di Alexik
[A questo link il capitolo precedente.]
Non so se Maurizio Martina, segretario di un partito morente, nonché ministro (forse ancora per poco) di un governo morente, sia talmente permeato dall’oscurità della morte da infonderla in ogni suo atto.
Il suo ultimo lascito, il decreto del MinPAAF del 13 febbraio, dispone infatti un ecocidio su larga scala da attuarsi sull’intero territorio rurale della provincia di Lecce e su vaste aree delle provincie di Brindisi e Taranto.
Un avvelenamento che coinvolgerà ogni forma di vita, lasciando dietro di se una pesante eredità per le generazioni future.
Allo scopo di sterminare il Philaenus spumarius (l’insetto accusato di espandere la batteriosi da Xylella fra gli ulivi) il decreto del MinPAAF impone l’uso obbligatorio e massivo di pesticidi nelle campagne salentine.
Impone di spargere per quattro volte, da qui a fine anno, sostanze neonicotinoidi e neurotossiche non solo sugli uliveti, ma su qualsiasi pianta coltivata potenzialmente ospite del batterio Xylella, che sia elencata nella banca dati della Commissione Europea. Una banca dati che conta attualmente 359 specie vegetali, molte delle quali comunissime e diffuse, come il rosmarino, la salvia, la lavanda, l’alloro, l’oleandro, il mandorlo, il susino ….
Il che vuol dire avvelenare ovunque.
Il decreto raccomanda di “estendere i trattamenti alle zone incolte o alle erbe spontanee”. Non si limita quindi alle terre coltivate ma comprende anche i campi usati normalmente come pascolo, in maniera da assicurare, per ogni possibile via, l’accesso delle sostanze insetticide alla nostra catena alimentare.
Quanto ai principi attivi da irrorare, selezionati dal Centro di ricerca ‘Basile Caramia’ di Locorotondo, essi possono vantare una lunga storia di tossicità a danno degli esseri viventi.
Come per esempio l’Imidacloprid, un neonicotinoide ormai universalmente riconosciuto fra i principali responsabili delle morie degli insetti impollinatori.
Vale la pena ricordare che senza insetti impollinatori non solo non c’è più agricoltura, almeno come l’abbiamo conosciuta fino ad ora.
Senza insetti impollinatori non c’è più riproduzione per migliaia di specie botaniche.
Ogni attacco agli impollinatori è un attentato a largo raggio contro la biodiversità vegetale, e di conseguenza contro la biodiversità animale che della prima si nutre e si serve per sopravvivere.
In questo quadro anche aspetti gravissimi, come la nostra sicurezza alimentare e gli effetti sulla nostra salute, passano quasi in secondo piano, perché il danno che si prefigura è un danno sistemico, è la rottura di un delicato equilibrio che permette la vita e le interrelazioni fra gli esseri viventi.
Ed è un danno già noto.
Già da una ventina d’anni ha cominciato a diffondersi nel mondo il fenomeno del ‘Colony Collapse Disorder’, cioè l’abbandono delle arnie da parte delle api operaie.
Per primi se ne accorsero gli apicoltori francesi nella seconda metà degli anni ’90, quando denunciarono una significativa perdita di api attribuibile all’uso dell’Imidacloprid.
Nel 1999, il ministro francese dell’agricoltura sospese l’uso dell’insetticida sui semi di girasole e nel 2004 sulle sementi di mais, dopo che un comitato scientifico di nomina governativa ne aveva confermato la nocività1.
Nel 2009 il ‘Colony Collapse Disorder’ provocò negli USA una diminuzione del 29 % della popolazione degli alveari, salita al 34 % nel 2010. Già allora l’Imidacloprid venne considerato come concausa, accusato di indebolire il sistema immunitario delle api e di renderle più esposte alle infezioni da Nosema2.
Due anni dopo, a fronte dell’estendersi del ‘Colony Collapse Disorder’ in Inghilterra, l’equipe di Dave Goulson dell’Università di Stirling (UK) pose al centro dell’indagine gli effetti neurotossici dell’Imidacloprid, correlandoli alla perdita dell’85% nel numero di api regine, ed all’incapacità delle operaie di ritrovare le arnie di ritorno dai viaggi di raccolta del cibo3.
