di Alexik
Caro Fausto, caro Iaio.
Ho appena visto un video che vi riguarda: ‘Il sogno di Fausto e Iaio’, di Daniele Biacchessi.
Non posso dire che mi abbia lasciato indifferente, che non mi abbia destato diversi sentimenti e stati d’animo.
Nell’ordine: curiosità, perplessità, stupore… sbigottimento.
La curiosità nasce fin da subito, guardando le bellissime animazioni di Giulio Peranzoni, pura arte che accompagna una narrazione teatrale, recitata da una voce accattivante.
La perplessità, invece, cresce pian piano, ascoltando i contenuti di quella narrazione, riempiti di infiniti dettagli.
Dettagli sull’agguato che vi ha ucciso, dettagli su quanti proiettili vi hanno colpito, e in quali parti del corpo, e sulla posizione in cui siete caduti.
E poi ancora dettagli, sulla tua timidezza, Fausto, e sul tuo modo di vestire, chè ‘andavi in giro sempre pettinato e vestito con garbo, e i genitori degli amici ti consideravano un ragazzo per bene’, mentre tu, Iaio, vestivi come ti pareva, ed eri bravo a suonare la chitarra e avresti voluto andare in India.
Vengo a sapere che amavate i Rolling Stones, e che andavate ancora a giocare nel campetto dell’oratorio, a patto che, diceva il prete, ‘non parlaste di politica ai ragazzi della parrocchia’.
Mi intenerisce pensarvi, ma… scorrono i minuti del video, scorrono i dettagli, ed io non ho ancora capito qual è la chiave di lettura del vostro omicidio.
È colpa mia, è una mia deformazione: voglio sempre capire da subito dove va a parare un discorso.
Devo imparare a fermarmi ad ascoltare.
E allora ascolto una voce concitata che dà la notizia della vostra morte a Radio Popolare, e poi le voci della folla che arriva in via Mancinelli, il luogo dell’agguato.
Finalmente prende la parola uno dei vostri compagni del Leoncavallo a cui è permesso esclamare la frase fatidica: “Poteva capitare a chiunque di noi”. Non parleranno più, per tutto il video, i vostri compagni.
Altri minuti scorrono con la cronaca delle radio di movimento e con la prima versione della polizia – ripresa subito dalla Rai – che parla di ‘regolamento di conti per questioni di droga’. La telefonata della mamma di Fausto smentisce subito questa infamia.
Seguono le immagini dei cortei e dei vostri funerali, fiumi di gente con i pugni chiusi, e le bandiere, e le canzoni degli Stormy Six. Ne sareste rimasti colpiti e commossi anche voi.
Solo che… dov’è l’interpretazione dei fatti?
Un commento da una sede dell’ANPI, dopo mezz’ora di video, sembra abbozzarne una: “Abbiamo scioperato contro la strage di Roma dove uomini della scorta di Moro sono stati uccisi. Scioperiamo anche per l’uccisione di questi due compagni. Sono vittime o no della stessa strategia”.
Pare una frase buttata là, uno dei tanti dettagli. Del resto, che nesso vuoi che ci sia fra il rapimento di Aldo Moro e il vostro assassinio ?
Il video continua con le cronache di Mauro Brutto, giornalista dell’Unità, che si soffermano sulla dinamica dell’agguato, sulle armi usate e sulla tecnica degli assassini, smentendo puntualmente le versioni della questura.
Le sue indagini ricostruiscono il vostro ultimo giorno, minuto per minuto, e finalmente parlano dell’inchiesta sull’eroina che stavate conducendo nel quartiere.
Il video non dice che non si trattava di una vostra iniziativa personale, ma dell’inchiesta dell’autonomia milanese e di alcuni centri sociali – fra cui il Leoncavallo – per contrastare il dilagare dello spaccio, una delle tante forme di guerra contro il movimento.
Il video non dice che l’inchiesta era finalizzata alla costruzione di un dossier, e che i neofascisti che gestivano i traffici di eroina a Milano ne erano allarmati.
Non dice che andavate in giro per il vostro quartiere, il Casoretto, a registrare testimonianze col magnetofono, e che forse vi eravate fatti notare, e che tu, Iaio, ti eri scontrato con gli spacciatori.
Il video, così prolisso sui tanti particolari futili, dedica all’argomento 22 secondi su un ora e 20 della sua durata. Ma pazienza.
