di Sandro Moiso

gerusalemme assediata Eric H. Cline, Gerusalemme assediata. Dall’antica Canaan allo Stato di Israele, Bollati Boringhieri, Torino 2017, pp.422, € 26,00

Karl Marx auspicava che un giorno storia dell’uomo e storia della natura finissero col coincidere, risolvendo così in positivo l’innaturale antagonismo tra specie umana e Natura stessa.
Le continue rivelazioni che giungono dalle ricerche sull’origine dell’uomo o, perlomeno, della specie cui apparteniamo non fanno altro che confermare l’intuizione marxiana dimostrando, già ora, qui e adesso, che la maggior parte della nostra storia ha coinciso con quella naturale. Anche se, immancabilmente, per molti ricercatori e storici la sottile linea di demarcazione costituita dall’esistenza, o meno, di una documentazione scritta continua a differenziare la Storia dalla Preistoria.

Eric H. Cline, docente nel Dipartimento di Lingue e civiltà classiche del Vicino Oriente e Direttore del Capitol Archaelogical Institute presso la George Washington University, ha al suo attivo 30 campagne di scavo in Israele, Egitto, Giordania, Cipro, Grecia, Creta e negli Stati Uniti. La sua professione di studioso e di archeologo lo pone pertanto nella posizione più vicina a quella di una possibile “paleontologia storica” destinata a superare anche i confini di quella storia di “lunga durata” di cui sono stati maestri, in Francia, la cosiddetta Scuola delle Annales, Marc Bloch, Lucien Febvre (entrambi suoi fondatori), Fernand Braudel e Jacques Le Goff.

Mentre la scuola francese, infatti, esercitò i suoi studi soprattutto sulla storia del Medio Evo e sulla transizione dall’Età Moderna all’attuale società contemporanea (o capitalistica), studiando le trasformazioni lente avvenute all’interno delle società nell’ambito dell’economia, delle pratiche quotidiane e dell’immaginario politico e/o religioso, da diversi anni l’archeologo e ricercatore americano si dedica alla ricostruzione di fatti complessi e drammatici, e talvolta decisivi per la sopravvivenza o meno delle antiche civiltà, che coinvolsero società e ambiente nell’Antichità.

Prova ne sia il suo testo più famoso, e più recente, 1177 BC. The Year Civilization Collapsed 1 in cui sono individuate e descritte le molteplici cause di uno dei più impressionanti punti di svolta della Storia. Quando forse il primo “mercato mondiale” formatosi attorno alle civiltà del Vicino Oriente e della Mezzaluna fertile fu travolto dall’arrivo dei cosiddetti “Popoli del mare” e dagli sconvolgimenti di ordine climatico e naturale che si manifestarono in quel periodo.

Anche nei suoi testi precedenti, The Battles of Armageddon. Megiddo and the Jezreel Valley from the Bronze Age to the Nuclear Age (2000)2 e Jerusalem Besieged. From Ancient Canaan to Modern Israel (2004),3 Cline si era spinto molto indietro nel tempo per ricostruire i percorsi storici e mitici che hanno determinato, soprattutto, la complessità, la contraddittorietà e la violenza (ancora attuale) dei conflitti sviluppatisi intono alla “nascita” e alla “storia” dello Stato di Israele.

Nel primo dei due testi si ricostruisce la storia della valle di Jezreel, Esdraelon per la Bibbia, integrata nell’attuale Israele, che ha forse visto il maggior numero di battaglie al mondo. A partire dall’antica città-stato di Megiddo, in una regione abitata fin dal 7000 a.C., ha visto infatti gli imperi scontrarsi per il suo possesso e dominio, almeno dal 2350 a.C., considerata la sua importante posizione strategica posta proprio al crocevia tra i sentieri, più che le strade, che collegavano tra di loro le antiche potenze economiche e militari: Mesopotamia ad Oriente, Egitto verso Sud , Anatolia verso il Settentrione, lasciando lo spazio mediterraneo ad Occidente.

