Ivano Palmieri (a cura di), EDUCARE ALL’ODIO. L’antisemitismo nazista in tre libri per ragazzi, Cierre edizioni, Verona 2018, pp. 190, € 19,50
[In tempi oscuri come quelli che stiamo vivendo, in cui qualche giornalista può inneggiare ai massacri compiuti a Gaza dall’esercito israeliano lungo la buffer zone (qui)), è bene ricordare come nel corso del ‘900 la propaganda più razzista e intollerante sia spesso passata attraverso la deformazione dell’immaginario delle giovani, se non addirittura giovanissime, generazioni. Con esiti, come ben ci ricordano i lager nazisti, devastanti. Sia per le menti che per i comportamenti dei soggetti esposti a tale tipo di narrazione. Narrazione spesso accompagnata, come ben dimostra il testo curato da Ivano Palmieri, da illustrazioni allo stesso tempo “accattivanti” (per l’uso del colore e per i richiami alla tradizione della letteratura per l’infanzia del primo novecento) ed “agghiaccianti” per il loro esplicito e spietato contenuto.
Una sensazione che oggi si potrebbe provare di fronte a decine di video giochi, spesso in uso delle generazioni più giovani, in cui il nemico è sempre rappresentato come privo di qualsiasi umanità e meritevole, quindi e soltanto, di essere ucciso. Giochi che preludono già alle guerre future e alla formazione di soldati destinato ad uccidere attraverso l’uso dei droni. Lontani e privi di qualsiasi coscienza etica, come in un videogioco appunto.
Riportiamo perciò, qui di seguito, un significativo estratto dallo scritto di Arnaldo Loner, “La brutale rottura di un’armonia”, che introduce la ripubblicazione integrale dei tre testi presi in esame nell’elegante, terribile e interessantissimo volume curato da Palmieri. Soprattutto per tutti coloro che, oltre che alla storia dell’antisemitismo, vogliano interessarsi alla formazione dell’immaginario collettivo in epoca moderna. S.M.]
La produzione nel Terzo Reich dei tre libri illustrati antisemiti oggetto del presente volume e destinati a bambini e ragazzi, pubblicati negli anni dal 1936 al 1940 dall’editore della rivista nazista «Stürmer» Julius Streicher, rappresenta un qualcosa di assolutamente nuovo e sconvolgente.
Naturalmente, come è buona abitudine di ogni dittatura, il nazismo non si era disinteressato dell’infanzia e dei giovani in età scolare anche prima del 1936. La ben oliata macchina propagandistica del ministro Goebbels non poteva certo trascurare il mondo giovanile. Subito dopo l’avvento al potere nel 1933 di Hitler cominciarono ad apparire numerosissimi sillabari e libri di scuola in cui venivano celebrati il nazismo, i suoi gerarchi e la sua ideologia con abbondanza di svastiche, di divise, di adunate e cortei. La figura del Führer era dominante. Veniva rappresentato con disegni e fotografie a colori nei più diversi atteggiamenti, da quello marziale di supremo comandante a quello di padre del popolo, sorridente e tenero nei confronti di bambini adoranti che gli porgevano mazzi di fiori.
Però questo genere di pubblicazioni, abituale e tipico dei regimi totalitari – basta ricordare in proposito i libri di scuola del regime fascista – ha ben poco a che vedere con i libri antisemiti presentati qui. Se i testi scolastici nazisti, pur tra strombazzate di regime, si propongono in fondo di costruire una generazione forte e determinata, obbediente e disciplinata, quello cioè che dovrà essere l’“uomo nuovo” tedesco, i tre libri qui riproposti alzano bruscamente il tiro e vogliono fare di quest’uomo nuovo un persecutore e un assassino, costruendo solide fondamenta di disprezzo e di odio verso gli ebrei intesi come esseri subumani, indegni di esistere, pericolosi se esistono, che non si devono lasciar esistere. Quindi non sta tanto in molte pubblicazioni per bambini e ragazzi che si sono avute sotto il Terzo Reich, pur tronfie e ideologicamente marcate, la vera, brutale rottura con il precedente, armonico mondo dell’illustrazione infantile che ho descritto; ma sta qui, in questi messaggi colmi di ostilità, di intolleranza e di propositi distruttivi.
D’altra parte non dobbiamo nemmeno commettere l’errore di considerare questi tre libri come una parentesi, una semplice deviazione da un ordinato percorso propagandistico, perché non sono certo mancate nel periodo del potere hitleriano un gran numero di pubblicazioni di vario genere con feroce contenuto antisemita, ad iniziare proprio dalla rivista «Der Stürmer» di Streicher. Ma l’antisemitismo diretto ai bambini è qualcosa di più e di peggio. […] Questi tre libri costituiscono una vera e propria scuola dell’odio, dove nulla viene trascurato per colpire il bersaglio con la massima durezza.
