di Gian Filippo Pizzo
Alla fine degli anni Settanta siamo in pieno boom della narrativa fantasy: sulle orme del Signore degli anelli di J.R.R. Tolkien nel corso degli anni si sono mossi tanti altri, che descrivono mondi fiabeschi con sfarzose dimore, regni o interi mondi dai bellissimi panorami, guerrieri eroici e malvagi stregoni, spade magiche ed esseri immondi, l’eterna lotta tra Bene e Male. Così la geniale trovata di Giuseppe Pedierali di raccontare vicende molto più povere, ambientate nella nebbiosa Val Padana di qualche secolo fa, con protagonisti persone comuni e anche abbastanza scalcinate, alla ricerca non di favolosi tesori ma semplicemente di una fonte di cibo, colpisce per la sua originalità. La trilogia composta da Le città del diluvio (1978), Il tesoro del Bigatto (1980) e La Compagnia della Selva Bella (1983) ottenne grande successo, in particolare Il tesoro del Bigatto vendette un milione di copie ed è anche un long seller, perché ancora oggi è continuamente ristampato e adottato come libro di lettura in numerosissime scuole, anche se a rigore non si tratta esattamente di un romanzo per ragazzi. Il raffronto più immediato che viene è quello con Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry, lettura per tutte le età, con il quale Pederiali condivide l’apparente semplicità di un linguaggio allusivo e pieno di metafore. L’ambientazione nella pianura padana con i suoi acquitrini e le sue brume, il ricorso a leggende popolari del luogo unite all’inventiva dell’autore ne fanno una lettura gradevolissima e perenne, lontana dall’ispirazione dalle leggende nordiche o irlandesi che permeano quasi tutto il fantasy internazionale, dove è più incombente il Fato e l’atmosfera è opprimente (almeno fino allo scioglimento finale).
Ma nello stesso anno esce anche un altro romanzo interessante ai fini della nostra esposizione, ed è per questo che quell’anno può essere considerato quello della nascita dell’heroic fantasy nazionale. Il romanzo in questione è Amazon di Gianluigi Zuddas che, per quanto differente da quello di Pederiali indicava comunque una strada diversa da quella imperante nella narrativa straniera. Se da un lato Zuddas si muove nel solco ormai classico tracciato da William Morris, il cui Il bosco oltre il mondo (The Wood Beyond the World, 1894) è considerato il primo moderno romanzo fantasy della storia, e cioè con l’invenzione di mondi tra il barbarico e il medievaleggiante, molto diverso è il tono che adotta e l’atmosfera che crea, perché rinuncia all’ambientazione fredda e opprimente dei romanzi ispirati alle leggende norrene (compreso Il signore degli anelli) in favore di un ambiente più caldo e solare, cioè mediterraneo. Ne derivano avventure strabilianti e descrizioni di civiltà che non hanno nulla da invidiare a quelle di due maestri in questo campo, Philip José Farmer e Jack Vance, certamente tra gli ispiratori del Nostro. Di particolare importanza la società delle amazzoni descritta in Amazon e precisata nei tre successivi romanzi che completano il ciclo unitamente ad alcuni racconti: Amazzoni del Sud, La stella di Gondwana e Il volo dell’Angelo. Le amazzoni di Zuddas sono sì combattenti e guerriere, vivono in libertà ma organizzate in una società gerarchica di tipo quasi spartano, ma non per questo rinunciano alla loro femminilità, senza peraltro essere femministe: la loro principale caratteristica è di essere rispettose della personalità e del ruolo di tutti e di rivendicare sempre la loro autonomia e dignità.
Due modi diversi di interpretare un genere letterario assurto ai fasti della letteratura mondiale con altre caratteristiche ma qui proposto in maniera originale, tanto da richiamare quello che ne è forse il primo esempio in assoluto e che è indiscutibilmente italiano: l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto (1516), la cui brillantezza si riflette nelle pagine di Pederiali e di Zuddas.
