di Paolo Lago
L’immaginario creato dalla letteratura e dal cinema di fantascienza offre visioni di civiltà extraterrestri nelle quali la vita si svolge in modo estremamente diverso da come è sulla Terra, con tutte le sue implicazioni di carattere sociale, politico, economico. Però, in realtà, in quell’immaginario che arriva dallo spazio profondo, dai più lontani interstizi stellari, non ci siamo altro che noi. Sono gli usi e i costumi degli esseri umani, la loro politica e la loro società ad essere ‘travestiti’ e trasformati in sembianze diverse e lontane. Per mezzo di immaginari che mettono in scena mondi extraumani, l’umanità riconosce se stessa e impara a dominare le sue paure legate all’apparizione del diverso e dello straniero. Non a caso, per definire un extraterrestre si usa spesso la parola “alieno”, termine connesso al latino “alius”, “un altro”, ma anche “l’altro” da noi, il “diverso”. Ebbene, l’alieno è l’incarnazione al grado più alto del diverso ma anche dell’uguale, perché esso nasce da un immaginario fantascientifico che lo crea a immagine e somiglianza degli esseri umani. In questo immaginario, poi, si moltiplicano a dismisura le più svariate implicazioni utopiche e distopiche legate alla creazione di mondi e civiltà extraterrestri.
Probabilmente, il primo scrittore che ha modellato un immaginario legato alla rappresentazione di alieni, di extraterrestri, è Luciano di Samosata (II sec. d.C.). La sua Storia vera narra infatti di un viaggio fra mondi fantastici e immaginari che giunge fin sulla Luna. La nave dei protagonisti viene investita da un tifone e portata sulla Luna, dove i viaggiatori terrestri entrano in contatto con la civiltà dei seleniti. È in procinto una guerra contro gli abitanti del Sole a causa della colonizzazione di Venere e il narratore descrive minuziosamente i contendenti, tra i quali incontriamo i Caulomiceti, armati di funghi come scudi e gambi di asparagi come lance o gli Psyllotoxoti, che cavalcano pulci grandi come dodici elefanti. Il narratore si sofferma poi nella descrizione dell’aspetto e delle usanze dei Seleniti: essi nascono non dal ventre ma dal polpaccio e quando invecchiano non muoiono ma, dissolvendosi in fumo, diventano aria. Il loro cibo è costituito esclusivamente da rane, ma si cibano soltanto del fumo che esala mentre vengono cotte e come bevanda hanno aria spremuta in un calice. I seleniti portano la barba poco sopra il ginocchio e hanno occhi asportabili, che possono togliere quando non vogliono vedere. Si tratta di un mondo fantastico e assurdo ma è pur sempre un mondo che rispecchia quello terrestre, per gli usi e i costumi, nonché per la divisione in classi sociali (ad esempio, nel racconto di Luciano, i ricchi seleniti hanno vestiti di morbido vetro, mentre i poveri di tessuto di rame). È un mondo che riflette la società greca contemporanea di Luciano come, del resto, quello che rappresenterà Jonathan Swift in un’opera che molto deve all’operetta lucianea, I Viaggi di Gulliver: mondi fantastici (anche se non extraterrestri), nei quali viene satiricamente rappresentata la società inglese settecentesca.
L’immaginario di un mondo extraterrestre nel quale si rispecchia utopisticamente la società umana è stato rappresentato in modo suggestivo dallo scrittore e politico russo Aleksandr Bogdanov (pseudonimo di Aleksandr Malinovskij) con Stella rossa, pubblicato nel 1908 e recentemente riproposto dall’editore Alcatraz, con prefazione di Wu Ming. Il romanzo è uscito poco dopo la rivoluzione fallita del 1905 e prima di quella del 1917: Bogdanov, amico di Lenin e ideatore del Proletkult, un movimento atto a promuovere una cultura rivoluzionaria (fu, tra l’altro, il primo traduttore russo del Capitale di Marx), in Stella rossa immagina uno scenario utopico in cui il socialismo si è realizzato. La “stella rossa” è Marte, il pianeta “rosso”: rosso non soltanto, in questo caso, per il colore della sua luminosità. Lo scenario marziano tratteggiato da Bogdanov è una società socialista in cui però si fanno sentire stringenti problematiche di tipo ecologico: le industrie inquinano e disboscano le foreste e l’agricoltura inaridisce il terreno. I marziani sono così costretti a cercare nuovi pianeti da colonizzare, fra i quali la Terra riveste un ruolo di primo piano. L’io narrante Leonid, prelevato nella Russia scossa dai moti rivoluzionari, viene condotto su Marte dove potrà assistere al funzionamento dell’utopia socialista realizzata. Il mondo socialista di Stella rossa è quasi una umanità terrestre futura che si è incamminata in una nuova società liberata dal capitalismo. Sembra che la società della Terra sia molto simile a quella marziana prima della rivoluzione: prima, infatti, anche su Marte imperversavano il capitalismo e le sperequazioni sociali e non esisteva una unica lingua come adesso ma, proprio come sulla Terra, ogni popolazione ne possedeva una sua propria. La società marziana, anche a causa della conformazione naturale del pianeta, risulta molto più unita e simbiotica di quella terrestre. Come afferma la giovane medico marziana Netti, il popolo terrestre e quello marziano sono come due fratelli, il primo più giovane, dal carattere “violento e impetuoso”, il secondo più vecchio, dal carattere “tranquillo ed equilibrato”: “il più piccolo spreca le proprie forze nel peggiore dei modi e commette più errori”. La società terrestre, in confronto a quella marziana, viene vista come non ancora matura e solidamente istruita: il Marte visitato da Leonid è perciò quasi come una Terra del futuro, ormai liberatasi delle costrizioni e delle violenze.
