di Sandro Moiso
[Vista l’eccezionalità dei personaggi coinvolti, Carmilla è lieta di poter offrire ai propri lettori un importante scoop su ciò che è esattamente successo nei giorni precedenti l’apertura della mostra di “opere d’arte” nel tunnel geo-gnostico di Chiomonte, oltre che su come sono andate realmente le cose il giorno della sua inaugurazione. D’altra parte dopo aver ipotizzato, su queste stesse pagine, l’utilizzo dell’inutile scavo come possibile deposito di scorie e sostanze radioattive oppure come mausoleo per le salme dei principali esponenti della criminalità organizzata, mai avremmo potuto immaginare che la società patrocinante l’operazione ci offrisse una simile occasione di riflessione sull’utilità dell’opera]
C’era molta agitazione da qualche tempo nel cantiere.
I lavori erano fermi e gli operai erano stati messi in ferie.
Squadre di manutentori andavano e venivano dall’interno del tunnel e anche strani personaggi, uomini e donne, molto trendy nell’abbigliamento continuavano ad entrare ed uscire dal cantiere sbandierando sulla faccia degli agenti e degli alpini lasciapassare di vario gennere e pass giornalistici.
Come al solito, il Capo aveva convocato Di Gennaro.
“Venga, si sieda. Questa volta siamo a cavallo…”
Sorpreso dal tono mellifluo, l’agente scelto si era seduto con un po’ di esitazione.
“ Tranquillo, tranquillo Di Gennaro. Non c’è nulla di drammatico e nessun guaio in vista per lei e i suoi uomini. Piuttosto una bella notizia. Qualcosa che anche questi montanari dovranno apprezzare.”
“Dell’Alta Velocità non se ne fa più nulla?” azzardò l’agente.
“Macché, Di Gennaro…non scherziamo. Quest’opera è il futuro, è una manna, è…è…” ma non trovando altre parole aveva dovuto fare una pausa e riprendere fiato.
“Dimostreremo che è un’opera d’arte. Contemporanea. E per farlo sarà inaugurata una mostra proprio nel tunnel, anzi no, meglio, nella Galleria…come si chiamerà d’ora in poi.”
“Come al solito non comprendo…” iniziò l’agente.
“Certo, è stato tenuto tutto segreto. Nei prossimi giorni inaugureremo il tutto alla presenza di importanti personalità e con il contributo di alcuni dei più affermati critici d’arte. Giovedì, che poi sarà anche il giorno in cui il pubblico potrà visitare per un periodo le opere esposte”.
“E il nostro compito quale sarà?”
“Sorvegliare, ma con gentilezza e cortesia. Soprattutto durante l’inaugurazione. Mi raccomando Di Gennaro: cortesi, gentili, eleganti, informati.”
“Informati dei fatti?”
“Suvvia Di Gennaro, si svegli! Informati sulla storia dell’arte, dei movimenti artistici, dei legami tra arte e territorio, arte ed economia, arte e tecnologia, arte….”
L’elenco andò avanti ancora per il tempo necessario a far venire un gran mal di testa all’agente scelto che uscì dall’ufficio più confuso ed inquieto che mai.
Sarebbe toccato a lui spiegare agli uomini che nei giorni a venire avrebbero dovuto fare un corso accelerato di storia e critica d’arte, vedendosi sciorinare per almeno otto ore al giorno le lezioni tratte dalle trasmissioni televisive di quel critico d’arte dai vistosi papillon.
Quaranta ore di corso in cinque giorni. Volarono bestemmie e insulti e Di Gennaro ebbe le sue difficoltà a calmare gli animi esagitati.
“Minchia, siamo venuti qui per menare, mica per fare i damerini!” urlò il solito Larussa.
Altri cominciarono a battere i tonfa sugli scudi gridando: ”Questa è arte, mica cazzate!”
“Piantatele e ascoltate…questa è un’occasione per riciclare le nostre conoscenze e convincere la gente che il concetto di sbirro è ormai superato. Fatevene una ragione, da questa sera si comincia.”
E gli sventurati risposero: ”Vabbè…”
Cinque giorni possono essere leggeri oppure pesare come montagne.
Quelli furono per la squadra di Di Gennaro come l’Himalaya.
Per prima cosa nessuno capiva un cazzo.
Seconda cosa, per non essere sempre contrari alle forze del disordine, la erre moscia del critico e le sue elucubrazioni avrebbero fatto addormentare anche il più dopato degli atleti delle Olimpiadi o il ciclista più bombato del Tour de France o del Giro d’Italia.
E loro atleti non erano. O per lo meno non nelle specialità olimpiche riconosciute. E ciclisti neppure.
Ma venne il giorno… e che giorno.
Auto di lusso, limousine con scorta e senza scorta riempirono il sagrato…pardon lo spiazzo antistante la Galleria. Ne scesero prelati, politici, giornalisti, presidenti di società italo-francesi, amministratori (non locali), intellettuali finti, mangiapane a tradimento veri, il famoso scrittore che rubava le storie a Omero e che si lamentava del fatto che il nobel fosse stato concesso a Bob Dylan; rappresentanti delle ‘ndrine e delle coop (alcuni dei quali non ricordavano più se erano lì per rappresentare le une o le altre), veline governative e tante signore e signorine diversamente avvenenti con tacchi a spillo poco adatti al terreno del cantiere. Abiti scuri, cravatte sgargianti e cravatte nere, abiti talari e tubini neri.
