di Piero Cipriano
La pazzia dimenticata. Questo è il titolo del libro che la giornalista Adriana Pannitteri pubblicò qualche anno fa, edito da L’asino d’oro. Parlava di OPG e di servizi di salute mentale italiani, che, riassume il titolo del libro, si erano dimenticati, in definitiva, che la pazzia esiste. E che, talvolta, può essere pericolosa. Molto pericolosa.
Leggo dalla prefazione al libro: «Esiste una violenza dapprima psichica e poi fisica che scaturisce dalla malattia mentale… in Italia esistono idee pioneristiche su questo punto, ad esempio il concetto fagioliano di pulsione di annullamento… se dovesse, invece, prevalere una visione (non estranea alla riforma Basaglia) che nega la malattia mentale negando anche la violenza che essa può comportare, c’è il rischio che non si vada oltre l’assistenza».
Ecco, siccome oggi [10 ottobre] è la giornata della salute mentale, ieri sera, su Rai uno, lo speciale sulla psichiatria che la Pannitteri ha realizzato, ha proposto questo messaggio. Che in Italia ci sono tante, molte, diverse psichiatrie: c’è la psichiatria dell’assistenza, che funziona a Trieste, dove ancora rimestano sulla bella frase che la libertà è terapeutica, a Milano invece c’è la psichiatria di marca americana, della biologia dei farmaci e dei camici e delle diagnosi e delle statistiche snocciolate come un robottino dal presidente della Società Italiana di Psichiatria, a Brescia la psichiatria nostalgica dell’elettrochoc, che decanta la magnificenza della terapia elettrica, a Roma intervistano una sorta di secondina col camice, che giustifica con nonchalance le porte chiuse del suo Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC) e le telecamere di sorveglianza perché, dice, a Roma non è possibile far scappare i pazienti (come se quelli di Roma fossero più pericolosi degli altri), la contraddice però, sempre a Roma, il primario dell’unico SPDC a porte aperte di tutto il Lazio, che un po’ si loda dicendo che i pazienti devono poter disubbidire, e quindi devono potersi allontanare dal reparto (ok, sono d’accordo, e allora butta le fasce, così vedi come disobbediscono meglio), poi il reportage scende nel sud Italia, passa per Aversa, dove c’è la psichiatria del non abbiamo le risorse e facimm quello che putimme, e si ferma più giù, a Vallo della Lucania, dove il SPDC l’hanno perfino chiuso perché dentro si legava un po’ troppo e, soprattutto, si ammazzava Mastrogiovanni, e perciò questo tipo di psichiatria deve essere condannata, infine si ritorna a Roma, dove c’è un guru che finalmente ci illumina, e trova la sintesi di tutte queste maldestre psichiatrie: si chiama Massimo Fagioli, sua è la psichiatria che studia l’inconscio e fa le messe (nel senso di omelie) collettive dove si analizza quel trentatré per cento della nostra vita che è il sogno, perché è là che c’è l’inconscio, e dove c’è l’inconscio (sia sa) c’è la malattia, e dove c’è la malattia (si sa) si può celare il pericolo. E questa novità sensazionale ce la racconta, con eloquio infacondo, un personaggio davvero improbabile, sconosciuto e incredibile fuori dei confini laziali, un mezzo santone mezzo strizzacervelli, uno che sarebbe divertente raccontare, ma coi mezzi del romanzo, non certo del saggio. Se ne valesse la pena.
Insomma, Rai uno passa da I giardini di Abele di Sergio Zavoli, che pure viene citato nel servizio, con la celebre risposta di Basaglia («Cosa le interessa di più, la malattia o il malato? Il malato, senza dubbio»), a La pazzia dimenticata, di Adriana Pannitteri, e questo è un triste segno dei tempi.
Il messaggio, in sintesi, mi pare: nonostante le buone intenzioni la legge 180 non funziona, troppe psichiatrie, senza capo né coda. Intanto la pazzia è lì, che incombe, e il pericolo, che l’accompagna, quello c’è sempre.
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[L’intervento è stato scritto da Piero Cipriano il 10 ottobre 2016 in occasione della Giornata della salute mentale. Lo speciale Rai uno sulla psichiatria è andato in onda in seconda serata il 9 ottobre 2016 – ght]