gerusalemme 1 Un territorio, considerate soltanto le testimonianze riportate, teatro di guerre da almeno 4500 anni e di cui Gerusalemme fa parte. Da qui il testo in questione, interamente dedicato alla ricostruzione e alle motivazioni dei 118 conflitti che hanno interessato il suo territorio negli ultimi quattro millenni.
La lotta per il controllo di Gerusalemme e di tutto Israele continua senza tregua ai nostri giorni, perpetuando quattromila anni di scontri nel cuore della terra un tempo chiamata Canaan. Là dove anticamente le armi erano spade di bronzo, lance e asce da guerra, oggi sono diventate granate stordenti, elicotteri da combattimento, autobombe innescate a distanza e giovani uomini e donne suicidi imbottiti di esplosivo. Se da un lato sono cambiati gli individui e i loro armamenti, dall’altro le tensioni e le ambizioni sottostanti sono rimaste immutate. Per Meron Benvenisti, ex-vicesindaco di Gerusalemme, le opposte rivendicazioni ebraiche e musulmane sul Monte del Tempio sono «una bomba a orologeria di proporzioni apocalittiche»4

Il famoso geografo Strabone, vissuto nei secoli a cavallo dell’inizio dell’era cristiana, aveva scritto che Gerusalemme era sorta in un luogo che nessuno poteva invidiare e per il quale “nessuno avrebbe voluto pigliar guerra seriamente […] Infatti il terreno di Gerusalemme è tutto pietroso; e benché nella città si trovi abbondanza d’acqua, il paese all’intorno peraltro è sterile, arido e […] tutto roccioso”.5 Eppure, eppure…quanto si sbagliava!

Dove oggi volano droni israeliani e carri armati Merkava presidiano il territorio circostante, intorno al 1350 a.C. un piccolo monarca di una località che gli Egizi chiamavano Urushalim chiese aiuto al faraone , implorandolo: “Sono una nave in mezzo al mare!”, probabilmente circondato da qualche popolo cananeo. Manifestando così per la prima volta nella Storia conosciuta l’angoscia da accerchiamento di chi di volta in volta si è trovato a rivendicare o difendere la città o, più in generale, il territorio che corrisponde oggi all’attuale Israele.

Il moderno Stato di Israele– che si accinge a festeggiare il suo settantesimo compleanno – è stato definito un’isola circondata e assediata da un mare di forze arabe ostili. Riuscirà a durare quanto il Regno crociato di Gerusalemme? Il futuro del nuovo Stato palestinese, la cui nascita6 fa ancora sentire i suoi postumi dolorosi, è ancora più incerto; i suoi due avamposti nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania possono essere dipinti a loro volta come isole circondate da un mare di forze israeliane sempre più ostili.7

Il primo a conquistare la città, narra la ricostruzione biblica, fu il re Davide, poi sarà la volta di Hazael, re di Aram, seguito da Sennacherib l’assiro, Nabucodonosor il babilonese, Tolomeo, Antioco, i maccabei, Ircano, i parti, Erode, Tito e Adriano. Dopo si aggiungeranno il califfo Umar, gli abbasidi, i fatimidi, i selgiuchidi, i crociati, Saladino, Federico II, gli ottomani e poi gli inglesi del generale Allenby che porteranno in Palestina i primi carri armati. Fino ai conflitti degli ultimi decenni.

Cline ci tiene a ribadire che “per nessun’altra città del pianeta si è combattuto tanto aspramente nel corso della storia. La denominazione di «città della pace» che spesso le viene attribuita è con buona probabilità un errore di traduzione e senza alcun dubbio un termine fuorviante”,8 considerato che “la città è stata completamente distrutta due volte, assediata ventitre volte, attaccata altre cinquanta volte e riconquistata quarantaquattro volte. E’ stata teatro di venti rivolte e innumerevoli tafferugli9

E torna anche a sottolineare, come già aveva fatto Strabone, che “anche ai nostri giorni, il paesaggio che si offre agli occhi di chi guarda a oriente da qualsiasi punto elevato della moderna città di Gerusalemme è quello riarso del deserto di Giudea, con le sue rocce scintillanti di calore. Le vestigia di fauna e flora sepolte nei suoi strati antichi testimoniano che l’ambiente non era molto diverso intorno al 1000 a.C. […] La presenza della sorgente di Gihon e la protezione garantita proprio dalle gole circostanti furono con buona probabilità tra le ragioni principali che, nel corso del III millenio a.C., spinsero i cananei a insediarsi per primi in questo luogo relativamente abbandonato. Di primo acchito, i suoi vantaggi sembrano finire qui. Il sito si trovava a notevole distanza dalle principali rotte commerciali che dall’Egitto a sud conducevano alle regioni dell’Anatolia e della Mesopotamia a nord e a est. Era immerso in un’area per lo più priva di risorse naturali e lontano dai porti marittimi che punteggiavano le coste del Mediterraneo.10

