di Alessandra Daniele
Non importa di che colore sia il gatto, l’importante è che prenda i topi.
– Marco Minniti, a Libero
Quando si tratta di campi di concentramento, come quelli già attivi in Libia e che vengono progettati nel Sahel, non c’è una via di mezzo, una via moderata, una terza via: o sei contrario, o sei complice.
Dei tre schieramenti candidati alla guida dell’Italia, nessuno è contrario.
Il PD di Renzi e Minniti è l’autore dell’accordo con la Libia per sfruttarli, e del piano per moltiplicarli.
La destra di Salvini e Gasparri ne è entusiasta, e vorrebbe che ci venissero deportati anche tutti i migranti che si trovano in Italia.
Il Movimento 5 Stelle di Casaleggio Jr. e Di Maio è stato il primo ad avventarsi contro le ONG che soccorrevano i migranti, e dei lager si preoccupa che possano essere costosi per i contribuenti italiani.
Oltre ad avere esattamente la stessa posizione sulla politica economica, come ha dimostrato il loro patetico pellegrinaggio collettivo a Cernobbio per leccare il culo alle élite finanziarie, tutti e tre i poli che si contendono il governo del paese sono ugualmente complici dello sterminio di massa organizzato in Libia e nel Sahel.
Alle prossime elezioni quindi, mentre la campagna elettorale è monopolizzata dalla propaganda razzista, l’unica scelta effettiva che sarà consentita agli italiani sarà quella fra tre maschere dello stesso Partito Fascista.
Un paese nel quale non c’è alternativa di governo al Partito Fascista è di fatto un regime fascista.
Anche se non lo sembra secondo gli standard cinematografici ai quali i kolossal distopici hollywoodiani ci hanno abituato, facendoci credere che se il nostro paese fosse tornato a essere un regime fascista ce ne saremmo accorti a occhio.
La gente avrebbe cominciato a vestirsi di latex nero. Sarebbero comparsi ovunque striscioni verticali rossi e neri con fantasiosi simboli croceuncinati.
Non è così che funziona.
I segnali da riconoscere ci sono, ma sono altri, e perlopiù sono stati ignorati per vigliaccheria, stupidità, connivenza.
Decine di Giornate della Memoria non sono servite a niente.
Ora però nessuno ha più scuse.
Giornalisti, politici, imprenditori, intellettuali, militari, preti, gente comune.
Nessuno ha più scuse.
Chi non è contrario, è complice.