di Franco Pezzini
Fin qui alcune interpretazioni sul quadro L’incubo, con tutta l’ambiguità che presenta e le motivazioni non necessariamente consce (teniamo presente che Füssli non ha mai fornito commenti o riflessioni in merito). Mentre su un piano più evidente e diffusamente noto al tempo dell’apparizione del dipinto, il tozzo, pesante demone che comprime il torace della fanciulla evoca un’intera costellazione di disturbi fisici notturni associati al termine nightmare, dal peso/oppressione sul petto (per i più vari motivi), alla “sleep paralysis”, alla dispnea o fame d’aria, a vari tipi di terrori notturni (soffocamento, sensazione di essere schiacciati a morte o di subire violenza sessuale): realtà tradizionalmente associate alla presenza di spiriti “incumbentes” ma insieme note da secoli alla medicina. È molto probabile che il dipinto sia ispirato a esperienze concrete, se non direttamente del pittore almeno di testimoni dell’epoca: il visionario Füssli è colpito dal successo del tema nell’immaginario coevo (ne vedremo qualcosa) e attinge alla ricchezza visiva delle relative tradizioni folkloriche.
Nelle tavole di Füssli emerge una dimensione di straordinaria perizia tecnica, di maestria nella gestione di spazi e chiaroscuri, di efficacia teatrale delle figure (rinvio qui); si aggiunga la scelta di soggetti intensi nel frequente richiamo a opere letterarie notissime e influenti sul piano immaginale. Anche sul piano teorico il Nostro sosterrà del resto l’importanza per l’arte di esplorare l’ambito del sogno, associato alle personificazioni del sentimento e all’esaltazione dell’anima nella latitudine del Sublime (il vivere la realtà oniricamente di cui parla nel suo Aforisma 231); ma ciò che a quel punto epifanizza non è semplicemente una forte originalità nel modulare temi strani. La visione di Füssli spalanca abissi del subconscio, senza limiti o censure; la potenza onirica delle soluzioni flirta con l’allucinazione – non a caso verrà considerato precursore del simbolismo – e spiazza lo spettatore. I suoi quadri e a maggior ragione i bozzetti privati svelano visioni torbide e concitate, fremiti inquieti (e non di rado esplicitamente erotici, nel segno della predazione e proprio del sadomasochismo, forse in termini di sublimazione), spettri e fantasie fisse. Al di là del motivo pragmatico ed economico della popolarità riscontrata dal quadro The Nightmare, il fatto che prenda a riprodurlo continuamente con alcune varianti ma sostanziale unità tematica sembra echeggiare proprio sue personalissime ossessioni.
Non si entra qui nel merito della compresenza di elementi romantici e neoclassici, delle fonti artistiche cui Füssli possa essersi ispirato per il dipinto. Interessante può essere semmai il fatto che la cavalla spettrale non facesse parte del progetto originario, e viene a un certo punto felicemente inserita sull’onda di un’intera nebulosa di suggestioni.
Esposto per la prima volta nel 1782 alla Royal Academy di Londra, The Nightmare colpisce tutti, consacrando la gloria artistica dell’autore già in ascesa; e anche se viene venduto per sole 20 ghinee il tema incontra un successo straordinario. Del dipinto (oggi conservata al Detroit Institute of Arts) Füssli realizzerà poi come detto varie altre versioni, differenziandone i toni di colore e le luci: basti pensare alla bellissima versione verticalizzata e con la giovane volta a sinistra, 1790-91, conservata alla Goethe-Haus di Francoforte. Ma il soggetto resta sostanzialmente lo stesso e verrà continuamente riprodotto in forma di stampa, come quella trattane da Thomas Burke, 1783, che reca una poesia di Erasmus Darwin, Night-Mare,
Sulla mara della notte nella nebbia della sera
Tozzo il demone svolazza sopra il lago e l’acqua nera;
Lei che freme in sensi e sonno in tal modo va cercando,
E disceso le si asside sopra il seno sogghignando
e viene conservata alla Tate. Il contenuto viene anche ripreso in termini non meramente imitativi in opere di una quantità di pittori e incisori, da Nicolai Abraham Abildgaard (1800, Vestjaellands Art Museum, Sorø) a Ditlev Blunck (1846, Nivaagaard Museum) e con mille altre versioni anche nella grafica odierna. Nonché frequentemente caricaturato in chiave di satira politica: come nello sfottò di Thomas Rowlandson contro il politico libertario Charles James Fox, The Covent Garden Night Mare (1784, Tate), o in altri contro il premier William Pitt, Lady Hamilton – con Lord Nelson come incubus a sovrastarla –, Napoleone o Luigi XVIII di Francia. Freud stesso possiederà una riproduzione del dipinto appesa nel suo appartamento a Vienna, e Jones ne sceglierà un’altra versione per la copertina del suo saggio sull’incubo.