gerusalemme Quindi apparentemente nulla sembrerebbe giustificare l’utilità o le ragioni materiali dei drammatici eventi che l’autore ricostruisce nelle più di quattrocento pagine del testo.
Resta soltanto la presenza austera del Monte del tempio, un’altura chiamata in arabo Haram al-Sharif (Nobile Santuario) che domina sull’abitato circostante. “Su questa altura alberga una grande roccia che […]un tempo si trovava entro le mura del Tempio di re Salomone e più tardi in quello di Erode. Ancora oggi questa enorme pietra ha una presenza imponente sul Monte del Tempio. Riposa infatti sotto il tetto dorato della Cupola della Roccia e costituisce in elemento vitale del terzo sito più sacro del mondo islamico. In base alla tradizione musulmana, il profeta Maometto ascese al cielo proprio da questa roccia. Secondo la tradizione ebraica, invece, si tratta della pietra su cui Abramo offrì il figlio Isacco in sacrificio a Dio, E fu sempre qui che Davide fece collocare la sacra Arca dell’Alleanza, segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo.11

Intorno e su quell’altura hanno finito col depositarsi le rivendicazioni identitarie e nazionali sia della parte ebraica, che rivendica Gerusalemme e tutto il territorio della Palestina in quanto facente parte dell’antica Israele biblica, sia di quella araba e palestinese che, troppo spesso ha separato le rivendicazioni di classe e antimperialiste da una rivendicazione di carattere storico e nazionalistico che affonda anch’essa le sue ragioni nei millenni e nei conflitti trascorsi. Risalendo fino ai popoli che l’avevano abitata e fondata prima dell’avvento di Re Davide.

«I nostri antenati, i cananei e i gebusei», ha dichiarato Yasser Arafat, […] «hanno costruito le città e seminato la terra; hanno edificato la monumentale città di Bir Salim (Gerusalemme)». Il suo fidato consigliere Faysal al-Husaynī non la pensava diversamente. «Innanzitutto», affermò, «sono palestinese. Sono discendente dei gebusei, coloro che vennero prima di re Davide. Questa [Gerusalemme] era una delle più importanti città gebusee nella regione. […] Sì, è la verità. Noi siamo i discendenti dei gebusei»12

Oppure agli imperi che avevano sottomesso e tradotto in schiavitù gli ebrei. Come fece Saddam Hussein che “celebrò la distruzione di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor nel 586 a.C. nonché la sua riconquista da parte del Saladino dalle mani crociate nel 1187 d.C. in quanto precedenti delle sue azioni e intenzioni personali. In Iraq, spettacoli di luci laser, tabelloni e statue raffiguravano Hussein come il moderno successore di quegli antichi guerrieri13
Mentre, dall’altra parte “Theodor Herzl, Max Nordau, Vladimir Žabotinskij e altri sionisti impegnati a fondare l’attuale Stato di Israele evocarono nell’immaginario collettivo le gesta eroiche dei guerrieri maccabei nel 167 a.C. e la rivolta di Bar Kokhba contro le legioni romane del 135 a.C.14

Eppure nel testo curato da Telmo Pievani per una recente mostra tenutasi al MUDEC di Milano,15 intitolata “HOMO SAPIENS. Le nuove storie dell’evoluzione umana”, si afferma chiaramente che “E’ la storia del popolamento umano della Terra: una giovane specie africana si è irradiata ovunque, dando origine a migliaia di popoli diversi. Il nostro passato sembra lontano e dimenticato, sepolto una volta per tutte nel tempo profondo dell’evoluzione, ma in realtà si manifesta ogni giorno nei teatri dei conflitti mondiali più sanguinosi. Il Medio Oriente, il Caucaso, il Sudan, l’Afghanistan, il Corno d’Africa; la coincidenza è sorprendente e rivelatrice, perché tutte queste regioni martoriate sono state i più antichi e maggiori laboratori di diversità umana, culturale e linguistica. Sono stati i più tormentati crocevia del popolamento umano del pianeta”.16

