuefarsi alla via segnata dal modo di produzione capitalistico né, tanto meno, ai tradimenti e alle baggianate politiche diffuse dallo stalinismo sempre imperante, sia apertamente che sotterraneamente, all’interno di quello che per anni si è vantato di essere il più grande partito comunista dell’Occidente: il PCI.
Biografie che l’espertissimo Bertolucci, che già aveva coordinato il Dizionario biografico degli anarchici italiani sempre per la Biblioteca Franco Serantini1di cui è anche direttore, ha ricostruito insieme ai suoi collaboratori con grande precisione e partecipazione. Con un’attenzione che si manifesta sia nella scelta, operata nella stesura di tutti e tre i volumi, di lavorare sempre su materiali di prima mano e su carteggi e documenti precedentemente inediti o quasi sconosciuti, sia nel rispetto, ci sarebbe da dire nell’umiltà, dimostrato in ogni riga del testo nei confronti di quei coraggiosi militanti libertari e della Sinistra Comunista che in quegli anni difficili cercarono di giungere ad una ricomposizione di classe tutt’altro che sociologica e libera dalle infingardaggini della precedente partecipazione al conflitto imperialista che aveva contribuito a cancellare, quanto il regime fascista precedente, dalla memoria del proletariato italiano l’idea di una lotta di classe finalizzata alla rivoluzione e non alla democrazia partecipativa di cui tanti dirigenti del Partito Comunista, con Togliatti in testa, erano andati ragliando in giro.
Anni che videro non soltanto una dura azione repressiva messa in atto dai governi democristiani dopo il 1948 nei confronti dei lavoratori più attivi sul piano sindacale e politico, ma anche la manifestazione di quale fosse il vero volto del socialismo sovietico una volta applicato ai lavoratori dei paesi dell’Europa Orientale conquistati dalla armate “rosse”. Un volto che si rivelò appieno durante la feroce repressione della rivolta di Berlino Est nel 1953 e di quella ungheresi del 1956.
Si è pertanto scelto di presentare qui una lunga citazione dalla lettera di dimissioni dal PCI vicentino da parte di Bruno Tealdo2 del 30 giugno 1953, tratta dall’enorme mole di lettere e documenti privati o dalle relazioni interne delle/alle varie componenti dei GAAP tutte contenute nella seconda parte di questo terzo tomo, che sembra riassumere in poco spazio tutta l’amarezza, la delusione e allo stesso tempo la determinazione che animò nelle loro scelte questi militanti della rivoluzione futura e del mondo a venire.
“Dopo aver a lungo riflettuto, sono venuto nella determinazione di dare le mie dimissioni dal Partito Comunista Italiano.
[…] La mia iscrizione al PCI avvenne all’indomani della guerra di liberazione, e da allora ho dato al Partito tutta la mia attività, prima come Segretario di cellula, poi come Segretario di Sezione, membro del Comitato Federale e della Commissione Organizzatrice […].
Ricordo bene le riunioni del Comitato Federale, alle quali durante il periodo della mia attività avevo partecipato. Ogni volta ricevevo la netta sensazione che non si trattava di elaborare tutti insieme un programma di lavoro, ma soltanto di approvare ciò che alcuni piccoli dittatori avevano precedentemente stabilito.
Sono essi che tracciano la linea politica del partito, linea politica che è sempre meno rivoluzionaria, sempre più legalitaria e parlamentare. Molti compagni dissentono da questa linea politica, ma le loro opinioni non vengono tenute in nessun conto.
Dal ’45 ad oggi, le cellule e le Sezioni del Partito non hanno fatto altro che dell’ordinaria amministrazione. Non vi è stato, e non vi è tuttora, quello spirito di lotta che, anche in un momento come questo affatto rivoluzionario, dovrebbe animare un Partito che si dice comunista e che non perde invece occasione per riaffermare, con le parole e con i fatti, il proprio ossequio ed assoluto rispetto della legalità democratica. I dirigenti del Partito hanno più volte soffocato iniziative di lotta partite dalla base e sentite dalla base.