D’altra parte l’impatto della scena raffigurata arriverà alla grande letteratura fantastica, e basta citare alcuni esempi emblematici di un’influenza tanto diffusa e profonda da rappresentare qualcosa di più del classico precedente con cui inevitabilmente fare i conti.
Dopo il matrimonio con la propria modella Sophia Rawlins (1788), Füssli è per un periodo amante della scrittrice, filosofa, pensatrice femminista inglese Mary Wollstonecraft, che gli propone una convivenza a tre. A seguito della – forse prevedibile – reazione della moglie, la relazione viene interrotta (1792): ma la figlia di Mary e di un altro conoscente di Füssli, William Godwin, cioè la futura Mary Shelley, troverà nel pittore uno dei riferimenti fondamentali per l’immaginario visivo del suo romanzo Frankenstein, 1818 (rivisto 1831), composto guarda caso dopo un incubo e ambientato nella stessa Svizzera patria del pittore. Un influsso non solo generale dell’opera füssliana un po’ in tutto il testo, con le sue figure estreme, ossesse e gesticolanti, ma anche specifico di The Nightmare in un paio di scene del capitolo sulla morte della sposina del protagonista. Con un’attenzione puntuale ai dettagli ancorché liberamente riutilizzati; e come l’incubus del dipinto di Füssli potrebbe virtualmente mirare a evitare il matrimonio dell’amata Anna con un altro uomo, così la Creatura di Frankenstein colpisce nel contesto della notte di nozze del suo creatore (anzi in qualche modo è lui a consumarla in via vicaria, togliendo il fiato alla ragazza come l’incubus alla dormiente). Come insomma mostrato in altra sede, intere pagine del romanzo costituiscono una sorta di lettura minuziosa e visionaria del quadro: quasi idealmente a costituirne la trasposizione letteraria. Considerando il peso del Frankenstein per l’immaginario occidentale, questo influsso anche indiretto del dipinto ne mostra la clamorosa importanza.
D’altra parte, nello stesso 1818, un carissimo amico di Percy Bysshe Shelley marito di Mary, cioè il narratore e poeta Thomas Love Peacock, coinvolge Percy come protagonista in una novella satirica dal titolo Nightmare Abbey: si tratta soltanto del nome di una tetra magione in un contesto goticamente comico, ma è impossibile non pensare all’icona di Füssli. Associato all’immagine dell’“abbey” – gli edifici diruti della Dissolution of the Monasteries oggetto d’infinite fantasie d’epoca tra suggestioni artistiche, riflessioni sul passato e sano turismo – il tema dell’incubo veicola una storia grottesca di innamoramenti all’insegna del gotico. Insomma, ancora lui, lei & l’incubo.
Una ventina d’anni dopo, Poe evoca The Nightmare nel suo capolavoro “The Fall of the House of Usher”, 1839, richiamando Füssli e l’incubus con un gioco di similitudini e metafore. La sua attrazione per il soggetto non stupisce: cita il tema anche altrove (per esempio in “La conversazione di Eiros e Charmion”) e in altri casi ne richiama implicitamente la dinamica (come nell’orango/incubus della “Rue Morgue”). Per quanto a colpire maggiormente Poe non sia l’orrore alla Füssli, il riferimento è comunque di notevole rilievo.
Ancora più avanti, la novella Carmilla di Joseph Sheridan Le Fanu, 1871-72, tornerà ad attingere al tema del quadro, stavolta nell’ambito di una suggestione vampiresca. Il gatto mostruoso che nello Schloss stiriano del racconto incombe su Laura – e che costituisce una trasfigurazione onirica dell’ospite vampira Carmilla – è sostanzialmente l’incubus di Füssli (soprattutto della versione 1790-91, dove presenta un aspetto vagamente felino). Non solo: in un altro quadro di Füssli che è una sorta di sequel del primo, L’incubo abbandona il giaciglio di due fanciulle dormienti, 1793 (lo vediamo a cavallo fiondarsi fuori dalla finestra: Zurigo, Muraltengut), ed esso pure poi declinato in diverse versioni (si veda per esempio quella a matita e acquerello su carta, Zurigo, Kunsthaus, 1810, dove le due ragazze sono nude), la condivisione del letto delle protagoniste, il loro aspetto provato e i seni all’aria della bionda ben si adattano al contesto di languori saffici della novella di Le Fanu. A traghettare insomma l’erotismo di The Nightmare anche verso ulteriori latitudini: il che però conferma l’importanza dirompente della suggestione.
