di Fiorenzo Angoscini

Umberto Lucarelli, Vicolo Calusca, prefazione di Tommaso Spazzali, Edizioni Bietti, Milano, maggio 2018, pag.106, € 12,00

Il titolo potrebbe sviare l’attenzione e far pensare a qualcosa di relativo alla toponomastica e circoscritto ad un vicolo, piccolo e secondario, ma quel luogo, proprio per una particolare libreria, è stato molto di più, sicuramente un posto importante, forse anche grande e, come scrive Tommaso Spazzali nella prefazione «…un denso spaccato di un pezzo di storia recente».
Magari non nel senso che gli attribuisce l’ufficialità delle cose, della storia accademica ingessata ed istituzionalizzata. La lettura dello scritto confermerà e giustificherà questa affermazione.

Ma, già un’analisi più attenta della copertina lascia intendere che il contenuto della pubblicazione è particolare. Si intravede, a sinistra, proprio sotto l’intestazione, quasi in filigrana, una falce e martello e, nonostante il chiaro/scuro che un po’ confonde e nasconde, si coglie la presenza di un magnetofono (registratore portatile) con ben visibile al suo interno un’audiocassetta. Si tratta di storia orale, naturalmente di parte, vissuta e raccontata. Anzi, di tante storie che si sviluppano ed intersecano in una porzione particolare di Milano, il quartiere (anche se, forse, è limitativo definirlo così) del Ticinese. Quel grande agglomerato di monumenti, costruzioni e canali che l’attraversano, cresciuto attorno a

“Porta Ticinese, Porta Cicca, dal masticare tabacco, ciccà: dallo spagnolo Chica, ragazza, in quanto era zona di postriboli a buon mercato per operai e soldati. Il più noto era nel vicolo Cà Lusca, Cà Losca, oggi Calusca. Porta Cicca, con la variante di Porta Cina altro nome che la mala, una vecchia malavita che non esiste più, dava a Porta Ticinese dal dialetto cinès.
L’antica porta medioevale è ancora visibile all’angolo di via De Amicis-Molino Delle Armi: fu restaurata e in parte ricostruita,con variazioni non consone all’originale, da Camillo Boito. Alle spalle della porta medioevale vi sono le colonne di San Lorenzo che sono il più significativo resto delle opere milanesi in epoca romana.[…] Alla fine del Corso di Porta Ticinese, nel Piazzale XXIV maggio, vi è l’Arco di Porta Ticinese denominato di Porta Marengo e iniziato nel 1801 dall’architetto Luigi Cagnola per festeggiare la vittoria di Napoleone, nella battaglia svoltasi nella cittadina alle porte di Alessandria…Originariamente la porta era posta sopra un ponte del canale Ticinello, ora coperto, svetta sopra la confluenza di tre vie d’acqua, Olona, Naviglio Grande e Naviglio Pavese”.1

Sempre Spazzali, ricorda che le parole scritte in questo libro «occupano quarant’anni di storia». Parte all’inizio dei settanta e arriva fino ad oggi «attraversando quel lasso di tempo che ha portato la città, Milano, a trasformarsi da teatro di un conflitto sociale2 aspro ma al contempo espressione di grandissima vitalità ed energia, in simulacri di locali dove, come proprio Primo (Moroni) diceva, ‘si vendono vino e panini senza amore e senza memoria’».
Anche l’autore di questo promemoria scritto lo sottolinea: «Il Ticinese è una fiera e un fracasso con migliaia di persone che si aggirano come ebeti lungo il Naviglio verde e torbido immaginandosi d’essere lungo la Senna a Parigi…»

Quegli stessi luoghi già a metà degli anni sessanta erano stati un crocevia di incontri, di consolidate amicizie e germogli di cultura. Simili, ma diversi, da altre zone, come Brera e i suoi bar (Jamaica il più famoso) ‘templi’ della vita mondana di allora, dove artisti stravaganti, pittori, fotografi-paparazzi, attrici e registi famosi facevano sfoggio di eccentricità. Al Ticinese, scrittori partigiani come Salvatore Quasimodo e intellettuali dissidenti come Elio Vittorini, condividevano idee, esperienze e difficoltà con cantautori militanti e controcorrente come Ivan Della Mea.