Nel Fungo velenoso un intero capitolo viene dedicato al quesito: “Esistono ebrei perbene, ebrei rispettabili?” […] Dalle considerazioni che concernono l’intero popolo ebraico si passa, nelle opere in questione, a una specifica analisi per categorie al fine di rafforzare la tesi generale, e si esaminano gli ebrei per gruppi, per professione; ecco allora che gli avvocati calpestano ogni regola deontologica accordandosi per frodare i loro clienti, i medici molestano le pazienti, i padroni di casa mettono sul lastrico i loro inquilini, torve figure di pervertiti cercano di adescare i bambini. La valutazione generale sul popolo ebraico e la valutazione sui suoi singoli componenti concorrono a determinare il giudizio finale, che è poi il tema di un discorso pubblico di Streicher riportato nel Fungo velenoso: «Die Juden sind unser Unglück», “Gli ebrei sono la nostra disgrazia”. E nei due primi libri viene ripetuta e ribadita come un suggello finale, nel primo libro attraverso un vero e proprio logo con il viso ghignante ebraico e la stella di David, la massima «Senza soluzione della questione ebraica, nessuna salvezza per l’umanità».
Questo lavoro disumano e martellante di calunnia e di denigrazione trova un potente sostegno nelle illustrazioni, di cui viene fatto un uso distorsivo, in particolar modo nei primi due libri. Nel primo, Non ti fidare di una volpe… le immagini sono più scaltre, perché più raffinate: il segno è sottile, i colori brillanti. Nel secondo libro le immagini sono più cupe, le figure più grossolane; nel terzo si riducono a rapidi schizzi velenosi. E poiché le immagini rappresentano uno strumento essenziale nella manipolazione delle menti dei giovani, in tutti e tre i libri l’ebreo si staglia quasi sempre al centro del quadro, con caratteristiche somatiche che devono suscitare disgusto in contrapposizione ai lineamenti piacevoli e regolari di adulti o bambini dai capelli biondi e dagli occhi azzurri. Il suo corpo è grasso e deforme, è il corpo di una persona che non lavora e non combatte, tutta dedita invece a trame e raggiri; un corpo ben diverso da quello del giovane tedesco, fatto per la battaglia e per la vittoria. La postura dell’ebreo, la sua gestualità, il ghigno che gli distorce perennemente il viso esprimono odio per chi non è della sua razza, e sorda volontà di nuocere. Il tedesco deve allora imparare a difendersi da questo essere subumano e cattivo, e giungere prima o poi a spazzarlo via, dalla Germania e da tutto il mondo. I tre libri devono preparare l’humus per questa “nobile” guerra.
Ma l’opera di indottrinamento dei giovani è da attuare anche con la collaborazione dei genitori e degli insegnanti, come emerge dai libri stessi: nel Fungo velenoso una madre insegna al bambino a distinguere gli ebrei dalle persone normali come si fa per distinguere i funghi velenosi da quelli mangerecci e il maestro in classe fa disegnare alla lavagna il naso adunco degli ebrei. Del resto la sinergìa di strumenti di propaganda, soprattutto con parola scritta e illustrata, di attività scolastica e di insegnamento dei genitori era necessaria per formare sin dall’infanzia una generazione pronta a mettere in atto uno spietato programma eliminazionista, che prese come sappiamo forma precisa nella conferenza dei capi nazisti del 21 gennaio 1942 a Wannsee. Ed è di poco prima, pubblicato nel 1940, il terzo di questi tre libri, il Pudelmopsdachelpinscher, che predica lo sterminio con impressionante schiettezza e con estrema brutalità, concludendosi con un appello alla gioventù – si noti bene: non solo tedesca, ma di tutto il mondo – perché partecipi alla battaglia per la liberazione dell’umanità dalla “calamità” ebraica.
[…] Contrariamente al pensiero di alcuni antiquari tedeschi che, nei loro cataloghi di vendita, quando offrono al potenziale acquirente queste opere, scrivono in calce alla descrizione del libro – testuamente – «Può essere dato solo se viene provato l’utilizzo per un lavoro scientifico o per l’allestimento di una raccolta storica di libri per l’infanzia», quasi nel timore di un uso improprio da parte di qualche acquirente, siamo convinti che la pubblicazione di queste opere naziste, praticamente sconosciute nel nostro paese, possa rappresentare ad ogni effetto un importante contributo di conoscenza e venga così a potenziare quell’obbligo di memoria che rappresenta non soltanto un dovere verso chi patì tanta atrocità, ma anche una necessaria difesa contro il risorgere dei fantasmi del passato.