Ecco allora che ci si accorge di come la Storia con la S maiuscola, non abbia fatto altro che rivestire di incrostazioni ideologiche, religiose, in fin dei conti mitiche, un percorso complesso, in cui, probabilmente, una stessa pietra poteva servire ad indicare una fonte d’acqua perenne e un luogo, quindi, sacro per coloro, singoli individui o gruppi più consistenti, che transitavano da lì, stretti tra il mare salato e i deserti orientali. Un luogo che le religioni animistiche potevano condividere, ma che le grandi religioni rivelate e del Libro avrebbero finito col rendere luogo di infiniti massacri ed infinite tragedie in nome di un’unica, mitica verità.17

Il libro di Cline è quindi interessante, utile e, soprattutto, di forte stimolo a superare non solo le barriere del tempo per comprendere il presente, ma anche, e forse involontariamente, a fare opera di disincrostazione di un immaginario talvolta troppo segnato dall’imperativo nazionalista o imperiale, frutto di una società divisa in classi recente, sconosciuta ai nostri antenati, ma che pretende di allungare i propri tentacoli sulle decine di migliaia di anni durante i quali la specie ha potuto farne tranquillamente a meno.

Purtroppo con la fasulla divisione tra Storia e Preistoria, tra natura e storia dell’uomo, abbiamo finito col perdere la memoria profonda della specie. Quella più importante e più vera di quella affidata ai re, agli imperatori, agli stati, ai loro scrivani e ai loro libri portatori di verità “certificate”.
Sotto questo punto di vista, Gerusalemme diventa allora, grazie anche alle pagine di quest’opera, il simbolo del passaggio della società umana dal nomadismo all’agricoltura, dalla condivisone dei beni alla proprietà privata.18 Anche di quell’acqua così sacra un tempo e posta al centro oggi di conflitti sempre più sanguinosi per il suo controllo, soprattutto nei territori che si trovano sotto il controllo sionista.

Passaggi che hanno richiesto la formazione di stati, imperi, ideologie e religioni rivelate che hanno contribuito ad affogare le popolazioni nel sangue e a cancellare la memoria comune dell’animale uomo. In nome di ciò che ancora ci ostiniamo a chiamare “progresso”.


  1. Pubblicato anche qui in Italia, dove è giunto già ad una sesta edizione: Eric H. Cline, 1177 a.C. Il collasso della civiltà, Bollati Boringhieri 2014  

  2. Anch’esso tradotto in Italia come Armageddon. La valle di tutte le battaglie, Bollati Boringhieri 2016  

  3. Il testo qui recensito  

  4. pag. 17  

  5. Strabone, XVI.2.36, Della geografia di Strabone. Libri XVII, volgarizzati da Francesco Ambrosoli, Paolo Andrea Molina, Milano 1835 cit. in Cline, pag. 20  

  6. L’indipendenza dello Stato di Palestina fu proclamata nel 1988 dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, poi sancita dalle Nazioni Unite con la Risoluzione 67/19 dell’Assemblea generale del 29 novembre 2012, mentre Israele non ne riconosce l’esistenza. Lo Stato di Palestina proclama Gerusalemme Est sua capitale anche se Israele controlla tutta la città, ma le Nazioni Unite e tutti gli Stati del mondo non riconoscono l’annessione di Gerusalemme Est a Israele proclamata con la legge israeliana del 1980. Il Parlamento europeo con la Risoluzione 2014/2964 del 17 dicembre 2014 ha votato a favore del riconoscimento dello Stato di Palestina “in linea di principio”  

  7. pag. 23  

  8. pag. 17  

  9. pag. 18  

  10. pp. 18-19  

  11. pp. 20-21  

  12. pag. 29  

  13. pp. 22-23  

  14. pag. 23  

  15. dal 30 settembre 2016 al 26 febbraio 2017  

  16. Telmo Pievani (Testi e consulenza scientifica di), HOMO SAPIENS, Libreria Geografica, Novara 2016 (Prima edizione 2012), pag. 220  

  17. Si consulti sul tema della differenza politica e culturale tra religioni inclusive, politeistiche e orientate al mondo, e religioni esclusive, monoteistiche e negaatrici del mondo, l’ormai classico Jan Assman, La distinzione mosaica, Adelphi 2011  

  18. Prova ne sia la provocatoria affermazione che il Monte del Tempio possa rappresentare “la proprietà immobiliare più contestata sulla faccia della Terra“. Gershom Gorenberg, The End of Days. Fundamentalism and the Struggle for the Temple Mount, Free Press, New York 2000 (cit. pag. 20)