Sbucarono anche i cameraman di varie emittenti televisive, quelli del catering organizzato per un primo spuntino a base di champagne e tartine prima dell’ingresso nell’artistico tunnel e, naturalmente, i due protagonisti della giornata.
I due famosi critici. Quello ex-biondo con il ciuffo e gli occhiali, un po’ più alto, e l’altro con papillon ed occhiali, pure lui.
Alla vista del secondo la truppa fu percorsa da un fremito. Avevano passato 40 ore a sorbirselo ed ora nel trovarselo davanti, in carne ed ossa, qualcuno portò la mano al tonfa, ma fu fermato dallo sguardo di Di Gennaro.
“Non fate cazzate…o vi rovino” mormorò a denti stretti.
Larussa lasciò perdere il manico del tonfa e fece finta di nulla.
Fortunatamente il primo critico arrivò circondato da un manipolo di ex-soubrettes e pornodive che servirono non poco ad attrarre lo sguardo degli agenti e a placarne l’animo.
Fu lui a precedere il corteo all’interno della Galleria, seguito da tutte le altre personalità. Ignorò praticamente, forse per miopia o forse per intrinseca insignificanza, le opere esposte nel corridoio della Galleria e si diresse a passo deciso verso quella che sembrava essere un’opera monumentale che ne ostruiva la parte finale.
Lì, circondato dalle non più giovani fans, si lanciò in un autentico volo pindarico, come sempre sospeso tra da D’Annunzio e Marinetti.
“Qui siamo di fronte alla potenza dell’arte…”
Il Capo si rivolse a Di Gennaro: “Vada e gli faccia notare che quella è la Talpa e non un’opera d’arte…” “Vado, obbedisco!”
Facendosi largo tra i presenti e i profumi da pubblicità televisiva, l’agente riuscì ad avvicinarsi al famoso critico mormorando al suo orecchio: “Non è un’opera esposta , è la Talpa…”
“Lo so, – rispose l’altro – ma non sono solito occuparmi di scarabocchi, mentre questa macchina rappresenta in pieno la mia concezione dell’arte. Arte che simbolicamente si trasforma nel monumentale fallo meccanico che penetra nelle rocce come tra le carni bianche…”
Un mormorio corse tra i presenti, il rappresentante dell’ex-diocesi di Susa, ormai aggregata a quella torinese, iniziò a dare segni di malessere e smarrimento. Mentre il resto del pubblico sembrava accondiscendere senza comprendere.
“Meglio interromperlo – disse il Capo – o qui finisce in un casino”
Prese quindi sottobraccio il secondo critico e lo portò nuovamente verso la parte adibita ad esposizione. Cercando così di smuovere i presenti e distrarli dai vaneggiamenti del primo.
“…queste rocce odorose di umori naturali, costituiscono il sogno erotico dell’artista, creatore del domani…” ma, per fortuna, ormai soltanto le sue fans stavano ad ascoltarlo, mentre tutti gli altri si erano precipitati ad ascoltare le parole del critico con il farfallino.
Ma lo sguardo di quest’ultimo era stato attratto da una scritta enorme, fatta proprio sul soffitto, a parecchi metri d’altezza.
FUCK THE POLICE! NOTAV VINCERA’!
Prima che il Capo potesse seguire lo sguardo del critico e cogliere il motivo della sua attenzione, questo aveva già iniziato a spiegare.
“Ecco la forza espressiva dell’arte di oggi. Provoca, rovescia i significati…con un formidabile détournement l’Arte prende in giro se stessa e si fa Pop-Art, si fa…”
Fu interrotto dal grido del Capo che lo accompagnava.
“Cosa cazzo è quella scritta! Non è una delle opere esposte ..Di Gennaro, brutto figlio di puttana incapace , venga subito qui!”
Ecco, il Capo era di nuovo andato fuori di testa.
Di Gennaro si fece largo a gomitate tra il pubblico ormai disorientato
“Eccomi! Comandi…”
“Cos’è-chi l’ha fatta-come c’è arrivato a quell’altezza-dov’era lei e dov’erano i suoi quattro coglioni della squadra mentre i NO TAv-Black Bloc-Terroristi valsusini facevano questo?! Come hanno potuto entrare??!!”
“Noi stavamo guardando la Tv, ci stavamo formando…”
“E gli operai non c’erano” aggiunse poi ancora, tutto di un fiato.
L’inaugurazione finì lì, al terzo chilometro del tunnel, che tale era tornato ad essere. Il pubblico, nonostante il caldo e l’umidità, iniziò a defluire velocemente.
Nella calca Larussa approfittò della confusione per far inciampare il critico farfalluto e menargli un gran colpo di tonfa sul groppone, per poi allontanarsi indisturbato e sorridente.
A parte lui, quel giorno gli unici ad essere soddisfatti furono alcuni giovani militanti NoTAV. Nascosti nel bosco vicino insieme a Peter Parker, meglio conosciuto come l’Uomo Ragno.
N.B.
Poiché siamo in tema di comics, il testo è dedicato con tutto il cuore a Paperina che ancora non sa leggere i giornali, non guarda la tv, non usa Internet e si esprime soltanto attraverso la purezza dell’arte. Complimenti!