L’azione neurotossica dell’Imidacloprid spiega molto sull’abbandono degli alveari.
Le api smarriscono la strada perché l’insetticida le priva della memoria, lede la loro capacità visiva, e l’acquisizione sfalsata delle immagini facilita la perdita dell’orientamento.
Lede inoltre il loro senso dell’olfatto, fondamentale per il riconoscimento del saccarosio e l’approvvigionamento del cibo4.
Dall’olfatto dipende anche la comunicazione fra gli insetti che avviene per via chimica, attraverso i feromoni. E quando le api non comunicano, le funzioni comunitarie cominciano a degradarsi: le api regine morenti non vengono sostituite, il cibo non arriva più all’alveare che a poco a poco collassa5.
L’Imidacloprid colpisce le api in ciò che hanno di più caro: il ritorno alla loro comunità di appartenenza, le loro capacità relazionali, le loro funzioni sociali.
Oltre all’Apis mellifera, l’Imidacloprid non risparmia altri impollinatori come bombi e farfalle.
Come per le api, gli sciami dei bombi esposti hanno dimostrato una crescita molto inferiore al normale, una drastica riduzione delle nascite di regine, una ridotta capacità di procurare il cibo6.
Per quanto riguarda i lepidotteri, gli effetti letali sono stati verificati sugli adulti di Coleomegilla maculata, Harmonia axyridis, e Hippodamia convergens, e sulle larve di Monarca, Danaus plexippus, Vanessa cardui7.
Ormai sono innumerevoli le ricerche sulla nocività dell’ Imidacloprid.
L’European Food Safety Autority ne ha analizzate 700 sull’esposizione delle api mellifere, api solitarie e bombi ai residui contenuti nel polline, nel nettare, nell’acqua e nella polvere che si disperde durante la semina di semi trattati, confermando in un rapporto del febbraio di quest’anno i rischi per tutti gli insetti considerati8.
Sulla base del Rapporto EFSA, la Commissione Europea, che già aveva deciso una moratoria nel 2013, ha disposto il divieto di utilizzare in campo aperto tre nicotinoidi, fra cui l’Imidacloprid, dalla fine del 20189.
Risulta bizzarro che il Ministero delle Politiche Agricole e la Regione Puglia dispongano l’uso massivo del pesticida proprio mentre l’Europa lo mette al bando.
Che sia per finire le scorte prima che sopraggiunga il divieto ?
O forse le nostre autorità guardano già ‘oltre’, verso l’avvento di un salto tecnologico che permetta, in un futuro non troppo lontano, di poter fare a meno di insetti così inadeguati a relazionarsi con le meraviglie della chimica?
In molti si sono già attrezzati per ‘il salto’:
Droni impollinatori vengono già commercializzati dalla Aermatica 3D, e l’anno scorso i Giapponesi dell’Aist di Tsukuba ne hanno brevettato uno piccolo come un colibrì.
Wallmart ha presentato un brevetto per api robotizzate autonome, un drone più avanzato dotato sensori e telecamere per rilevare la localizzazione delle coltivazioni.
Ma il progetto più inquietante, tenuto a battesimo dalla US Defense Advanced Research Projects Agency e attualmente in via di sviluppo da parte di un team della Harvard University, è sicuramente il RoboBee, un robot volante di 3 cm con sensori di visione, utilizzabile per l’impollinazione artificiale ma anche per fini di sorveglianza.
Lo scenario profetizzato da Hated in the Nation non è poi così irrealistico.
Come non è poi tanto irrealistico prevedere che droni e robot impollinatori siano destinati alle coltivazioni dell’agroindustria, e non alle migliaia di piante spontanee la cui sopravvivenza non genera profitto.
Mi chiedo poi se debba considerarsi irrealistica la sostituzione con droni e robot anche degli uccelli, delle lucertole10, degli anfibi11, e di tutti gli animali che subiscono la contaminazione da Imidacloprid.
Fra questi gli uccelli sono colpiti in maniera particolare, visto che l’insetticida entra nella loro catena alimentare sia tramite i semi trattati che attraverso insetti contaminati.
Gli effetti dell’esposizione sono stati testati su uccelli migratori granivori, che hanno mostrato un calo significativo delle riserve di grasso e della massa corporea, e la perdita della capacità di orientamento nella migrazione12.
