di Alessandra Daniele
Salvini è sempre in maschera. Sempre in costume. È passato dalle felpe padane geolocalizzate, a quelle poliziesche paramilitari da golpista, con un breve intervallo in completo ministeriale dello stesso blu elettrico del suo nuovo logo “Noi con Salvini”.
Il costume è un esoscheletro. Un guscio. Un carapace.
Salvini è sempre in scena. Fa anche la pubblicità.
“Sono un tipo normale che fa cose normali”. Chi è davvero normale non ha bisogno di ripeterlo così ossessivamente.
Salvini È una maschera. E sotto la maschera, niente.
Non ha vere idee politiche, soltanto un paio di slogan razzisti da stadio.
È passato direttamente dal secessionismo di “Padania is not Italy”, al nazionalismo di “Prima gli italiani”.
Ha speso tutta la campagna elettorale a promettere meno tasse per tutti, e poi ha firmato una manovra finanziaria che le aumenta.
Sventola il Vangelo ai comizi, e respinge i profughi la notte di Natale.
Salvini È un guscio. Vuoto.
Non ha ideali, non ha competenze, non ha abilita, a parte attribuirsi le vittime della Dottrina Minniti come un mitomane, e ripetere ossessivamente ai suoi followers “Sono uno di voi”.
Salvini è un green screen su cui i suoi elettori proiettano la loro rabbia. E lo schermo l’assorbe e la neutralizza, così che si perda senza arrivare a nuocere davvero alle élite.
Si perda nel vuoto.
Salvini resterà in scena più di Renzi, perché i suoi elettori ne hanno un bisogno disperato, è la loro ultima, rabbiosa illusione di potere.
Ma alla fine la maschera cadrà, il guscio andrà in pezzi.
E non resterà che un oscuro, famelico vuoto.