di Sandro Moiso

Giorgio Cesarano, I GIORNI DEL DISSENSO. LA NOTTE DELLE BARRICATE. Diari del Sessantotto, a cura di Neil Novello e con uno scritto di Gianfranco Marelli, Castelvecchi, 2018, pp.218, € 17,50

Giorgio Cesarano (1928-1975) rimane una delle figure centrali, ma anche una delle più rimosse, dell’attività politico-culturale italiana del secondo dopoguerra. Poeta, autore teatrale e televisivo, traduttore e, soprattutto a partire proprio dal 1968, critico del capitalismo e militante dell’ala più radicale espressa dal movimento di contestazione dell’ordine di vita esistente venutosi a costituire in Italia proprio tra il’68 e il ’77.

Contemporaneo e amico di Giovanni Raboni e Franco Fortini, oltre che di altri importanti esponenti del rinnovamento poetico e culturale italiano dei primi anni sessanta, si sarebbe poi allontanato progressivamente da quello stesso ambiente intellettuale per vivere pienamente l’esperienza e il sentimento, come lo avrebbe definito egli stesso, della Rivoluzione.

L’opera appena ripubblicata da Castelvecchi, con la cura attenta e preziosa di Neil Novello, aveva costituito nel 1968 una delle prime testimonianze dirette di un movimento che, in quella primavera e a Milano, stava muovendo i primi passi. Pubblicata da Mondadori nel luglio di quello stesso anno aveva di fatto costituito l’ampliamento di un testo, “Vengo anch’io” direttamente ispirato all’omonima canzone di Enzo Jannacci, pubblicato da Anna Banti sulla rivista “Paragone”.
All’epoca, però, il testo apparve “censurato” dalla casa editrice e mondato della seconda parte che, già all’epoca, l’autore avrebbe voluto pubblicata insieme alla prima (e pubblicata poi nell’autunno di quell’anno su “Nuovi argomenti” con il titolo “La notte del Corriere”), finalmente ripresa in questa nuova edizione che, inoltre, ripristina anche il testo originale del primo diario.

Mentre la prima parte (I giorni del dissenso) è dedicata dall’autore “ai ragazzi dei radiomegafoni”, la seconda (La notte delle barricate) è dedicata “ai ragazzi delle bottiglie”, segnando così una sorta di cambio di passo sia nella narrazione dei fatti che, nella riflessione di Cesarano, sugli eventi che in quella primavera avrebbero contribuito turbinosamente a modificare il panorama politico, sociale e culturale italiano e internazionale.

I tempi sono diversi, ma vicinissimi: è la cronaca dei giorni compresi tra il 25 marzo e il 9 maggio quella contenuta nel “primo diario”, mentre il secondo copre un periodo molto più ristretto rinchiuso tra l’8 e l’11 giugno. Insomma dalle prime manifestazioni studentesche della primavera alla notte dell’assedio al Corriere della sera, con relativi scontri con la polizia, come risposta all’attentato, avvenuto in Germania, contro il leader degli studenti tedeschi Rudy Dutschke.

Così la prima parte riguarda principalmente le riflessioni di un uomo maturo, già quarantenne all’epoca, nei confronti di un movimento ancora imberbe, con forti elementi di novità ma anche di debolezza nell’analisi dell’esistente. Riflessione che vede l’autore pencolare, inizialmente, tra l’accettazione di quella novità rappresentata dagli studenti in piazza e la non comprensione di un discorso immediatamente radicale che sembra voler far piazza pulita delle affermazioni e convinzioni accumulate in anni di militanza nel movimento operaio. Prima nel PCI e come cronista dell’Unità (da cui fu espulso per la sua adesione adolescenziale alla X Mas) e in seguito nelle esperienze di Classe Operaia e della collaborazione con riviste come Aut Aut, Nuovi argomenti e Quaderni piacentini.