Uno studio olandese ha approfondito le cause del declino della popolazione aviaria insettivora nelle aree dei Paesi Bassi dove è presente una maggiore contaminazione da Imidacloprid nelle acque. L’indagine ha registrato percentuali di diminuzione degli uccelli fino al 3,5% in media ogni anno, non solo a causa dell’alimentazione con insetti contaminati, ma per la penuria di cibo causata dalla forte riduzione del numero degli insetti stessi, uccisi dal pesticida13.
E’ un fenomeno simile a quello osservato oggi in Francia, dove decine di specie aviarie insettivore hanno visto le loro popolazioni ridursi vertiginosamente negli ultimi 15 anni – in alcuni casi di due terzi – a causa della scomparsa degli insetti nelle aree caratterizzate da estese monocolture di grano e mais, pesantemente trattate con pesticidi.
Benoit Fontaine, biologo del Muséum national d’Histoire naturelle e coautore dello studio francese, definisce la situazione catastrofica: “le nostre campagne stanno diventando un vero deserto”14.
Ed è questo forse il modello a cui ci stanno preparando: il deserto.
Il deserto di un’agricoltura senza contadini né braccianti, priva del canto degli uccelli e del volo delle api, dove l’unica vita consentita sia quella brevettabile. (Continua)
Brant Reuber, 21st Century Homestead: Beekeeping, 2015, p. 135. ↩
USDA, Colony Collapse Disorder Progress Report, giugno 2010, pp. 43. ↩
Damian Carrington, Pesticides linked to honeybee decline, The Guardian, 29 marzo 2012. Thomas James, Dave Goulson, The environmental risks of neonicotinoid pesticides: a review of the evidence post 2013, in ‘Environmental Science and Pollution Research’, July 2017, Volume 24, Issue 21, pp 17285–17325. ↩
Alessandro Zanella, Contaminazione ambientale di api da insetticidi neonicotinoidi. approntamento di una metodologia analitica per la sua valutazione su singolo insetto, Tesi di laurea in chimica, Università degli Studi di Padova, anno accademico 2010/11, pp. 12/13. ↩
Mara Andrione, Giorgio Vallortigara, Renzo Antolini, Albrecht Haase, Neonicotinoid-induced impairment of odour coding in the honeybee, Scientific Report, 1 dicembre 2016. ↩
Feltham, Hannah, Park, Kirsty, Goulson, Dave, Field realistic doses of pesticide imidacloprid reduce bumblebee pollen foraging efficiency, in ‘Ecotoxicology’, April 2014, Volume 23, pp 317–323. ↩
Vera Krischik, Mary Rogers, Garima Gupta, Aruna Varshney , Soil-Applied Imidacloprid Translocates to Ornamental Flowers and Reduces Survival of Adult Coleomegilla maculata, Harmonia axyridis, and Hippodamia convergens Lady Beetles, and Larval Danaus plexippus and Vanessa cardui Butterflies, in PLoS One. 2015; 10(3). ↩
European Food Safety Authority, Evaluation of the data on clothianidin, imidacloprid and thiamethoxam for the updated risk assessment to bees for seed treatments and granules in the EU, 1 febbraio 2018. ↩
Dall’Unione Europea stop ai pesticidi killer delle api, National Geographic Italia, 27 aprile 2018. ↩
Anna Cardone, Imidacloprid induces morphological and molecular damages on testis of lizard (Podarcis sicula), Ecotoxicology. 2015, Vol.24, No.1, p.94. ↩
Beyondpesticides, Amphibians. ↩
Margaret L. Eng, Bridget J. M. Stutchbury , Christy A. Morrissey, Imidacloprid and chlorpyrifos insecticides impair migratory ability in a seed-eating songbird, in ‘Scientific Reports’, 9 novembre 2017. ↩
Caspar A. Hallmann,Ruud P. B. Foppen, Chris A. M. van Turnhout, Hans de Kroon, Eelke Jongejans, Declines in insectivorous birds are associated with high neonicotinoid concentrations, Nature 13531, 2014. ↩
Agence France-Presse, ‘Catastrophe’ as France’s bird population collapses due to pesticides, The Guardian, 21 marzo 2018. ↩