“La sera (Elio Vittorini) gioca a carte in una crota3 di ligera4 all’inizio di Alzaia Naviglio Pavese, con Salvatore Quasimodo e Ivan Della Mea,5 che gli dedicherà la canzone ‘A quell’omm’” .6

Quello che è stato una fucina di cultura, arte e politica, deve sopportare lo scempio attuale «intorno alle Colonne di San Lorenzo impera la ‘movida’, coi suoi riti intesi ad occultare le sgradevoli condizioni sociali e a illudere che sia sempre festa…».7

L’estensore dell’elaborato, Umberto Lucarelli8 che sin da giovane aveva una passione ed un’ambizione: fare lo scrittore,9 tanto da meritarsi il soprannome di il Werther della Barona, si è deciso ed è riuscito dopo anni di rinvii e di oblio involontario, a sbobinare decine di audiocassette con la registrazione dei ‘racconti’ di Primo Moroni.

“Ricordo di aver ritrovato finalmente in cantina le audiocassette con la voce di Moroni, registrate fra la metà e il finire degli anni ottanta del secolo scorso, avvoltolate in un foglio di carta ingiallita con una scritta vergata con la stilografica che dice Intervista a Moroni per Una vita di carta… ascoltare quelle registrazioni è stato faticoso anche se Moroni sembrava vivo vicino a me”.

Nel libro non c’è solo Moroni, non solo i suoi ricordi, e «non si tratta solamente di una biografia» si precisa nella prefazione, «è un libro sulla memoria». E’ vero: c’è tratteggiata gran parte della vita dell’ Ho Chi Min meneghino, come veniva anche chiamato Primo Moroni (altri soprannomi erano, ‘l’autodidatta di grande cultura’ e lo storico del Ticinese) ma ci sono anche le esperienze politiche, intime e personali dell’autore e, senza presunzione, intromissioni e invadenza, la lettura di queste pagine ha fatto riaffiorare anche i miei ricordi, per quei luoghi e di quei periodi. Inoltre, sono, a volte solo ricordati, altre volte vengono tratteggiati, i profili dei tanti uomini e donne che, per ragioni e motivi diversi, hanno popolato le strade, le case, le botteghe e gli spazi culturali di quella parte di Milano. Forse, l’unica dimenticanza che ho colto, naturalmente tra le più significative in ambito artistico-culturale, magari voluta, riguarda Paolo Baratella, pittore che, nel Ticinese, aveva bottega e galleria espositiva. Da alcuni suoi quadri sono state realizzate copertine per la rivista CONTROInformazione.

Così, oltre ai già citati Quasimodo e Vittorini, a cui Primo, in veste di cameriere, serviva pranzo oppure cena ai tavoli delle trattorie gestite da suo padre, attraversavano il quartiere attori come Gian Maria Volontè, ci abitavano letterate come Ada Merini, la poetessa dei Navigli, abituale frequentratrice della «libreria Pontremoli con i suoi libri antichi e costosi». Stazionavano militanti politci come Andrea Bellini (del Collettivo del Casoretto) e Oreste Scalzone (Comitati Comunisti Rivoluzionari). Ancora, tra via Cicco Simonetta, via Marco D’ Oggiono e via Ascanio Sforza vagava il poeta bandito, voce della ligera, Bruno Brancher, autore, tra gli altri, di Disamori e di L’ultimo Picaro10 oltre a vantare di aver conosciuto Martino Zicchitella, appartenente ai Nuclei Armati Proletari, rimasto ucciso durante un’azione armata. «Personaggi particolari di una Milano ai margini, osannati a tratti e poi dimenticati e poi ancora ricordati, si parlava di loro come dei geni, dei cialtroni, dei matti…».
E quanti panini si sono mangiati (autore di queste righe compreso) al bar Rattazzo, quando era ancora in Corso di Porta Ticinese, proprio in parte all’ingresso della redazione della rivista CONTROinformazione.

