di Danilo Arona
Come purtroppo dimostrano le cronache planetarie degli ultimi mesi, l’Apocalisse – circoscritta, individuale o ad amplissimo raggio – giunge sempre più dal cielo. Ne abbiamo più volte parlato su Carmilla citando quel che in codice metaforico in armonia con il titolo della rubrica abbiamo battezzato “Clima Oscuro”. Ma la realtà e la cronaca viaggiano più velocemente delle nostre flemmatiche elucubrazioni: vedere le Keys in TV (un bellissimo e doloroso servizio di Manuela Moreno per RAI2) distrutte e irriconoscibili, quelle Keys che sono in prima istanza un luogo del mito e dell’immaginario per merito di Hemingway e “L’isola di corallo”, suona come una pesante incursione dell’irrazionale in una realtà sempre più frantumata e non riconoscibile come tale. Non si tratta solo di un drastico cambiamento climatico, fenomeno che la coscienza collettiva sembra capire poco o non voler affatto capire. Si tratta di rendersi conto che quanto ci sta arrivando “dal cielo” è ormai fuori scala e, a meno di una inversione di tendenza da tutte le nazioni fortemente condivisa per quel che riguarda le emissioni di gas serra, lo sarà sempre più.
Siccome non sono un climatologo, qui la smetto. Mi occupo in realtà, come posso, degli aspetti “sottili” e metafisici della realtà percepita, per capirci, e quella meno percepita di confine. E, se quanto ci arriva dal cielo è fuori scala anche se si chiama banalmente Irma, ci muoviamo anche su detto confine. Che poi è quella demarcazione che fa esclamare a certi novantenni che sono passati indenni tra le maglie della catastrofe: «Non ho mai visto nulla del genere in novant’anni!» Dobbiamo credere a queste persone, sono nostri padri e nonni.
Il fatto è che, in un grottesco e paradossale rovesciamento culturale, il cielo da molti anni a questa parte si è esteticamente trasformato in un luogo infernale. Prima nelle arti, nella fotografia, poi al cinema e in contemporanea nella realtà. Peraltro non potrebbe essere altrimenti. Ogni biblica apocalisse racconta di fuoco e fiamme provenienti dall’alto come dall’alto sono giunti i fulmini che hanno colpito a Roma la cupola di San Pietro dopo l’annuncio delle dimissioni di Papa Ratzinger nel febbraio 2013 e la statua di Cristo Redentore a Rio De Janeiro nel gennaio 2014, generando l’attesa pletora di interpretazioni dei segni infausti. Ed è nel cielo che l’umanità da decenni vede UFO in mille varianti (comprese quelle legate ai mutamenti estetici delle varie epoche), nubi minacciose mai viste prima, supercelle, occhi di Dio o del Diavolo. Dal cielo cascano asteroidi o frammenti stellari (ancora famosa la meteora del febbraio 2013 caduta in Russia che provocò mille feriti e ripresa da più di un cellulare) e dal Grande Sopra sono giunti, inattesi, gli aerei kamikaze dell’11 settembre 2001. Watch the Skies!, ammoniva un personaggio al telefono nella scena finale de La cosa da un altro mondo e l’esortazione che è pure anche un saggio consiglio dovrebbe funzionare ancora a distanza di 66 anni dal film di Hawks. Sono troppo alti, fuori scala appunto, i conti delle vittime – in Italia ma non solo – ogni volta che piove. Ormai le perturbazioni atlantiche, soprattutto quelle che annunciano i cambiamenti stagionali, sono cataclismi, di solito provocati dallo scontro dell’aria fresca proveniente da nord con quella calda di provenienza africana. Gli effetti sono quasi sempre nocivi tra alluvioni, corsi d’acqua che fuoriescono, trombe d’aria, grandinate e fulmini, il tutto di violenza inaudita com’è successo di recente a Livorno.
Al di là di tutte le considerazioni che qui non competono, ivi compresa l’incuria del territorio e la mano colpevole dell’uomo, è l’aspetto del cielo che si è modificato nel tempo. Un solo esempio perché recente e perché visionato dal sottoscritto che, oltre ad avere 67 anni, è sempre stato sin da piccolo col naso all’insù. Mi riferisco a una gigantesca “nuvola fungo” – la cui foto fa da corollario alla rubrica – apparsa nel cielo sopra Genova il 19 settembre scorso intorno alle 17 e visibile anche nel basso Piemonte dalle 19 in poi. Una visione inconsueta, a suo modo apocalittica e inquietante: oltre le dimensioni assolutamente inusuali della nube, peraltro in contrasto con il cielo sereno che la contornava fatto salvo per una “filiazione” lunga e scura in basso sulla sinistra, colpiva il fatto che all’interno si manifestavano bagliori rossastri, frutto di lampi e fulmini ad alta quota.