Se l’utopia marziana viene indagata da Leonid nei suoi più diversi aspetti (l’organizzazione del lavoro, l’educazione, le espressioni artistiche), la “stella rossa” rappresenta anche l’osservatorio ideale dal quale guardare alla Terra e alle sue abitudini con distacco critico. Il Marte di Bogdanov è una sorta di mondo ultraterreno dal quale criticare i costumi terrestri, come in una sorta di nuova, fantascientifica satira menippea. Quest’ultima è un genere ben definito all’interno delle letterature classiche, che prende il nome dal filosofo cinico Menippo di Gadara ed è caratterizzato da diversi tratti distintivi (ad esempio alternanza di versi e prosa, nonché di temi seri e faceti), nel quale il frequente viaggio in mondi ultraterreni (le profondità dell’Ade o la cima dell’Olimpo) serviva per osservare, con distacco critico, gli usi e i costumi politici e sociali degli esseri umani. Oltre alla Storia vera, Luciano ha scritto diverse satire menippee in cui viene messa in atto questa strategia letteraria: ad esempio, nel Menippo o la Negromanzia, il filosofo cinico Menippo racconta un suo viaggio all’Ade mentre nel Caronte o gli osservatori, il barcaiolo infernale disquisisce saggiamente sulle cattive abitudini degli uomini. In Stella rossa, Leonid, una volta tornato sulla Terra, dopo essere stato a contatto con la società marziana, afferma che “tutte le persone che conoscevo sulla Terra, mi parevano un po’ bambini e un po’ adolescenti che percepivano la realtà attorno a loro in modo confuso, e si abbandonavano inconsapevoli alle forze che dimorano al loro interno e a quelle che giungono dall’esterno”. Vista da Marte, la società terrestre appare inconsapevole e immatura come se fosse un gruppo di bambini viziati.
Su Marte, inoltre, Leonid si ammala ed è vittima di diverse allucinazioni nelle quali gli appaiono, come fantasmi, molti suoi parenti e amici terrestri che non vedeva più da moltissimo tempo, alcuni dei quali morti. Nello spazio profondo, perciò, ritroviamo noi stessi e i nostri più profondi ricordi, piacevoli momenti di un passato ormai lontano che si tramutano in dolorose torture. L’umanità ferita, su un pianeta lontano, ritrova il suo passato che la fa gemere di dolore. Si può pensare anche a Solaris (1961) di Stanislaw Lem: lo scienziato che si reca sulla stazione spaziale che orbita attorno al pianeta Solaris riceve le inquietanti visite della moglie Harey, morta da tempo, immagine di un doppio onirico del suo lancinante ricordo, generata dalla struttura pensante del pianeta. Anche nell’omonimo film di Andrej Tarkovskij, del 1972, il pianeta pensante genera un crudele e languido simulacro che tormenta il soggiorno spaziale dello psicologo Kris Kelvin. La musica di Bach rivisitata da Eduard Artemev scolpisce in indimenticabili sequenze, caratterizzate dalla levitazione, l’angoscia di Kelvin e quella di Harey, forse consapevole della sua lancinante non esistenza.
Recentemente, Wu Ming ha realizzato un interessante ipertesto – per utilizzare la terminologia di Gérard Genette – di Stella rossa: secondo il critico letterario francese, infatti, l’ipertesto è qualsiasi testo derivato da un testo anteriore tramite una trasformazione semplice. Si tratta di Proletkult (Einaudi, 2018), un romanzo in cui il protagonista è proprio Aleksandr Bogdanov, il quale entra in contatto con una nacuniana di nome Denni (il cui nome è ricalcato sui quelli marziani del romanzo russo, Menni, Netti, Sterni ecc.). Nel corso dell’intera narrazione, l’obiettivo principale di Bogdanov sarà quello di rintracciare Leonid, il protagonista io narrante di Stella rossa (opera che, nella narrazione di Proletkult, viene più volte citata). Nel romanzo di Wu Ming, il Marte di Bogdanov si trasforma nel pianeta Nacun, i cui abitanti, giunti con una nave spaziale, aiutano i rivoluzionari del 1905 per compiere un’azione in Georgia. L’immaginario dallo spazio profondo è forse adesso maggiormente incarnato dalla figura di Denni, una giovane nacuniana che si trova dispersa sulla Terra. La ragazza sembra rappresentare, all’interno della temperie rivoluzionaria, probabilmente l’unica vera possibilità di cambiamento. Ostinatamente decisa a ritornare sul proprio pianeta, ella cerca di mettersi in contatto in tutti i modi con i nacuniani, costruendo improbabili meccanismi per creare un ponte radio. Schierata dalla parte della natura e di ogni creatura innocente (molto ben costruiti i momenti narrativi in cui vuole liberare dei conigli, cavie da laboratorio), Denni sembra quindi rappresentare le istanze utopistiche di un immaginario finalmente liberato da incrostazioni di carattere materialistico e burocratico. Fino al finale, che certo non sveleremo, in cui queste istanze, insieme a una irrefrenabile voglia di liberazione, emergeranno allo scoperto coinvolgendo lo stesso protagonista in un sogno che forse può finalmente diventare realtà.