Merita peraltro ricordare che in altro testo di Le Fanu, Green Tea del 1869, poi accorpato a Carmilla nella raccolta In a Glass Darkly, 1872, a tormentare un povero reverendo (un po’ come il pastore zwingliano Füssli?) è uno scimmiotto demoniaco che può far pensare all’incubus del quadro.
Nei casi di Frankenstein, “Casa Usher” e Carmilla il rimando è chiaro, diretto. Ma a ben leggere il contenuto, il dipinto torna anche nell’ultimo dei grandi titoli del gotico ottocentesco, Dracula di Bram Stoker: non solo perchè il vampiro maschio simil-stupratore in scena è parente stretto dell’incubus, ma perché il primo attacco a Lucy nel cimitero di Whitby sembra rifarsi ancora una volta alla dinamica del dipinto, e quello a Mina – parecchi capitoli dopo – ne sembra la trascrizione da parte della ragazza interessata. D’altra parte Dracula appare in libreria nel maggio 1897, e soltanto un mese prima si è avuta la scandalosa presentazione alla New Gallery di Londra di un altro quadro, The Vampire di Philip Burne-Jones, figlio del più celebre Edward e amico di Stoker, palesemente ispirato a The Nightmare. Si tratterebbe di una denuncia della femminilità predatrice, sulla scia delle ultime “rivelazioni” scientifiche (gli Charcot, Lombroso, Nordau guarda caso citati in Dracula – di nuovo il nesso tra fiction e studiosi della psiche); anche se pare che il dipinto adombri la relazione dell’autore con l’attrice Beatrice Stella Tanner, alias Mrs. Patrick Campbell, che all’epoca fa furore sul palcoscenico del famoso Lyceum di Henry Irving. Nel quadro vediamo un giovane dall’aria un po’ bohémien privo di sensi e di energie su un letto, con una macchia scura come una ferita a segnargli il costato, a riportare ai drenaggi pettorali (e non dal collo) associati nel folklore e in classici pre-stokeriani come Carmilla all’azione del vampiro. Dal petto, cioè ancora una volta a strappare il respiro/vita: e infatti a incombere sul giovane è una femme fatale (i figli della generazione preraffaellita come Philip sembrano guardare con estremo sospetto le dee evocate dai padri), mentre sullo sfondo è evidente la solita tenda/sipario. Un impianto insomma piuttosto teatrale; ma anche Stoker, impresario proprio al Lyceum, scrive con un occhio al teatro, ed è possibile che i due amici si influenzino reciprocamente con anticipazioni delle relative opere. Ancora una volta, insomma, nel segno di Füssli.
Se questi, e infiniti altri autori dell’Ottocento traghettano alla narrativa del fantastico la scena di The Nightmare, non stupisce a questo punto che la recuperi il cinema. Si pensi al primissimo Frankenstein di James Searle Dawley, 1910, dove la Creatura (Charles Ogle) appare da un tendaggio a incombere sull’inventore riverso, in una palese citazione; o al Frankenstein del 1931 con la sposina del protagonista riversa nella stessa posizione della fanciulla del dipinto e il Mostro/incubus occhieggiante dalla finestra (come peraltro nel romanzo). Fino alla scena del molto più tardo Gothic di Ken Russell, 1986, tutto costruito con un occhio alla pittura di Füssli e il Nightmare citato fin dalla locandina; e lì in una scena geniale è Mary Shelley (Natasha Richardson) coricata nel proprio letto a trovarsi addosso un nano mostruoso.
Leggiamola pure come vogliamo: ma The Nightmare innerva in termini diretti una quota importante della maggiore letteratura fantastica di lingua inglese – e si potrebbe trovarne traccia anche nelle esperienze letterarie di altri paesi – con un peso che va ben oltre il “normale” successo di un tema artistico, svelando una potenza immaginale di vero e proprio mito. Capace, attraverso quelle opere eccellenti, d’influire a cascata sul fantastico successivo.
[2-Continua]