di Mauro Baldrati
Non sono rappers. Non lo sanno fare, né si intendono di produzione. Sembrano quello che sono: dilettanti autodidatti, alcuni piuttosto geniali, e per questo, forse, hanno successo. Sono i cosiddetti youtubers, giovani artistici che si autoproducono pezzi musicali che poi caricano su youtube e su FB. Probabilmente senza saperlo hanno messo in pratica i due meta-enunciati degli anni Sessanta (Do it!) e Settanta (Do it yourself!). Alcuni di loro, per il misterioso e imprevedibile meccanismo del passaparola, che deflagra in maniera scalena, senza logica pparente, raccolgono migliaia di like e di contatti.
Milioni, addirittura. E’ il caso di Bello FiGo, che ne totalizza più di cinque. Ma chi è? Intorno a questo caso mediatico, già esploso circa un anno fa, alcuni hanno parlato di “fenomeno”. In effetti il livello della sua operazione è decisamente più alto di quello dei suoi “colleghi”, che spesso si riducono a team di adolescenti agitati che tentano di “rappare” con risultati abbastanza imbarazzanti. Stiamo parlando di un ragazzo del Ghana di 21 anni, Paul Yeboah, a Parma da 12 con la famiglia. E’ (era, e lo è tutt’ora) un tipo sveglio, con poche smancerie né scrupoli morali. Un ragazzino che guardava la Tv e, forse coi genitori, finiva per approdare ai programmi di gossip politico, detti “talk show”. Qui, tra il cicaleccio, le finte risse, i telepolitici di professione cavalcano la nuova versione della politica moderna: lo slogan, la predica, l’invettiva, la farsa dell’indignazione. E l’argomento immigrati è sempre stato un formidabile tappabuchi per i media mainstream, quando scarseggiano le storie “forti”: disordini di piazza, atti di terrorismo, tutto il materiale che costituisce la forza motrice per influenzare le masse. Si applica l’antichissimo e sempre efficace gioco della paura seguita da rassicurazione; annunci trionfalistici sulla “crescita” spesso seguiti da smentite della tal agenzia di rating che ci declassa, e allora eccoli di nuovo in video ad “ammettere” che il tutto è “al sotto delle aspettative”, ma “stiamo lavorando e le prospettive sono buone”.
E qui, in questo “teatrino”, gli androidi tele-politici inanellano i loro facili, martellanti slogan, che si insinuano toccando corde emotive e, naturalmente, le eterne paure, di una strisciante guerra tra poveri. Proprio come gli operai precari americani e i disoccupati che si scagliano contro i negri, accusati di essere le cause dei loro guai.
Così, ecco gli italiani ridotti in povertà dalle catene di fallimenti di un sistema predatorio di per sé fallimentare, indignarsi per gli immigrati ospitati negli alberghi, mentre loro sono sfrattati; quelli invece hanno pure lo stipendio, e non devono neanche fare la spesa.
Paul li guardava, li ascoltava, probabilmente si divertiva, magari si arrabbiava, insieme a qualche coetaneo, finché un giorno ha avuto una illuminazione: prendere quegli slogan e quegli aggettivi e, senza alcuna lavorazione, farne oggetto di video musicali. Si è ispirato, – qualche commentatore ha sostenuto – allo stile Swag (sarebbe la nuova tendenza cool), cioè voglia di stile, di soldi, di vestiti eleganti e macchine di lusso.
Nascono così, nell’immaginario (è tutt’ora valida la parola alquanto abusata “narrazione”), i giovanissimi immigrati che “noi non paghiamo affitto”; eccoli affermare che “non faccio opraio” e non si sporcano le mani perché “sono negro”. Sono venuti in Italia su invito di “Mattarella”, e appena sbarcati dai barconi sono andati in “alberghi a 4 stelle”, con annesso stipendio. “Ce l’ha detto anche Matteo Renzi”, per cui “votiamo tutti PD” (cosa probabilmente vera, visto che in uno dei primi video Bello FiGo di fatto invitava a votare Sì al referendum, a modo suo ovviamente: “Vogliamo votar sì al referendum perché Matteo Renzi ci dà la figa bianca”).