Come ha ben raccontato Genova Today, questa la spiegazione rilasciata da Arpal: «La forma, osservata da tutta la costa ligure, ricorda quella di una supercella, ossia la nuvola temporalesca più potente; e anche la durata del fenomeno, che si è sviluppato indicativamente dalle 17 alle 22, è compatibile con tale struttura». Ma la definizione di “supercella” non sembra però essere del tutto adeguata per il curioso e spettacolare fenomeno. Mancano, infatti, quelli che Arpal definisce «ingredienti fondamentali per classificarla al 100% come tale: la rotazione dei venti al suo interno (il cosiddetto mesociclone), la dimensione “contenuta” ad alcuni kmq (più simili a un “embrione” di supercella), l’overshooting top molto limitato (è il risultato della forte corrente ascensionale, il cuore della supercella, la cui spinta è capace di sfondare la barriera della troposfera, ieri intorno agli 8 km di altezza), il calo di pressione al suolo molto limitato (iniziato già in mattinata), l’eco a uncino del radar solo abbozzato (la forma tipica dovuta alla rotazione interna dei venti)». La definizione più calzante, per Arpal, sembra essere dunque “supercella acerba”, e cioè una agglomerato di nubi “acceso” dalle condizioni atmosferiche di contorno, che non è però riuscito a maturare a vera e propria supercella. Dimostrazione, secondo Arpal, dell’estrema difficoltà di previsione della reale portata dei temporali.
Sia come sia, l’impatto visivo di questa strana e suggestiva nube distesa sopra l’Appennino Ligure è stato notevole e, a suo modo, minaccioso. Perché “pulsava” dei colori che sono tipici del fuoco e delle manifestazioni estreme: la foto non rende che una minima giustizia al sinistro e primitivo fascino dell’evento.
Per concludere, limitandoci alla sola cronaca, occorre accennare a chi all’interno del cosiddetto e inverificabile Progetto Blue Beam penserebbe di fare del cielo terrestre una sorta di schermo per supposte manipolazioni e condizionamenti di massa. L’ipotesi viene rilanciata nel dicembre 2009 quando nel cielo notturno della Norvegia compare una grande spirale bluastra che ne precede una analoga che appare in Cina due giorni dopo. La spiegazione ufficiale riportata dai media per la prima e quella di essere stata generata da una serie d test militari di lanci missilistici falliti, il che non con convince affatto l’opinione pubblica. Ovviamente si diffondono le più disparate teorie: UFO, Stargate o varchi dimensionali, apparizioni mistiche e divine. E riprende quota pure la supposta tecnologia del Project Blue Beam, in grado di proiettare immagini olografiche nel cielo, che sarebbe un piano ideato e creato dal Governo Ombra americano (detto la Cabala) con fini e scopi ben precisi sul genere umano. Secondo il convintissimo ufologo Richard Boylan la spirale norvegese altro non è che un ologramma 3-D generato dalla Cabala per un’esercitazione di immissione di false luci nel cielo, in preparazione di una successiva proiezione di immagini di guerra psicologica, come “l’arrivo degli invasori alieni”.
Secondo il giornalista investigativo canadese, Serge Monast “si sarebbe autorizzato il Project Blue Beam come tecnologia olografica usata insieme con altre tecnologie, armi di controllo della mente che utilizzano gli effetti delle onde di radiofrequenza sul cervello. L’insieme di queste tecniche sarebbe capace di proiettare delle immagini nel cielo e di indurre il pensiero collettivo a convincere la gente che stanno vedendo un’invasione aliena o la seconda venuta di Cristo. Il progetto Blue Beam fingerà di essere l’adempimento universale delle vecchie profezie. In linea di principio, userà il cielo come uno schermo, generando le immagini simultanee di un progetto dai satelliti ad ogni parte del pianeta, in ogni lingua, in ogni dialetto, per ogni religione. Nessuna zona sarà esclusa Con l’animazione e gli effetti che sembrano venire dalle profondità dello spazio, i seguaci stupiti di varie dottrine religiose testimonieranno il loro messia, realistico e molto convincente. I vari “salvatori” allora si fonderanno in uno dopo aver chiarito le spiegazioni dei misteri, delle profezie e delle rivelazioni.”
Personalmente non credo a una sola parola del signor Monast, ma non si può negare che il cielo, a qualsiasi latitudine, da molti anni in qua stia facendo vedere “cose” mai viste. Perciò, Watch the Skies!