di Alexik

Se qualcuno avrà sradicato o avrà abbattuto un olivo, sia di proprietà dello Stato sia di proprietà privata, sarà giudicato dal tribunale, e se sarà riconosciuto colpevole sarà punito con la pena di morte”. Aristotele, Costituzione degli ateniesi.

È passato del tempo, più di duemilatrecento anni, da quando Aristotele descriveva l’importanza che la democrazia ateniese attribuiva agli uliveti.
Una distanza abissale anche culturalmente, ora che la ‘democrazia’ italiana si appresta a decretare pene detentive da uno a cinque anni per chi, in Salento, gli espianti degli ulivi tenta di impedirli.1

Con le parole della Costituzione degli ateniesi ha inizio “La difesa di madre Terra”, documentario del regista bolognese Andrea Pavone Coppola, che ripercorre la storia della ‘emergenza xylella’ attraverso le voci degli attivisti salentini in lotta contro le politiche degli espianti e dei pesticidi imposte dalla U.E., dallo Stato italiano e dalla Regione Puglia.
Fra queste voci, quelle dei contadini che per primi, una decina di anni fa, denunciarono i disseccamenti anomali degli ulivi nella zona di Gallipoli, e rimasero a lungo ignorati dalle istituzioni fino a quando il fenomeno non emerse in tutta la sua evidenza.

L’interesse istituzionale si accese quando il batterio Xylella fastidiosa – classificato dall’European and Mediterranean Plant Protection Organization come organismo patogeno da quarantena – venne rilevato nelle campagne salentine, innescando la produzione di un susseguirsi di norme (comunitarie, nazionali e regionali) finalizzate in maniera univoca all’abbattimento degli ulivi su un’ampia fascia di territorio, senza alcun rispetto neanche per quelli millenari.
Abbattimenti accompagnati da irrorazioni estensive di insetticidi allo scopo di sterminare il Philaenus spumarius, l’insetto accusato della propagazione del batterio2

La presenza di Xylella fastidiosa venne posta, con una evidente forzatura, al centro della narrazione ufficiale sulle origini del disseccamento, facendo tabula rasa di tutte le altre ipotesi possibili3.
Una convergenza di interessi variegati premeva in questa direzione. Perché un batterio da quarantena bandito da una Direttiva UE è capace di attirare milioni di finanziamenti europei per la ricerca accademica, ed altrettanti per sostenere la sostituzione varietale delle cultivar di olivo tradizionali con altre presentate come resistenti alla Xylella.
Varietà casualmente adatte anche all’utilizzo per colture superintensive.
Questo tipo di “modernizzazione dell’olivicoltura” è un vecchio sogno di un ambito composito di docenti e ricercatori della Facoltà di Agraria, del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dell’Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari, sogno condiviso anche da associazioni dell’imprenditoria agricola e dai loro rappresentanti politici bipartisan.
Una convergenza di interessi che ha sempre considerato come un ostacolo la presenza degli ulivi tradizionali, e che forse non ha esattamente fra i propri obiettivi la loro salvezza.
Curioso che proprio il polo di ricerca barese si sia aggiudicato un sostanziale monopolio della ricerca sul batterio e sulle sostituzioni varietali.

Comunque, espianti e pesticidi previsti dai Decreti Martina e dai Piani del Commissario all’emergenza xylella Giuseppe Silletti, si dimostrarono presto misure inutili – ai fini del contrasto del disseccamento rapido degli ulivi (CoDiRO) –  e devastanti per la biodiversità e la salute, il paesaggio, il patrimonio storico e culturale, le economie locali.
Devastanti per i contadini, che si ritrovarono ad affrontare non solo il disseccamento, ma anche l’eradicazione degli uliveti imposta con l’arroganza della forza pubblica, e multe salate quando disobbedivano all’ordine di estirpare e avvelenare.
Da qui la rivolta, contro l’arroganza dei decreti di espianto, contro le ruspe che irrompevano nelle campagne – abbattendo alberi sani per 3,14 ettari intorno ad ogni pianta ritenuta infetta, e contro l’avvelenamento del territorio con sostanze neonicotinoidi, neurotossiche, interferenti endocrini.