Come ricorda anche la pubblicazione, in zona Ticinese-Genova, ci sono state numerose sedi politiche, di diverse organizzazioni: dal MS-MLS, agli anarchici; da Lotta Continua ad Avanguardia Operaia, poi Democrazia Proletaria, Rosso, altri vari collettivi di Autonomia Operaia organizzata e anche organismi autonomi meno ortodossi. Alcuni centri sociali autorganizzati ed occupati.
Da un certo periodo della sua vita, dopo aver abitato in ‘centro’ (via Larga) Primo Moroni11 si è trasferito ad abitare, vivere, lavorare, lottare a Porta Cica.

Precedentemente, era stato un militante della Federazione Giovanile Comunista Italiana e del Pci; è un ‘ragazzo con le magliette a strisce’ durante gli scontri di Genova del giugno 1960,12 partecipa alla manifestazione a favore di Cuba del 27 ottobre 1962, quando viene ucciso Giovanni Ardizzone e a quella per la liberazione del comunista spagnolo Juliàn Grimau, cameriere nei ristoranti-trattorie del padre, poi commis, demi-chef. A Cannes si merita la promozione a chef de rang. Ballerino ed investigatore privato, agente librario e direttore editoriale. Sul finire del 1967 abbandona la carriera dirigenziale e, con la liquidazione, apre un club, il “Sì o Sì” che «non era un club politicizzato, ma soltanto largamente democratico, per l’occupazione del tempo libero, aperto dalle nove del mattino alle quattro del mattino successivo».13

Quando intraprende la ‘nuova vita’, oltre ad essere il sovraintendente della Calusca, è anche editore (Primo Maggio14 ), collaboratore di riviste (tra le tante CONTROinformazione, Altreragioni, Millepiani, Il de Martino, DeriveApprodi, Alfabeta, Metroperaio, Solidarietà Militante, 150 ore, Decoder, lo stesso Primo Maggio), autore di ricerche, 15 studi e pubblicazioni organiche,16 scritti vari.17 .

La prima sede della libreria Calusca è stata inaugurata in Corso di Porta Ticinese n.106, angolo Vicolo Calusca, nell’ inverno 1971-1972 poi, nel 1978 si trasferisce al civico 48 (verso via Molino delle Armi) dello stesso Corso. Vi rimane fino all’estate del 1986 quando «chiude a causa dell’esaurimento delle energie soggettive, della sostanziale scomparsa della produzione editoriale legata alla ‘stagione dei movimenti’ e di gravi problemi economici, cagionati anche dalla repressione (la libreria conta sei o settecento arrestati tra la sua clientela più stretta)».18

Nel suo primo periodo, più precisamente tra il 1975 e i primi quattro mesi del 1978, le mie visite alla libreria, sono state abbastanza frequenti. In una sola occasione ho anche incrociato il compagno-avvocato Sergio Spazzali, il genitore dell’autore della prefazione di questo Vicolo Calusca. In quegli anni ero iscritto (più che assiduo frequentatore di corsi e lezioni…) all’Università degli Studi di Milano, facoltà di Lettere, in via Festa del Perdono. Sfruttavo i pochi e piccoli vantaggi del mio stato di studente universitario, in particolare l’abbonamento agevolato alle Ferrovie di Stato. Così, partivo dalla città di provincia (Brescia) e mi dirigevo nella metropoli, capitale morale, in quegli anni anche politica. I miei interessi, però, mi portavano a visitare le varie librerie e depositi librari, piuttosto che seguire seminari ed insegnamenti. In una sorta di percorso obbligato, le tappe erano queste: Centro Libri (un ingrosso non proprio aperto al pubblico ma a cui, grazie ad un amico e compagno, avevo libero accesso) dove acquistai le opere complete di Ernesto Che Guevara ; proseguivo per la Feltrinelli di via Santa Tecla-via Larga per, poi, approdare alla Statale, quasi sempre solo per un’ occhiata alla libreria della Cooperativa Universitaria Editrice Milanese (la casa editrice-libreria del Movimento Studentesco). Una rapida colazione in mensa e via, a piedi, verso via Molino delle Armi e la libreria Sapere. Infine, l’approdo da Primo alla Calusca.