A questo punto, una volta ben sistemati in albergo e tutto il resto, ci si occupa degli opzional: “Vogliamo il Wi-Fi”, e anche “fighe bianche da scopare”.
Potrebbe anche essere finita qui, un’operazione di costume, genialoide, amorale, cinica, trollesca quanto basta. Fatto sta che la venuta alla luce di questi video – soprattutto il più famoso, Non Pago Affitto (dicembre 2016), dal quale sono prese quasi tutte le citazioni – ha causato un mezzo putiferio nei media. Gli androidi di tele-politica sono andati, apparentemente, fuori di testa. Una provocazione frontale, arrogante, insostenibile perché reca in sé l’offesa di basarsi sui loro stessi slogan, usati come vanteria.
Un esempio significativo è la leggendaria puntata del dicembre 2016 di Dalla vostra parte, nel quale anche solo ascoltare Belpietro che dice “Qui con me c’è Bello FiGo”, fa morire dal ridere. Una delle capo-androide della destra, Alessandra Mussolini, è furibonda. Ma come si permette costui? Emette urla apparentemente scomposte, gridando tutta la sua indignazione, che è l’indignazione degli italiani in difficoltà, presi ignobilmente in giro da quel soggetto. In realtà è controllata, perché il suo professionismo le impedisce di scendere al livello degli avvinazzati da Bar Sport, con gli insulti pesanti, il turpiloquio ecc. Il suo compito è stimolarli, gli avvinazzati, è sedurli. Per cui, a parte una invocazione a “prenderlo a calci”, appare attenta a non superare il limite. Lui intanto la “dabba”, fa delle facce strambe. C’è anche un gruppo di sfrattati, offesi dalle vanterie di “un deficiente”. E un altro immigrato che lo attacca perché li sputtana tutti.
In realtà Bello FiGo, col suo cazzeggio, il suo “vaffanculismo” non ha voluto causare un bel niente. Solo avere visibilità. Provarci. E gli è andata bene. Continua ancora oggi, anche se con molto meno smalto. Forse il quarto d’ora warholiano è passato.
L’elemento più significativo, ancora attuale, è che la sua irruzione nei media ha portato alla luce il vuoto, il qualunquismo, il populismo di una politica morta, ridotta a slogan, a marketing, a falsificazione della realtà. E ha interessato entrambi gli schieramenti (divisi soprattutto a beneficio dei media, in realtà interscambiabili). La destra fascio-leghista, con la “narrazione” degli immigrati come parassiti, finti profughi imboscati che fruttano gli italiani per bene. E d’un tratto gli salta fuori questo negretto che gliele “canta”: “Nel mio paese in realtà non c’è nessuna guerra, volevo solo farmi una vacanza”. E col cavolo che fa “l’opraio” se può sfangarsela come mantenuto.
In quanto alla “sinistra” (di stampo filogovernativo) vede sbeffeggiato il proprio atteggiamento romantico-pietista-utilitarista, per cui gli immigrati fuggono dalle guerre, dalla fame, ed è nostro dovere accoglierli, perché tra l’altro portano benefici economici, le pensioni, i lavori scomodi e così via.
Si aggiunge la Chiesa, fedele al suo ruolo plurisecolare di assistenza e consolazione dei rifiuti una società classista che riduce in miseria enormi masse di popolazione. La Chiesa non mette in discussione le cause, non sarebbe molto cristiano. Chi ci ha provato, i padri della Teleologia della Liberazione, è stato ridotto al silenzio.
E infine c’è un altro dato interessante. Queste ondate di immigrazione, pur nel binomio contraddittorio accoglienza-respingimento, pietà-odio, sta comunque producendo delle comunità, a volte integrate, a volte no; sta segnando dei territori, creando degli stili, l’abbigliamento, i capelli, i linguaggi.
Allora perché queste comunità non dovrebbero avere il loro eroi, i loro scrittori, i loro giornalisti, la Wi-fi e il loro Maccio Capatonda?