Neil Novello, Giorgio Cesarano. L’oracolo senza enigma, prefazione di G. Marelli, Castelvecchi, Roma 2017, pp. 190, € 22,00
[A cinquant’anni dal ’68 e a più di quaranta dalla scomparsa di Giorgio Cesarano, le sue riflessioni, che hanno animato una grande varietà di iniziativa all’interno della critica radicale italiana tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, si rivelano ancora stimolanti e di grande attualità. Qui di seguito si riproduce un estratto dalla Prefazione di Gianfranco Marelli al testo di Neil Novello, il quale ha anche curato, sempre per Castelvecchi, la riedizione dei Diari del Sessantotto dello stesso Cesarano (qui). S.M.]
Un aspetto focale del lavoro di Neil Novello consiste nel dar voce all’aforisma pindariano – Γένοιο οἷος ἔσσι, Diventa ciò che sei! – al fine di trovare un minimo comune denominatore all’intera opera cesaraniana e al contempo tracciare il profilo umano dell’autore stesso, deciso da sempre a condurre la “vera guerra” contro la sopravvivenza degli uomini mercificati dal sistema capitalistico per diventare ciò che si è, così da «emanciparsi non dal sistema, ma emanciparsi nel sistema per emanciparsi dal sé o dall’io ancora ignoto, tradurre la non-vita in vissuto reale, fare della vissutezza oltre la preistoria la storia di una ritrovata compiutezza ontologica, qualcosa che sia il compimento di un riconquistato “diritto alla vita”». Progetto, però, che può realmente concretizzarsi se concepiamo la necessità di «smarrire le tracce del sentiero finora battuto, deviare in direzione di un altrove individuale rinunciando, obliando l’essere-per nel nome dell’essere-sé, la persona ritornata individuo. Non è però uno slancio metafisico questo di Cesarano – puntualizza Novello – il momento individuale è tale in quanto piattaforma di un reale movimento collettivo, il viatico «verso una comunità umana». Già, perché il concetto di “comunità umana” diverrà fondamentale negli ultimi studi di Cesarano, debitore in parte delle riflessioni condotte in quegli stessi anni da Jacques Camatte, direttore della rivista «Invariance», sull’importanza in Marx della Gemeinwesen, quale adempimento storico del comunismo non nello Stato attraverso la presa del potere, ma nella liberazione dell’individuo comunitario; così come fu stimolato dalle riflessioni di Raul Vaneigem e di Guy Debord sulla necessità di ripensare i termini di rivoluzione e lotta di classe riferendosi alla critica della vita quotidiana, al desiderio quale principio trasformatore della realtà, al rifiuto di tutte le costrizione per la liberazione totale della creatività spontanea del “proletariato”.
Non essendoci, pertanto, più in palio la conquista del potere per mezzo della lotta di classe, la rivoluzione non potrà che essere condotta attraverso una lotta biologica volta alla conquista di sé come comunità umana; rivoluzione che permetterà di passare dalla preistoria del non vissuto alla storia della vera natura umana, la totalità organica naturante [Gemeinwesen], attraverso la completa realizzazione di sé nella società degli individui. Giustamente, Neil Novello in tal circostanza non può non notare le tracce seguite da Cesarano nel ripercorrere a modo suo il pensiero di Debord e di Vaneigem. Infatti, così come ne «La società dello spettacolo» si afferma che “il soggetto della storia non può essere che il vivente producente se stesso, che si fa signore e padrone del suo mondo che è la storia”, nel pensiero di Cesarano «è abolita l’idea di oggettivazione della conquista storica, non però la più autenticamente rivoluzionaria conquista di sé a sé e alla storia, una conquista della soggettività de-capitalizzata»; allo stesso modo nella sensazione manifestata da Cesarano di trovarsi ormai «in un luogo dell’anima tra il non più del mondo-capitale e il non ancora del mondo-soggettività» riecheggia il concetto di intermondo espresso da Vaneigem nel “Trattato di saper vivere”, quando afferma che “l’intermondo è il terreno incolto della soggettività, il luogo in cui i residui del potere e la sua erosione si mescolano alla volontà di vivere”. Assonanza di analisi che inducono Cesarano a scavare in profondità per portare alla luce la radice del problema gnoseologico: il perché ci sono? Domanda che l’analisi di Novello sostiene invece sia un’affermazione, anzi la constatazione crudele «dell’esserci come prodotto: l’inorganicità senza essere della specie umana»; di sicuro una riflessione sulle condizioni esistenziali di una mancanza di senso che il “dover essere” persona sociale risveglia nel desiderio di “saper essere” altro: un individuo indiviso, non dimidiato dalla langue della cultura del potere.
Stabilito dunque che non si può essere, poiché il capitale obbliga alla sopravvivenza, ad una vita ridotta alla mera funzione di autoaffermazione di sé come persona/merce, il “programma” rivoluzionario non può che lottare per un ritorno ad essere in quanto corpo dotato di senso che si riappropria del senso del corpo non più assoggettato alla produzione/riproduzione del capitale. Un rompere lo specchio che riflette la non-vita, o come poeticamente Cesarano scriverà in «Manuale di sopravvivenza» (l’ultimo saggio pubblicato dalla Dedalo nella primavera del 1974) un vedersi introspettivamente per confortarsi in uno “sguardo che non accetterà in eterno di riflettersi” nella persona sociale in cui l’Io [l’Io che pensa] è “l’ego quale centro economico” [l’Io che si pensa]. Del resto, non certo accidentalmente l’incipit della «Critica dell’utopia capitale», pubblicata postuma nel 1978 e nella sua forma di appunti programmatici, pone subito al centro della riflessione l’Io, affermando che “Il pensiero che si pensa è il riflesso del ripiegamento dell’essere, […] il primo istante della valorizzazione dell’io come ente astratto dell’essere quale attività”. Si evince così predisposta la volontà radicale di riportare la passione, il desiderio di amarsi, al fuoco propulsore della rivoluzione biologica che brucia l’orgasmo di un’“insurrezione erotica” della vita contro l’oppressione che cristallizza la sopravvivenza in un’unica possibilità di esistere nella totalità reificata della non-vita. La volontà del desiderio diviene dunque una passione radicale che non può essere riassorbita dal bisogno compulsivo di possedere l’oggetto che la pubblicità invita a consumare come un bene indispensabile, in quanto la passione «non è desiderio di oggettivarsi in un oggetto materiale, non è neppure la cosalità del soggettivo. È ciò che resta dopo la cancellazione della totalità reificata». Solo in questo modo il desiderio non si degrada in bisogno (appagandosi degli oggetti posti da capitale), ma si trasforma in passione desiderante di essere l’uomo che non è mai stato ancora. Ne consegue che l’uomo è da farsi, dal momento che – scrive Cesarano nel «Manuale di sopravvivenza» – “l’origine dell’uomo non è alle spalle, ma dinnanzi agli uomini. L’origine della specie è il fine della rivoluzione biologica”.