di Walter Catalano
H.P. Lovecraft, Contro la religione. Gli scritti atei di H.P. Lovecraft. A cura di S.T. Joshi, Prefazione di Christopher Hitchens, Postfazione di Carlo Pagetti, Nessun Dogma, Roma 2018, pagg. 332, €.18.00
E’ davvero un piacere vedere Lovecraft finalmente ricollocato in una prospettiva criticamente significativa ed estranea a distorsioni e strumentalizzazioni ideologiche. Ed è un piacere altrettanto grande rileggere nella postfazione di un testo dedicato ad HPL, il nome di Carlo Pagetti, che è stato forse in assoluto uno dei primi studiosi italiani, con Giorgio Manganelli, a introdurre e commentare – in termini obiettivi e imparziali, da studioso per l’appunto – l’opera del Visionario di Providence già nel lontano 1967. I demagoghi letterari destrorsi che da decenni si sono appropriati proditoriamente dell’esegesi lovecraftiana (come, per motivi analoghi, hanno tentato di fare anche con Tolkien), per fortuna, devono necessariamente tenersi alla larga da un libro come questo. Il presunto Lovecraft “antimoderno” – come pretende una rivistuccia afferente a quel sottoscala politico che, definitasi di “prospettive antimoderne”, ha già rietichettato e tentato di smerciare, oltre a Lovecraft e Tolkien, anche Buzzati, Borges, e perfino Charles Bukowski… -, il “paladino della tradizione” (anzi Tradizione, con la T maiuscola, non ci sbagliamo…) riveduto e corretto da tali interessati glossatori, con tanto di immancabile e presuntiva (oltre che presuntuosa) citazione da Julius Evola, ha assai poco a che vedere con il signore totalmente ateo, materialista, scientista e positivista che emerge da questa fondamentale raccolta di scritti.
Una silloge di saggi e lettere comprese fra il 1916 e il 1936, cioè tra la prima gioventù e l’immediata vigilia della morte precoce dello scrittore, sufficiente da sola a far tacere per sempre tutti gli evolomani antimodernisti. Questo libro sull’ateismo militante di Lovecraft, assemblato da S.T. Joshi – il maggiore studioso lovecraftiano a livello internazionale – e provvidenzialmente tradotto e pubblicato in italiano da Nessun Dogma, l’interessantissimo progetto editoriale avviato dall’Uaar, Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, ha, in particolare nel nostro paese, un valore non solo storico e filosofico ma anche, e forse soprattutto, politico: contribuisce infatti – oltre che ad affermare in senso generale, un punto di vista laico, razionale e, perché no, saggiamente anticlericale – anche, in termini più particolari e specifici, a quella “defascistizzazione” di Lovecraft da tempo auspicata e condotta da molti, come è avvenuto e sta avvenendo anche nei confronti di Tolkien.
Così come i neofascisti Campi Hobbit dei primi anni ’80, ben poco hanno mai avuto a che vedere con i poveri Bilbo, Frodo e compagni, anche lo sgradevole razzismo giovanile (sottolineare l’aggettivo giovanile è fondamentale) di Lovecraft non lo rende necessariamente uno scherano del razzismo “spirituale” di Evola e camerati. Il termine stesso, “spirituale”, abusato dai tradizionalisti integrali, faceva, è dimostrato in questo libro, letteralmente imbestialire o scompisciare il Visionario di Providence: per lui non esiste alcuno spirito, solo la materia, perfino il suo razzismo – nei momenti in cui innegabilmente c’è stato – era assolutamente fisico e materiale; perfino gli esecrabili “dei” extraterrestri dei suoi racconti, non avevano assolutamente nulla di “spirituale”. Lasciamo parlare lo stesso HPL in un passo a caso del libro, lettera a Frank Belknap Long del 1929: “C’è da ridere ! La verità è che la scoperta dell’identità della materia con l’energia (e della sua conseguente mancanza di intrinseca e vitale differenza dallo spazio vuoto) è un assoluto colpo di grazia al mito primitivo e sconsiderato dello ‘spirito’. Questo poiché la materia, così appare, è in effetti esattamente ciò che lo ‘spirito’ si è sempre pensato che dovesse essere…Se un mistico pensa che la materia abbia perso le sue proprietà conosciute poiché è stata scoperta essere costituita da energia invisibile, che gli si faccia allora leggere Einstein e che cerchi di applicare la sua nuova concezione facendo andare a sbattere la sua testa contro un muro di pietra…”.