In compenso riporta la rivendicazione del vostro omicidio da parte dell’ Esercito Nazionale Rivoluzionario – Brigata Combattente Franco Anselmi, in pratica i NAR. Finalmente accenna ai neofascisti come possibili esecutori dell’agguato.
Forse ci avviciniamo a una lettura dei fatti, dopo la loro puntigliosa elencazione?
Purtroppo no. Con lo strano ‘incidente’ che uccide Mauro Brutto il discorso si chiude bruscamente.
Caro Fausto, caro Iaio, dopo la vostra morte i compagni del movimento assieme a Radio Popolare hanno condotto una approfondita controinchiesta, che indica i mandanti della vostra esecuzione fra “coloro che nella zona Lambrate – Casoretto-Padova dirigevano lo spaccio della droga ed erano collegati a settori della destra terroristica”.
Peccato che il video non vi faccia neanche cenno.
Di eroina e neofascisti non ne parlerà più.
Una finestra sul nulla
Ma allora, qual è la chiave di lettura ? Dopo un po’ capisco, e resto basita.
“Il punto D del decreto di archiviazione dell’omicidio di Fausto e Iaio si intitola ‘La pista di via Monte Nevoso’. Si, perché al numero 8 di via Monte Nevoso c’è un appartamento affittato dalle Brigate Rosse…
Davanti a quell’appartamento, proprio al 1° piano, abita Fausto Tinelli. La finestra della sua camera è a solo sette metri da quella dei brigatisti. Sette metri. Quando tieni le finestre aperte oltre a vedere quello che fanno nell’appartamento di fronte, senti tutto. Le parole delle persone, la televisione accesa, il segnale orario della radio.”
È questa la tesi che viene avvalorata.
Mi riprendo dallo stupore e riascolto con più attenzione. La voce narrante non ‘afferma’ ma fa un’operazione più sottile: suggerisce, induce a pensare che tu Fausto, abbia visto o sentito i brigatisti dalla tua finestra, lontana solo sette metri dalla loro, e a questo sia legata la tua morte.
Mi suona strano. Dubito che i brigatisti usassero appendere la bandiera con la stella a 5 punte sulla balaustra del balcone e si affacciassero alla finestra sfoggiando passamontagna e P38.
Perché, Fausto, avresti dovuto metterti a spiare dalla finestra della gente che, con ogni probabilità, faceva di tutto per passare inosservata?
E poi all’inizio di marzo e nei mesi precedenti le temperature dell’inverno milanese non avrebbero certo invitato a tener le finestre spalancate.
Comunque, la puntigliosità tipica dei nati in Vergine mi impone di andarmela a vedere, Fausto, questa via Monte Nevoso fra il civico 8 (sede dei brigatisti) e il civico 9 (casa tua).
Eccola qua, nella foto scattata sabato scorso da un amico milanese, che ne ha preso le misure.
La foto mostra come la sede stradale ospiti due file di automobili parcheggiate sui due lati. C’è poi una macchina in doppia fila in fondo e un’altra che la supera. Può contenere, in pratica, quattro macchine affiancate a cui vanno sommati i marciapiedi e la distanza fra una automobile e l’altra. In tutto quasi dodici metri, che è anche (centimetro più, centimetro meno) la distanza fra le finestre. Anzi, per la porta finestra del balcone dei brigatisti (nel palazzo giallo sulla sinistra) bisogna aggiungere almeno un metro in più della rientranza.
Perché Biacchessi insiste su ‘sta storia dei sette metri? Solo per suggestionarci sulla credibilità della sua ipotesi?
E’ tutta qui l’accuratezza della sua indagine? Non si è nemmeno disturbato a prendere due misure?
E comunque, invito i lettori a guardare quella foto e ad immaginare di essere in uno di quegli appartamenti, e dire se sembra plausibile (anche tralasciando il traffico di sottofondo) che si possano sentire e capire i discorsi dei dirimpettai. A meno che le risoluzioni delle BR non se le urlassero fra di loro a squarciagola.
Perché allora, insistere su questa versione dei fatti?
Come dicevo, questo video mi ha provocato varie emozioni fra cui una notevole incazzatura. Soprattutto contro me stessa, perché anch’io l’ho finanziato col crowdfunding e ne sono corresponsabile. C’è anche il mio nome nei titoli di coda. Eppure ne avevo visto il trailer e mi sembrava un’operazione lodevole.
Ma è solo un’attenuante generica: potevo informarmi sull’autore e non l’ho fatto. Se mi fossi informata avrei scoperto, per esempio, che Biacchessi è un vero appassionato di dietrologie sul caso Moro.