A questo percorso classico, qualche volta aggiungevo una capatina alla Feltrinelli di via Manzoni, alla Ringhiera di viale Padova e alla Libreria Proletaria di via Spallanzani (Buenos Aires). Dall’inverno 1976 ho anche iniziato a frequentare la sede del ‘Consorzio Punti Rossi’19 di via Cicco Simonetta n.11, sempre zona Ticinese, gestito da Renato Varani. Se qualche mese non rinnovavo (causa ristrettezze economiche…) l’abbonamento alla ‘ferrovia’, il sabato pomeriggio, con Lidia, la compagna di una vita, andavo in bottega e sequestravo l’automobile a mio padre: una 1100 bianca, con cambio al volante e le portiere che non erano ancora controvento, antica, ma non nel senso di auto storica, oppure d’epoca, bensì asfittica e sempre in procinto di cedere, esalando l’ultimo respiro. Mio padre, conoscendo le nostre abitudini, ce la faceva trovare sempre con il serbatoio pieno, o quasi. Partivamo dalla ‘Leonessa d’Italia’ e raggiungevamo la città meneghina percorrendo la SS 11, niente autostrada, mancanza fondi. Meglio, preferivamo investire quelli (pochi) che avevamo a disposizioni per acquistare libri, opuscoli e pubblicazioni varie.

Proprio in una di queste occasioni, davanti la seconda sede della Calusca in Corso di Porta Ticinese, risaliti in auto dopo il nostro ‘shopping’ culturale, la 1100 non voleva saperne di ripartire. Con Lidia provvisoriamente al volante, la vettura in direzione S.Eustorgio (leggerissima discesa), spinsi a mano il ferrovecchio finché, ruggendo, riuscì ad accendersi, permettendoci così di riprendere la strada di casa. Alè, spediti (?) verso Brescia senza fermarsi né farla spegnere. Esperienze simili anche in direzione nord-est, quando andavamo dall’editore Giorgio Bertani, a Verona.

Dal maggio 1978 iniziai l’attività lavorativa, abbandonando, anche burocraticamente, l’Università e le visite alla Calusca diventarono molto rare. Solo quando, per motivi professionali transitavo per Milano, oppure ero nelle vicinanze, cercai di concedermi dei ritagli di tempo per tornare ai vecchi amori. Proprio in una di queste occasioni, dopo la riapertura di fine 1987 in piazza Sant’ Eustorgio, andai da Primo. Erano i primi giorni di marzo del 1988. Era mattina, in libreria c’era solo lui e stava ‘sballando’ un bancalino pieno del suo libro: L’Orda d’ Oro. Sulla parete di fondo campeggiava il grande quadro, a semicerchio, di Paolo Baratella: L’Internazionale futura umanità, con in primo piano un soldato dell’Armata Rossa che, pistola in pugno, va all’assalto; sullo sfondo, davanti ad una testa-teschio in decomposizione di Benito Mussolini, Paperon de’ Paperoni legge un libro dalla copertina rossa con sopra impressa la S di dollari, e dal titolo ‘Il Capitale’, ma non è quello di Carlo Marx…
Naturalmente chiesi di acquistarne una copia, Primo me la porse, non senza aver prima scritto un’osservazione: «Marzo ’88. E’ un po’ noioso qua e la, però ci sono quasi tutti i ‘MEGLIO’ di quegli anni», seguita dalla sua firma autografa.