[…] Nella nostra Provincia, quante lotte non prtate a termine, quante lotte abbandonate! Ricordo la ex-Caproni, l’Isotta Fraschini. Ricordo la serrata dell’ILESA, la quale riassunse poi le operaie, ma non quelle iscritte al PCI. Ricordo i mezzadri ei piccoli fittavoli, che non hanno ancor avuto quanto stabilito per legge. Ricordo la mancata lotta contro un governo che puniva i ferrovieri con 10 giorni di sospensione, per avere il 30 marzo scioperato contro la legge truffa. Ci si è limitati a piccole proteste, e tutto è finito in una bolla di sapone. Ricordo l’abbandono della lotta per la bonifica di S. Agostino, nella quale molti giovani avrebbero trovato un po’ di lavoro, molti padri la possibilità di dare del pane ai propri figli. Eppure questa agitazione aveva l’appoggio di esercenti di piccoli commercianti, in quanto la bonifica, oltre a dare lavoro a molti disoccupati, avrebbe arrecato anche un beneficio alle campagne circostanti.
I compagni hanno atteso e attendono una prova che il PCI è il loro Partito rivoluzionario; continuano a dare la loro opera incessantemente; continuano ad avere fiducia nei loro dirigenti; ma io oggi non credo più che una tale prova possa venire da questo Partito.
Non lo credo più, perché gli ultimi avvenimenti della Germania-Est mi hanno aperto gli occhi. Ciò che non mi era chiaro mi è diventato chiaro: oggi io ho capito la vera natura di questo Partito.
Se il Partito Comunista fosse veramente il partito della classe operaia non avrebbe lanciato i carri armati sulla popolazione inerme che chiedeva condizioni più umane di lavoro; non avrebbe fatto fucilare decine di operai; non ne avrebbe incarcerati migliaia. Se il Partito Comunista fosse veramente il Partito della classe operaia, non avrebbe represso nel sangue una protesta legittima e sacrosanta, proprio come fanno i governi borghesi; non sarebbe ricorso alla vile menzogna di qualificare come agenti provocatori e fascisti intere masse di operai in sciopero. […] (Vedi L’Unità del 26/6/1953).
Anche i governi borghesi reprimono le agitazioni operaie con la scusa che sono sobillate da Mosca e che fanno il gioco di Mosca: il governo sedicente comunista si comporta nello stesso modo, dunque è anch’esso un nemico degli operai; ormai no ho più dubbi e per questo abbandono il Partito.”3
Un’opera che si rivela dunque, anche in quest’ultimo volume, essere imprescindibile per chiunque si interessi con serietà, impegno e passione alle vicende della lotta di classe in Italia e alle sue forma di autonoma espressione ed organizzazione.
M. Antoniolo, S. Fedele, G. Berti, P. Iuso, (coordinatore F. Bertolucci) Dizionario biografico degli anarchici italiani, 2 voll, BFS 2003-2004 ↩
Bruno Tealdo (1912-1999) subito dopo le sue dimissioni dalla federazione del PCI di Vicenza fu additato come provocatore e “espulso” per indegnità politica per avere calunniato “il glorioso paese di Lenin e di Stalin” ed essersi rifugiato in uno sparuto gruppetto di anarchici senza seguito (così come recitava l’ Amico del popolo, organo della federazione provinciale vicentina del PCI, nel numero speciale pubblicato proprio per infangarne il nome e le scelte) ↩
Franco Bertolucci (a cura di), GRUPPI ANARCHICI D’AZIONE PROLETARIA. LE IDEE, I MILITANTI, L’ORGANIZZAZIONE. Vol.3 I militanti: le biografie, Quaderni della Rivista Storica dell’Anarchismo n° 9/2019, BFS Edizioni – PANTAREI, pp. 267-268 ↩