Ma diciamo di più dei nostri due autori. Le città del diluvio di Pederiali è ambientato nell’Alto Medioevo, in epoca di conflitti tra Longobardi e Bizantini, in sette città nella zona paludosa del delta del Po e racconta della lotta tra il re Vitige e il mago Atanarico, convenuti nella città di Saga per un torneo cavalleresco. Il tesoro del Bigatto narra un’avventura precedente di Vitige, coinvolto in una missione segreta organizzata dall’eremita di Bismantova Anselmo per volere di Matilde di Canossa, missione che sarà ostacolata in tutti i modi dal Diavolo. La compagnia della Selva Bella vede un gruppo di sbandati che vivono nella foresta grazie a piccoli espedienti trovarsi invischiati in una vicenda più grande di loro quanto si scopre che uno di essi, Butafogh, è il perfetto sosia di Re Enzo, il figlio di Federico II di Svevia, impegnato nella guerra per rivendicare i possedimenti del padre. I romanzi oltre che avere trame singolari e unitarie, sono ricchi di episodi sia fantastici che divertenti (nel terzo si parla persino della presunta invenzione dei tortellini) che presi a sé colpiscono e restano impressi. La capacità descrittiva di Pederiali è notevole e riesce con il suo linguaggio curato ma anche immediato a far visualizzare al lettore le scene, sia che riguardino persone, essere fantastici o semplici luoghi: l’autore conosceva bene la zona del Panaro, dove era nato, le sue nebbie e i corsi d’acqua, e anche l’intero territorio della Bassa (lo stesso di Guareschi o di Bacchelli), ma a volte le descrizioni sembrano filtrate dai quadri di Brueghel o di Bosch e appaiono ancor di più evocative.
Per quanto riguarda Zuddas, una costante della sua narrativa è quella di mescolare i generi, così nelle sue opere si trovano elementi della cappa e spada e dell’avventura esotica, e la sua fantascienza è contaminata da elementi fantastici mentre nel fantasy troviamo spesso dei marchingegni, delle macchine anacronistiche inserite nell’unico modo possibile, ossia con il ricorso alla magia. Il Ciclo della Amazzoni è situato 10 mila anni fa nel Mare Interno, cioè il Mediterraneo considerato un enorme lago, e racconta principalmente le avventure di Ombra di Lancia e Goccia di Fiamma, due appunto amazzoni che trovandosi in contatto con Stati dalle caratteristiche totalitarie per lo sfruttamento della popolazione usano le loro capacità militari e la loro perspicacia per ripristinare una situazione socialmente più dignitosa. E oltre a queste sequenza di azioni c’è la descrizione dei rapporti umani tra loro e con gli altri: tra loro cameratismo, disciplina, gerarchia ma anche fermezza e a volte brutalità, e amore lesbico; con gli altri comprensione per la sorte delle altre donne, siano popolane o prostitute che principesse o cortigiane, e amore etero. Oltre al ciclo delle amazzoni Zuddas è autore anche di un romanzo che si può definire di science fantasy, Balthis l’avventuriera, ambientato in un futuro lontanissimo in cui l’umanità si è imbarbarita ma restano ancora vestigia del passato tecnologico: protagonista è una simpatica ragazzina che fa la venditrice di rottami e si trova coinvolta in una serie di fantastiche avventure. Ma la sua opera migliore è ancora un’altra, la collaborazione “postuma” con Robert E. Howard, il creatore di un personaggio cardine del fantasy, Conan il barbaro. Prima di inventare questo, Howard aveva creato Solomon Kane, uno spadaccino puritano del xvi secolo in lotta contro il Male, ma alla sua prematura morte aveva lasciato molte storie incompiute, così a Gianfranco de Turris che era in procinto di pubblicare la serie completa dei racconti su Kane venne l’idea di far completare queste storie a Zuddas. Con un risultato veramente eccezionale, perché Zuddas è riuscito a calarsi nel personaggio howardiano ma al contempo a mantenere il suo stile e la sua visione del mondo (per esempio ha inserito dei personaggi femminili, cosa che Howard non avrebbe mai fatto), in un mix riuscitissimo. (Il ciclo venne pubblicato nel 1979 da Fanucci con il titolo Solomon Kane, con la sola attribuzione a Howard, e riproposto in anni successivi dalla Nord con titoli diversi e infine da Coniglio nel 2010).
La prosa “alta” di Pederiali e la sua inventiva, il linguaggio accattivante e l’immaginazione di Zuddas, la grande capacità affabulatoria di entrambi pur nella loro diversità avrebbero dovuto indicare una “via italiana” al fantasy che purtroppo non ha prodotto altre opere dello stesso livello, essendo gli altri scrittori che si cimentano nel campo – a volte anche con grande successo – appiattiti su modelli in fondo estranei alla nostra cultura