Che cos’è la dietrologia? Ah, è vero…
Caro Fausto e caro Iaio, voi non potete saperlo. Provo a spiegarvela, a rischio di annoiarvi. Del resto è un argomento che annoia profondamente anche me.
Dietrologie
Nello specifico del caso Moro, la dietrologia è la tendenza, molto cara soprattutto al vecchio PCI ed ai suoi eredi, ad imputare alla Cia e ai servizi segreti deviati la regia del rapimento. Il complotto sarebbe stato ordito per impedire le aperture dello statista democristiano verso l’ipotesi di una partecipazione del PCI alla maggioranza di governo.
Secondo tale tesi le BR sarebbero state infiltrate e telecomandate dai servizi segreti al fine di rapire Moro e farlo accoppare. Una teoria usata dal PCI anche per delegittimare e disconoscere la natura politica di una guerriglia nata alla sua sinistra.
Cinque processi con sentenze passate in giudicato non hanno prodotto nessun riscontro a supporto di questa tesi.
Esimi storici sostengono che il complotto della Cia per far fuori Moro non stia in piedi1.
Ma non c’è niente da fare. Periodicamente dalle apposite Commissioni Parlamentari, dove ogni deputato o senatore può parlare liberamente senza l’obbligo di prova e senza tema di ridicolo, esce qualche nuovo scoop utile a riempire i giornali di titoli allarmistici e a far proliferare l’editoria complottista.
Periodicamente gli scoop si sgonfiano, smontati dai riscontri, dalle testimonianze e dalla logica. Ma vengono prontamente sostituiti da altri: la madre dei ‘misteri’ è sempre incinta.
Vi faccio alcuni esempi. Per anni i dietrologi hanno ricamato, disquisito, pontificato sull’appartenenza ai servizi segreti di un misterioso ‘quarto uomo’ fra i carcerieri di Aldo Moro. Nel 1993 il ‘quarto uomo’ viene identificato in Germano Maccari , un brigatista che con i servizi non c’entra niente. Arrestato e condannato, morirà in carcere.
I dietrologi hanno anche ipotizzato l’appartenenza ai servizi segreti di Mario Moretti, ai vertici delle BR durante il sequestro Moro.
Solo che Moretti si è fatto vari decenni di carcerazione speciale e dorme tuttora in galera. La sua famiglia vive modestamente. Credo che nessun 007 accetterebbe questo genere di ‘pagamento’ dallo Stato, in cambio dei propri servigi.
Un altro tormentone dietrologico riguarda i due presunti agenti dei servizi (uno dei quali mascherato) che sarebbero passati in moto da via Fani sparando su un testimone nel corso del rapimento di Aldo Moro.
E’ un tormentone che arriva fino ai giorni nostri, nonostante che sia ampiamente dimostrato (dal 1998) che da quella moto non ha mai sparato nessuno, e che il guidatore abitava e lavorava lì vicino, e che il passeggero era la sua compagna e non portava nessun passamontagna, e che non c’entravano niente col sequestro2.
Eppure la bufala continua a girare, anche grazie a Biacchessi, che l’ha riproposta come uno dei ‘misteri irrisolti del caso Moro’ in un suo articolo del 2008, dieci anni dopo la sua soluzione.
Biacchessi per l’occasione scriveva: “Nessun investigatore ha mai identificato queste persone. Nessuna conferma è mai giunta dai brigatisti, irriducibili, pentiti o dissociati.”
E non è vero ! I due centauri, Giuseppe Biancucci e Roberta Angelotti, erano stati indicati dal pentito Raimondo Etro ed identificati con verbale dalla digos.
Ma che importa ai dietrologi della realtà ?
Sulla vostra pelle no !
Caro Fausto, caro Iaio, non riesco a farvi una carrellata esaustiva delle panzane che nutrono la misteriologia, sono troppe. Mi limito quindi a quelle che riguardano il vostro assassinio.
La così detta ‘pista di via Monte Nevoso’, a cui il video di Biacchessi fa riferimento, è frutto dell’immaginazione di Luigi Cipriani, ex membro della Commissione Stragi (ora defunto).
Secondo Cipriani l’assalto che vi ha ucciso avrebbe avuto la funzione di segnalare alle BR che il covo di via Monte Nevoso era stato scoperto. Sempre secondo lui il comunicato delle BR successivo al vostro omicidio, dove si dice che siete stati ‘assassinati dai sicari del regime’, sarebbe il segnale che messaggio è stato recepito.