Non a caso il testo era preceduto, già nell’edizione originale, da un’affermazione di Mario Savio, leader delle proteste studentesche americane a Berkeley. Un’affermazione tratta da un discorso tenuto ancora per il movimento per la libertà di parola negli anni delle prime lotte per i diritti civili negli Stati Uniti:

“C’è un’ora in cui le operazioni della macchina divengono così odiose, provocano tanto disgusto, che non si può più stare al gioco, che non si può più stare al gioco nemmeno tacitamente. E’ allora che bisogna mettere i nostri corpi sugli ingranaggi e sulle ruote, sulle leve e su tutto l’apparato della macchina per farla fermare. E’ allora che si deve far capire a chi la fa funzionare, a chi ne è il padrone, che se pure noi non siamo liberi impediremo ad ogni costo che la macchina funzioni”

Sì, perché in seguito a quelle riflessioni Cesarano avrebbe deciso di mettersi in gioco come corpo, oltre che come intelletto. Le parole che fungono da incipit per i giorni del dissenso sono, infatti, le seguenti:

“Sono qui, con le ossa rotte (in pratica per modo di dire, anche se alla base c’è il fatto che sono stato bastonato), la schiena e le gambe che mi fanno male, non so più se per le botte o perché non sono più allenato a muovermi violentemente, a correre e a stare tanto tempo in piedi”.1

Ma mettere in gioco il corpo significherà per Cesarano ben più che partecipare alle manifestazioni e agli scontri di piazza. Vorrà dire riflettere sui corpi come veri protagonisti dell’esistenza umana e sulla necessità di una loro liberazione immediata dalle catene del modo di produzione capitalistico e dal suo naturale corollario costituito dal consumo forzato di merci come unico scopo della vita.
E’ un rifiuto totale del mondo che lo/ci circonda, delle sue leggi, della sua economia, della assurda legge della miseria contro la quale sola può levarsi la rabbia degli oppressi. Immediata e rivoluzionaria già sul momento e nelle pagine centrali del testo, solo il poeta potrà esprimere ciò con la sufficiente potenza visionaria:

“…perché il potere gettò la maschera gli oppressi dettero di muso in sciabole fucili e gas il mondo si spaccò visibilmente in due non crederò mai abbastanza in quello che si vede la fame reale o metaforica può restar fame mille anni covar fame e figliare fame ma la collera la rabbia è un virus di fuoco che può in ogni momento non si deve dimenticare che può in ogni momento rovesciare l’asse del mondo”.

Nella Notte delle Barricate la narrazione si fa più corale e l’esperienza collettiva, anche sulle pagine, mentre, allo stesso tempo, la rottura con la tradizione politica del passato diventa evidente nei fatti.
Non solo perché gli atti, non troppo dissimili da quelli di qualsiasi altra rivolta, acquistano nuovi significati, ma anche perché la rottura con i partiti, o meglio ancora con il Partito con la P maiuscola, il PCI, diventa ineludibile come dimostra, fattivamente e simbolicamente, l’episodio del militante del partito comunista che cerca di cacciare i giovani che hanno trovato rifugio in una delle sue sedi per ripararsi dalle cariche della polizia chiamandoli Provocatori!

Si disvelava così che tutti i giochi del movimento operaio istituzionalizzato altro non erano che strumenti per il mantenimento di un ordine basato sulla produzione e sul consumo di massa, ai cui occhi qualsiasi forma di indisciplina e rifiuto delle regole non poteva e non può apparire che come una provocazione, un complotto, un atto terroristico.

Inizia proprio a partire da questi diari il “salto nel vuoto” del poeta. Un salto che lo porterà ad avvicinarsi agli ambienti e alle formulazioni più radicali della critica di quegli anni.
Come specifica Gianfranco Marelli, nella sua concisa postfazione:

“Sicuramente la frequentazione sul finire degli anni ’60 degli ambienti anarchici milanesi e del milieu situazionista francese, oltre agli studi su Rosa Luxemburg, il consiliarismo e «Socialisme ou barbarie» […] segnarono l’orizzonte teorico di Cesarano e lo condussero a praticare una visione politica radicale rispetto a quanto ribolliva all’interno dei “politicissimi amici” con i quali sul piano intellettuale condivideva l’impegno a svecchiare da sinistra PCI e sindacato. In particolare la partecipazione alla Federazione Anarchica Giovanile Italiana con il gruppo milanese La Comune assieme a Eddie Ginosa, un giovane e stimato compagno con il quale si creò un solido legame intellettuale interrotto bruscamente con il suicidio del giovane nell’ottobre del ’71 – il primo di una lunga serie di suicidi che scosse profondamente Cesarano – gli consentì di tracciare una parabola che lo condusse a riconoscersi in un progetto comunitario intriso di venature marxiste, libertarie, situazioniste.
Munito di questi strumenti teorici, cercò la loro attuazione dapprima nelle nascenti organizzazioni spontanee del Movimento milanese come il CUB Pirelli, divenuto nel 1967 il luogo dell’organizzazione autonoma delle lotte operaie e studentesche, per poi essere fra i protagonisti dell’occupazione del palazzo della Triennale e dell’hotel Commercio, due delle più importanti lotte che contraddistinsero l’anima più radicale del ‘68/’69 meneghino, slegata dalle camarille del Movimento Studentesco di Mario Capanna e dei gruppi politici quali Avanguardia Operaia intenti a monopolizzare ideologicamente la contestazione, fino a partecipare alla fondazione di Ludd, un gruppo informale la cui tendenza era l’estremizzazione delle lotte del proletariato spingendolo ad attuare lotte non sindacali, “anti-economiche”, e forme organizzative consiliari e “unitarie” (né partito, né sindacato) per l’immediata realizzazione del comunismo senza passare attraverso una transizione socialista e senza costruzione di un modello o di un progetto positivo da posporre al “tutto e subito” che allora pareva il realizzarsi della rivoluzione nei soggetti protagonisti del Sessantotto”.2

Non solo, attraverso la frequentazione di Jacques Camatte, di cui diverrà collaboratore e amico, Cesarano si farà riscopritore e teorico di quella comunità umana (Gemeinwesen) già presente nell’opera del giovane Marx e poi utilitaristicamente abbandonata dai suoi successivi epigoni, interessati più a far rientrare il movimento operaio e l’azione di classe all’interno delle logiche della politica e della produzione più che alla liberazione dell’umana specie dalle catene dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dell’uomo sull’ambiente e dell’uomo sulla donna.

A partire da quegli anni, bruciando velocemente le tappe di ogni discorso culturale che non fosse anche critica radicale dell’esistente, Cesarano produrrà alcuni dei suoi testi più significativi,3 collaborerà con le riviste Puzz e Provocazione lasciando ancora alle sue spalle, dopo la drammatica morte, una grande quantità di scritti che hanno iniziato ad essere raccolti nelle opere complete edite a cura del Centro di iniziativa Luca Rossi di Milano.4

Attraverso quegli anni e il personale travagliatissimo percorso politico, oltre che tra le pagine dei diari, ci guidano in maniera articolata e profonda sia Neil Novello5 che Gianfranco Marelli, entrambi esperti conoscitori dell’incandescente materia trattata.

Costituita, come si è già detto, da un’esistenza che ha attraversato il Novecento nella convinzione assoluta che «L’uomo non è mai stato ancora». Da una critica della modernità che, a differenza di quella radicale ma conservativa portata avanti da Pasolini, ha cercato di indicare una comunità umana del futuro da opporre alla mortifera globalità capitalistica. Da opere provocatoriamente memorabili in grado di far sognare la fine della preistoria come presente, accendere la speranza nella rivoluzione biologica, varare le ontologie del desiderio e della passione per annientare il senso morto dell’esistenza. Tutto per giungere ad un altro modello di vivere umano.

Ciò potrebbe costituire l’unica vera eredità trasmessaci dai movimenti desideranti e combattivi di un decennio di cui Cesarano fu, per gran parte, testimone e interprete e proprio per questo motivo al curatore Neil Novello e a Gianfranco Marelli, oltre che all’editore, devono andare i ringraziamenti del recensore e dei lettori per quella che è destinata a rimanere fin da ora una delle migliori celebrazioni dei cinquant’anni dal ’68.


  1. pag. 41  

  2. Gianfranco Marelli, Istantanea del Séssantotto [Per una rinascita ontologica del Movimento], op. cit. pp. 213-214  

  3. Giorgio Cesarano- Gianni Collu, Apocalissa e rivoluzione, Dedalo 1973; G. Cesarano, Manuale di sopravvivenza, prima edizione Dedalo 1974 ora Bollati Boringhieri 2000 (con una prefazione e una cronologia della vita e delle opere a cura di Gianfranco Marelli)  

  4. Delle quali è per ora disponibile soltanto il terzo volume: Critica dell’utopia capitale  

  5. Autore, tra l’altro, dell’unica ricerca dedicata interamente all’opera del poeta-militante: Neil Novello, Giorgio Cesarano. L’oracolo senza enigma, Castelvecchi 2017