La difesa di madre Terra” è il racconto di questa rivolta, che fra il 2015 e 2016 si è estesa dalle campagne alle piazze e ai binari delle ferrovie.

Le immagini girate dall’interno delle lotte si alternano con i tanti volti del popolo degli ulivi, con le loro  emozioni, il dolore davanti agli espianti, lo stupore di trovarsi in stato d’assedio.

Sono stati veramente momenti drammatici. Eravamo circondati come i peggiori delinquenti da un dispiegamento di forze dell’ordine veramente imponente. C’era la forestale, abbondantemente rappresentata, carabinieri, polizia  e digos. Noi eravamo disarmati perché eravamo andati a difendere il nostro territorio. Eravamo cittadini pacifici” (Ada Calabrese, cittadina di Torchiarolo).

Il documentario raccoglie le testimonianze di agricoltori, medici, giornalisti, docenti universitari, giuristi, militanti per la difesa ambientale, artisti come Ascanio Celestini, filosofi come Serge Latouche, scienziati come Pietro Perrino e Cristos Xiloyannis.
Testimonianze che rimandano a questioni di ordine generale, come i disastri della ‘rivoluzione verde’ e della agrochimica (Giuseppe Serravezza, Luigi Russo), gli interessi che girano dietro al mondo della ricerca, il diritto delle popolazioni alla resistenza (Livio Pepino, Paolo Maddalena), il concetto di democrazia (Michele Carducci), l’importanza dei contadini (Antonio Onorati), la repressione nei confronti dei Difensori della Terra, la solidarietà agli attivisti denunciati.

Vengono valorizzate esperienze pratiche, come le campagne di decriminalizzazione del movimento (Associazione Bianca Guidetti Serra) o la costruzione di alternative all’agroindustria: la Casa delle Agriculture di Castiglione, che resiste ai pesticidi espandendo le coltivazioni delle ‘zone non avvelenate’, le Associazioni Spazi Popolari e Salento Sostenibile, che da anni sperimentano a livello empirico metodi di cura degli ulivi seguendo i principi dell’agroecologia.
Reti di contadini che hanno dovuto scoprire da soli quali tecniche potevano funzionare e quali no, imparando dagli errori le pratiche da evitare, osservando, ragionando e confrontandosi.
Lo hanno fatto sotto un costante e pesantissimo attacco mediatico, politico e accademico, perché non si sono mai rassegnati alla ‘ineluttabilità’ degli espianti e dei veleni, che sono le uniche risposte che lo Stato, la Scienza (tranne poche lodevoli eccezioni) e l’Unione Europea hanno saputo darci davanti all’estendersi dell’epidemia.

La difesa di madre Terra” , durata 1 h, 02 ’53”
Regia: Andrea Pavone Coppola
Musiche: Stefano Maria Zoffoli
Produzione: Associazione Bianca Guidetti Serra, Associazione Spazi Popolari, Peackmovie.
Prossima proiezione: Labàs, vicolo Bolognetti 2 Bologna, 27 febbraio h. 18.00.

Il documentario  può essere ordinato scrivendo a: associazioneguidettiserra@gmail.com.


  1. Il provvedimento, fortemente voluto dal titolare del Mipaaft Gian Marco Centinaio,  era già stato inserito all’interno del Decreto semplificazioni, ma poi è stato stralciato perché non attinente agli obiettivi del decreto stesso. Non dubitiamo comunque che riemergerà a breve, pare sotto la forma di un disegno di legge presentato da senatori di Lega e M5S. 

  2. Per i dettagli si rimanda alla 3 e 4 puntata di Guerra agli ulivi

  3. Ne abbiamo parlato su Carmilla qui: “Pietro Perrino, già Direttore dell’Istituto del Germoplasma del CNR di Bari, poneva in correlazione il largo uso del glifosato, utilizzato per decenni per diserbare gli uliveti, con la maggiore vulnerabilità delle piante, l’impoverimento dei suoli, la distruzione dell’equilibrio microbiologico, la virulenza delle infezione fungine. Cristos Xiloyannis, docente dell’Università della Basilicata, dimostrava l’importanza di rafforzare le difese immunitarie degli ulivi nutrendoli, ripristinando lo strato di sostanza organica distrutto da decenni di gestione chimica dei suoli“