di Isabella Borghese
Kent Haruf, Le nostre anime di notte, trad. di F. Cremonesi, NN Editore, 2017, pp. 172, € 17,00
E’ intriso di tenerezza quest’ultimo romanzo di Kent Haruf, Le nostre anime di notte, pubblicato post mortem dagli amici di NNeditore quando iniziava il 2017. A lungo questa tenerezza, a storia finita di leggere, accompagnerà il lettore, la lettrice, pure con della sana malinconia, e non meno dell’umana amarezza. Haruf, per chi non lo conosce, con la sua sensibilità e la capacità di raccontare le storie entrando dell’animo dei suoi personaggi, questa volta, pur riportandoci ad Holt, in Colorado, ci dona la storia di una relazione tra due persone anziane. Addie Moore, una donna di settant’anni, di corporatura media, con i capelli bianchi, un giorno, “Io mi sento sola” si spiegherà, aveva già deciso di fare una visita a Louis Waters, suo vicino di casa, “Mi chiedevo se ti andrebbe di venire a dormire da me, la notte. E parlare”; chiederà dunque a quest’uomo di condividere la notte nella casa in cui lei vive da quarantaquattro anni.
Addie non pensa al sesso, non ha in testa neanche una relazione nel modo in cui la si può desiderare, immaginare e costruire a vent’anni, a trenta, e a quaranta.
Addie è o si sente una donna sola – è sufficiente il sentirsi per definire uno stato d’animo -; questa solitudine Haruf la rivela nelle prime pagine, prende in considerazione (solo) una compagnia. “Le notti sono la cosa peggiore, non trovi?”, domanda a Louis. (Che la vita sia imprevedibile a qualsiasi età sarà anche questa una rivelazione – ce l’aveva giù narrata Mario Benedetti, in La Tregua questa rivelazione, seppure con una storia differente).
E pure, è ancora lei a parlare: “…se ci fosse qualcuno a letto con me, credo che ricomincerei a dormire bene… Cosa ne pensi?”
“Dammi un po’ di tempo per pensarci”, è la rispsota di Louis. “E se poi russo?”, è una preoccupazione questa, per lui.
Eppure, il giorno dopo Louis la cerca: ecco la loro prima notte insieme.
Addie e Louis non sono due sconosciuti, no. Si conoscono da anni, l’uno dell’altra conoscono i compagni del passato, intraprendono questa condivisione con il timore di essere giudicati dai vicini, di essere visti. Perché, sembrerebbe domandarsi Haruf, due persone anziane non possono volersi bene, condividere l’intimità di uno spazio come la casa? Finire nella bocca dei vicini di casa come stessero facendo cose indicibili? Haruf, a ragione si pone questa domanda, ma con altrettanta ratio “Ho deciso di non badare a quello che pensa la gente. (…) L’ho fatto per troppo tempo… Non voglio più vivere così. Dà l’idea che stiamo facendo qualcosa di sbagliato o scandaloso”, lo scrittore fa dire a Addie.
E’ meraviglioso, delicato, umano il percorso che intraprendono insieme Addie e Louis; è imprevedibile, si accennava prima, perché un giorno, notte dopo notte, si ritroveranno a parlare nel modo in cui dialogano due innamorati quando capiscono di voler fare l’amore. “A te andrebbe?” chiederà Addie. Si affacceranno i guai della vecchiaia, ma non sarà un problema, “Ci riproviamo un’altra volta”, lo rassicura Addie.
Addie e Louis, non è possibile tralasciarlo, sono pure due persone di una certa età ciascuna con la propria storia, un passato che non si può mettere da parte. Addie ha una nipote, e un figlio (uno vivo, di un altro non rivelo nulla). Sarà proprio la figura di questo figlio a ricordare al lettore, alla lettrice, che la libertà di Addie e Louis di vivere sotto la luce del sole la loro storia – che diventerà presto d’amore – non è ben vista da tutti. Men che meno dal figlio di Addie. E sarà la durezza di questo figlio – di fondo nasce dall’incomprensione e da un passato che con forza ha inciso nella vita di questo figlio – è questa durezza mettere in discussione, a incidere nella vita insieme di Addie e Louis. Il lettore, la lettrice accompagneranno i due protagonisti grazie alla sensibilità di Haruf, soffriranno con loro, spereranno fino all’ultimo che a vincere sarà la libertà di potersi amare nell’unico modo in cui i sentimenti stessi invitano Addie e Louis all’amore. (Saremo noi a vincere, con loro?)
Eppure, neanche troppo sottovoce, Haruf è lì solerte a ricordarci che Addie è anche una nonna, che in questa relazione con la sua nipote lei stessa ha una responsabilità, un amore. Sembrerebbe che a un certo punto Addie dovrà scegliere tra Louis o vedere sua nipote. Che arriverà una minaccia. Un out out. Un impedimento. Ma una voce flebile, una notte, è lì a farci sperare per questo amore. “L’unica differenza – dirà questa voce – è che adesso siamo cauti”.
Il desiderio è forte, dopo questa lettura, di aprire subito un altro gioiello di Haruf, o di riaprire la Trilogia, come di ringraziare Fabio Cremonesi per la cura, e per la nota che chiude questo libro. E pure di ringraziare ancora Haruf per averci raccontato la forza dell’amore – senza età. E pure, queste fragili certezze. (Ecco, l’umana amarezza.)