Provo a riepilogare il senso di tale elucubrazione: un gruppo armato neofascista, su commissione dei servizi segreti deviati avrebbe deciso di accollarsi due omicidi di due tizi qualunque nelle vicinanze di via Monte Nevoso per segnalare alle Brigate Rosse che erano state scoperte (!!!). E i brigatisti , dopo ‘aver dato segno di aver capito’ questo messaggio criptico, non avrebbero sbaraccato la sede, ma sarebbero rimasti lì per farsi beccare come coglioni, come effettivamente è avvenuto alcuni mesi dopo. Insomma, un delirio. Un vero delirio.
Caro Fausto, caro Iaio, con notevole imbarazzo, mi tocca ammettere di concordare parzialmente con il decreto di archiviazione riguardante il vostro assassinio.
Un decreto contestato giustamente dai compagni, perché ha messo la parola fine sulle indagini a carico dei neofascisti romani Massimo Carminati, Claudio Bracci e Mario Corsi, i principali sospettati della vostra esecuzione. Nel loro caso, l’archiviazione venne decisa per insufficienza di prove, nonostante la presenza di ‘significativi elementi indiziari’.
Il decreto però ha liquidato anche la così detta ‘pista di via Monte Nevoso’ con queste parole, e non posso che convenirne:
“Come si è detto, il delitto in questione fu commesso il 18.3.1978, ossia due giorni dopo il sequestro dell’on. Moro. Inoltre una delle vittime, il Tinelli, abitava in via Montenevoso 9, nello stabile posto di fronte a quello, contrassegnato dal civico numero 8, in cui era ubicato il noto covo delle Brigate Rosse.
Sulla base di questa coincidenza spazio-temporale si è voluto costruire, ad opera di taluni elementi della Commissione Stragi, ed in particolare dell’On.Luigi Cipriani, un possibile nesso tra il delitto in questione e il sequestro Moro.
Ora, è evidente come non potrebbe reggere la versione in base alla quale Tinelli e Iannnucci sarebbero stati uccisi dalle stesse Brigate Rosse, magari per aver visto i due, o anche uno solo di essi, qualcosa di compromettente legato al suddetto covo.
La rivendicazione del delitto in questione da parte di più forze, tutte della destra eversiva, e le stesse dichiarazioni di esponenti di tali forze nel senso dell’appartenenza di tale delitto alla loro area, finisce per minare alla base la logicità di tale possibile spiegazione. Non si comprenderebbe, infatti, perché gruppi dell’estrema destra avrebbero dovuto accollarsi un delitto di appartenenza ad opposta area terroristico – eversiva.
Ed in effetti nella versione più accreditata di tale possibile nesso tra i due delitti, come del resto propugnata dallo stesso On. Cipriani, il delitto in questione sarebbe stato voluto ed eseguito in termini di “avvertimento” alle Brigate Rosse, e ciò ad opera di forze, i servizi segreti che, scoperta la base terroristica, avrebbero voluto mandare ai terroristi un “segnale”…
Tali possibili nessi, peraltro non sorretti da alcun elemento, sia pur solo indiziario, degno di essere preso in considerazione in questa sede, non spiegherebbero comunque le operate ed illustrate rivendicazioni formali e sostanziali del delitto in questione.”3
Perché Biacchessi dopo tanti anni ci ripropone queste strampalate congetture?
Il suo obiettivo è veramente quello di fare luce sul vostro omicidio, o piuttosto quello di aggiungere un altro tassello alle sue teorie dietrologiche sul caso Moro ?
Caro Fausto, caro Iaio, posso rassegnarmi malvolentieri al fatto che i deliri complottisti riempiano i noiosi pomeriggi degli onorevoli delle commissioni parlamentari o i titoli scandalistici della stampa mainstream.
Ma non sulla pelle di due compagni. Sulla vostra pelle no !
Interessante in proposito l’audizione del 17 giugno 2015 dello storico Marco Clementi presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro. Da notare l’arroganza con cui viene trattato, in particolare dall’onorevole Gero Grassi. ↩
Vedi: L’Honda di via Fani. Un faro nel buio, su Contropiano. La bufala dell’Honda di via Fani viene anche smontata da Gianremo Armeni in Questi fantasmi. Il primo mistero del caso Moro, Tra le righe Libri, 2015. Qui l’intervista all’autore. ↩
Decreto di archiviazione n. 6989/97 R.G.P.M. N. 4958/98 R.G.G.I.P. Tribunale di Milano Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari. ↩