Purtroppo, anche la terza gestione viene interrotta, la libreria chiude di nuovo nel settembre del 1990. Cerca di concretizzare una nuova esperienza di attività libraria all’interno dell’occupazione ‘Acquario’, nel piazzale Stazione di Porta Genova, ma gli sforzi vengono vanificati a causa di un incendio doloso.
Infine, nel febbraio 1992, trasferisce la libreria all’interno del Centro Sociale Occupato Autogestito di via Conchetta 18 e la ribattezza ‘Calusca City Lights’, in onore del poeta-libraio-editore, di origini bresciane, Lawrence Ferlinghetti.
In COX 18 20 ha sede anche l’Archivio Primo Moroni.
La narrazione di Lucarelli non racconta solo il lato politico-militante, di libraio diffusore ed organizzatore21 di cultura dello ‘storico del Ticinese’, ma mette in risalto, come già accennato, anche aspetti e risvolti meno conosciuti, più intimi, direi privati se fossi sicuro di non essere frainteso. Parla di sua moglie, della seconda compagna, delle figlie che ha generato con loro, di qualche amore passionale e relazione ‘clandestina’. Del tentativo di suicidio della prima moglie. Descrive la cattiveria e le botte ricevute da sua madre. Moroni parla anche di altri: dei morti ammazzati da mano poliziotta,22 dei compagni suicidati, di quelli che si sono uccisi indirettamente iniettandosi eroina o altre sostanze, degli esuli e di quelli in galera.. «Degli avventori della sua libreria, un micromondo di individui che passavano di lì per nutrirsi di un’ altra storia».
Ma, Moroni (qui), seduto sulla sua sedia rossa da barbiere,

“non parlava mai di se stesso intimamente, non si apriva mai veramente…Metteva sempre davanti il suo personaggio, parlava della sua storia, di cosa aveva fatto e detto incrociando gli avvenimenti storici, era un gran affabulatore, spaziava, faceva digressioni, riprendeva il tema da cui era partito, inseriva storie su storie”.

Credo in molti,come me, ti ricordino ancora così.
Anche quella mattina del 31 marzo 1998 quando, davanti alla basilica di Sant’ Eustorgio, ai tuoi funerali laici, si sono sparati fuochi d’artificio.
Condividendo le ultime righe della prefazione di Tommaso Spazzali dobbiamo, tutti, consapevolmente e convintamente sapere che «…è la vita delle persone e la loro memoria a far girare la ruota del tempo».


  1. Marco Caccamo, Milano, il dialetto nelle parole, Edizioni Colibrì, Paderno Dugnano-Milano, novembre 2005, pag. 112  

  2. “Milano allora era un bel posto per chi credeva nella rivoluzione”, Rossella Simone, anch’ella frequentatrice del Ticinese  

  3. bettola, osteria di basso rango, nda  

  4. leggera: per il modo di camminare leggero e furtivo; Gadda nell’Adalgisa dice: “La lingèra è la teppa, la malavita: in una sfumatura espressiva piuttosto blanda e scherzosa” , Marco Caccamo, op.cit., pag. 112  

  5. Giancarlo Ascari, Matteo Guarnaccia, Quelli che Milano: Storie, leggende, misteri e varietà. Un viaggio ironico e curioso nello spazio e nel tempo. Luoghi celebri e sconosciuti, personaggi famosi e gente comune, storie incredibili e aneddoti buffi, giochi, canzoni, curiosità, primati, segreti e spigolature, BUR Extra-Rizzoli, Milano, novembre 2010  

  6. A quel omm, che incuntravi de nott in vial Gorizia, là sul Navili, quand i viv dormen, sognen tranquili e per i strad giren quei ch’inn mort – Quell’uomo, che incontravo di notte in viale Gorizia, là sul Naviglio, quando i vivi dormono, sognano tranquilli e per le strade girano quelli che sono morti. Ivan Della Mea, A quell’omm, 1965  

  7. Marco Caccamo, op.cit., pag. 110  

  8. Militante del Collettivo Autonomo Barona, viene arrestato, insieme ad altri, il 18 febbraio 1979. L’accusa, infondata, è di essere responsabile dell’assalto ad un gioielleria, con conseguente morte del titolare, Pier Luigi Torreggiani. Lucarelli, con altri due compagni, sarà scarcerato il 24 febbraio “per assoluta mancanza di indizi” . Purtroppo, in quei ‘Sei giorni troppo lunghi’, subirà pestaggi e torture psico-fisiche che gli cambieranno la vita. Per approfondire si veda: Paolo Bertella Farnetti-Primo Moroni, Collettivo Autonomo Barona: appunti per una storia impossibile, Primo Maggio n. 21, primavera 1984  