Come, a questo proposito, sottolinea giustamente anche Pagetti nella sua bella postfazione, notando la contiguità cronologica ma non ideologica fra il fiorire della narrativa lovecraftiana e la rinascita del suprematismo bianco: ”nell’ideologia sventolata dal Ku-Klux-Klan spiccava anche il rifiuto totale dell’evoluzionismo darwiniano, apprezzato invece da HPL. Semmai le parate in costume degli adepti al KKK… fanno pensare a una sfilata di mostri lovecraftiani…”. Un Lovecraft talvolta razzista quindi – e di questo riparleremo – ma assolutamente non “antimoderno” (almeno non certo nel senso voluto dall’evoliana “Rivolta contro il mondo moderno”, infarcita di fumoserie mitologiche ed esoterismi pseudo-iniziatici, come piacerebbe agli “agit-prop” reazionari).
Se restiamo obiettivi e non distorciamo i fatti ad usum delphini, HPL ci appare, anche in questa sua raccolta di scritti, come un intelligente autodidatta, talvolta un po’ naif e pieno di tutte le contraddizioni della lower-middle class statunitense della sua epoca, ma sinceramente innamorato della scienza e aperto a tutti i conseguimenti tecnologici e culturali della modernità. Che idealizzasse, in senso puramente estetico, il passato coloniale britannico non lo rende necessariamente un sostenitore dell’Ancien Régime, essendo egli sempre rimasto pervicacemente uno yankee, né avendo mai pensato di emigrare in Canada e farsi suddito della corona, come facilmente avrebbe potuto. Che abbia manifestato in alcune lettere ammirazione moderata verso figure totalitarie come Mussolini e Hitler, non fa necessariamente di lui un fascista; per altro il Lovecraft degli ultimi anni fu un sostenitore manifesto di Roosvelt e del New Deal, si aprì al socialismo fino a rivalutare alcuni aspetti del marxismo e giunse perfino a ripudiare, almeno in parte, il razzismo come “un errore giovanile da parte di uno che conosceva il mondo troppo poco”. Lettere come queste, in cui l’autore si rivela ben diverso dall’immagine ratificata, proprio come quelle atee recuperate da Joshi, sono ben presenti nell’immenso epistolario dello scrittore e basta prendersi la briga di andarsele a cercare, ma sfortunatamente la vulgata antimodernista ha tradotto e diffuso solo quelle – per altro obbiettivamente maggioritarie – che potevano suffragare la propria tendenziosa interpretazione del fenomeno lovecraftiano.
A sfatare ogni mito prefabbricato, a infrangere l’immaginetta votiva, giunge invece finalmente un libro come Contro la religione, e speriamo sia solo il primo di una lunga serie di analoghi, accurati, approfondimenti sulla complessa figura del Visionario di Providence (un altro passo in questa direzione, un passettino per la verità, è il recente libretto, assai più vaporoso nella forma e nei contenuti, sull’unico amore dell’antisemita Wasp Lovecraft, per l’ebrea russa Sonia H. Greene, L’età adulta è l’inferno: lettere di un orribile romantico, edito da L’Orma). Oltre al preteso “antimodernismo” politico, la raccolta di scritti atei, va a infrangere un altro luogo comune dello stupidario lovecraftiano: la sua presunta appartenenza ad ordini massonici o para-massonici, iniziatici o para-iniziatici, magici o esoterici; il fatto che fosse un medium inconsapevole o un magus consapevole in contatto con l’Altrove; la pretesa “realtà” ed “efficacia” del Necronomicon, il grimorio capace di richiamare sulla terra le entità cosmiche, sbandierata dalla lunatic-fringe in margine al Thélema di Aleister Crowley e alla cosiddetta Chaos-Magick postmodernista. Lovecraft è piuttosto chiaro in merito in un’altra lettera a F. B. Long del 1930: “Concediamo il fatto che in teoria la dottrina di Budda, o di Maometto, o di Lao-Tse, o di Cristo, o di Zoroastro, o di qualche stregone del Congo…possiede tante o poche prove positive quante ne possiede qualsiasi altro tentativo di spiegazione del cosmo. Fin qui tutto bene. Ma questa concessione non può verosimilmente essere fatta senza estendere la stessa uguale autorità teorica al Segno Giallo di Chambers, ai Pegana di Dunsany, ai tuoi Tindalos, allo Tsathoggua di Klarkash-Ton, al mio Cthulhu o a qualsiasi altra cosa fantastica che chiunque decida di inventare. Chi può smentire una qualunque fantasia di questo tipo, o dire che non è ‘esotericamente vera’ anche se il suo creatore pensava di averla inventata come scherzo o come lavoro di finzione ?”. Non resta molto da aggiungere: che i “maghetti” si divertano come preferiscono…
Concludiamo ricordando dalla prefazione di Christopher Hitchens, autore tra le altre cose di testi come Dio non è grande o Processo a Dio, la pacata stigmatizzazione degli incancellabili pregiudizi etnocentrici di Lovecraft, ateo protestante come viene definito ironicamente: “Una persona non può essere un vero materialista e allo stesso tempo continuare a pensare con il proprio sangue o con la propria epidermide, o almeno così vorrei credere”. Bisognerebbe diventare davvero, in tutti i sensi – conclude Hitchens – “dei miscredenti non settari”.