  9. Non vendere i tuoi sogni: mai, Tracce, 1987 e Bietti, 2009; Ser Abel va alla guerra, Tranchida, 1991 e Bietti, 2009; Il quaderno di Manuel, Tranchida, 1994; Fossimo fatti d’aria, BFS, 1995; Nulla, BFS, 1999; Pavimento a mattonella, BFS, 2001; Sangiorgio il drago, IBS, 2008; Rivotrill, Bietti, 2011; Commiato, Bietti, 2014  

  10. Disamori, Squilibri Edizioni, Milano, 1977; L’ultimo Picaro, l’uomo delle biciclette gialle, All’Insegna del Pesce D’Oro di Vanni Scheiwiller, Milano, 1991  

  11. Da “Don Lisander” alla Calusca . Autobiografia di Primo Moroni, [raccolta e redatta da Cesare Bermani], in Primo Maggio, Saggi e documenti per una storia di classe, Milano, n. 18, autunno inverno 1982-83 poi Da “Don Lisander” alla “Calusca”. Autobiografia di Primo Moroni, postfazione di Cesare Bermani e profilo biografico a cura dell’Archivio Primo Moroni, Archivio Primo Moroni – CSOA Cox 18-Calusca City Lights – Cox 18 Books, Milano, 2006  

  12. Il Movimento Sociale Italiano, voleva svolgere il proprio congresso a Genova, città medaglia d’oro della Resistenza. I partiti della sinistra: Pci e Psi, la CGIL, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, i camalli-portuali genovesi, i giovani e la popolazione della città della lanterna, si opposero e ingaggiarono duri scontri di piazza con le forze dell’ordine. Il congresso venne vietato. In molte città d’Italia ci furono proteste, manifestazioni e violenti scontri con carabinieri e polizia. Purtroppo molti morti: solo tra gli antifascisti. Cinque a Reggio Emilia, quattro a Palermo, due a Catania, uno a Licata, centinaia i feriti da armi di polizia  

  13. Da “Don Lisander” alla Calusca, cit.  

  14. Cesare Bermani (a cura di) La rivista Primo Maggio. Saggi e documenti per una storia di classe. (1973-1989), Dvd con la raccolta completa della rivista, DeriveApprodi, Roma, maggio 2010. Un numero speciale della rivista è stato pubblicato nel marzo 2018, per iniziativa della Fondazione Micheletti di Brescia, a vent’anni dalla scomparsa di Primo, ed è a lui dedicato  

  15. John N. Martin, Primo Moroni, La luna sotto casa. Milano tra rivolta esistenziale e movimento politico, Editore ShaKe, Milano, 2007  

  16. Nanni Balestrini, Primo Moroni, L’Orda d’Oro, 1968-1967. La grande ondata rivoluzionaria e creativa, politica ed esistenziale, Editore SugarCo, Milano, febbraio 1988  

  17. Cà Lusca. Scritti e interventi di Primo Moroni, Archivio Primo Moroni – CSOA Cox 18-Calusca City Lights – Cox 18 Books, Milano, marzo 2001; seconda edizione, riveduta e aumentata. Contiene il dvd del film Malamilano (1977) di Tonino Curagi e Anna Gorio, Milano, marzo 2016  

  18. “E’l Primin l’è on che legg” in Da “Don Lisander” alla Calusca, cit.  

  19. P. Moroni e Bruna Miorelli, Dieci anni all’inferno. Storia dell’altra editoria, in Pasquale Alfieri e Giacomo Mazzone (a cura di), I fiori di Gutenberg. Analisi e prospettive dell’editoria alternativa, marginale, pirata in Italia e Europa, Arcana, Roma, 1979  

  20. Cox 18. Archivio Primo Moroni. Calusca City Lights. Storia di un’autogestione, Edizioni Colibrì, Paderno Dugnano (Mi) marzo 2010  

  21. Primo Moroni e IG Rote Fabrik, Konzeptburo (a cura di), Le Parole e la lotta armata. Storia vissuta e sinistra militante in Italia, Germania e Svizzera. Materiali tratti dal Convegno di Zurigo “Zwischenberichte”, 1997, Shake Edizioni, Milano, 1999  

  22. Francesco Guccini, Libera nos domine, 1978