di Gioacchino Toni
Raffaella Perna, Pablo Echaurren. Il movimento del ’77 e gli indiani metropolitani, Postmedia Books, Milano, 2016, 112 pagine, € 22.50
Il saggio di Raffaella Perna su Pablo Echaurren si inserisce all’interno di un certo interesse critico che da qualche tempo indaga il rapporto tra arte e politica nell’Italia degli anni Settanta.
Sul finire del 1968 la rivista “Carta Bianca” presenta un numero intitolato “Contestazione estetica e pratica politica”, in cui viene indagato il rapporto tra i fenomeni di contestazione sociale e le nuove direttrici artistiche indirizzate a smaterializzare il feticcio-opera in favore di pratiche di comportamento tese a far coincidere spazio della rappresentazione e spazio del vissuto quotidiano.
Nel corso degli anni Settanta non solo si susseguono diverse esposizioni che riflettono sul rapporto tra produzione artistica ed impegno politico ma anche il ruolo della critica viene messo in discussione. Le prospettive entro cui viene affrontato il rapporto arte/politica nel corso del decennio indagato da Perna sono molteplici: «gli artisti si interrogano sulle relazioni tra linguaggio, potere e ideologia […]; pongono in luce la distorsione dell’informazione e gli effetti del condizionamento mediatico […]; denunciano le disparità di genere e abbracciano il pensiero e la pratica femminista […]; inventano nuovi modelli di socializzazione e riappropriazione dello spazio urbano […]; danno vita a collettivi e spazi autogestiti e anti-istituzionali […]; collaborano con gruppi politici, sino al rifiuto radicale del sistema dell’arte a favore della militanza» (p. 8).
Il saggio qui preso in esame si concentra non tanto sui fenomeni di politicizzazione che toccano il mondo dell’arte e della critica, quanto piuttosto sul «fenomeno di recupero e riuso delle strategie artistiche della prima e della seconda avanguardia da parte dei gruppi antagonisti legati al movimento del ’77» (p. 10). Raffaella Perna si concentra su quel processo di “massificazione dell’avanguardia” che vede il movimento appropriarsi di pratiche proprie delle avanguardie, come il détournement, il collage, l’happening al fine di sottrarsi dai, e contestare i, linguaggi dominanti.
«La sperimentazione artistica fuoriesce dal laboratorio ristretto dell’avanguardia per divenire patrimonio condiviso dalla massa di studenti, giovani lavoratori precari e proletari scolarizzati che compone il movimento. Questo libro intende riflettere su tale fenomeno, concentrandosi in particolare sulla vicenda artistica di Pablo Echaurren colta negli anni tra i 1970 e il 1977: verranno presi in esame i legami dell’artista con la sinistra antagonista e la sua attività militante, che si traducono in centinaia di immagini e illustrazioni – spesso presentati in forma anonima e collettiva – su quotidiani, riviste e volantini legati al movimento del ’77» (p. 10).
Dopo una prima fase (1970-1976) contraddistinta da esposizioni in gallerie e musei, a partire dal 1977 Echaurren, convinto che l’arte debba essere un mezzo e non un fine, abbandona il circuito artistico preferendo mettere la sua creatività al servizio dei movimenti antagonisti. I primi rapporti tra l’artista e l’ambito politico del movimento si danno ben prima dell’abbandono del circuito artistico ufficiale; risalgono al 1973 le prime illustrazioni per “Lotta Continua” ed al 1976 le tante copertine realizzate soprattutto per l’editore Savelli.
Tra le tante esperienze editoriali che hanno voluto e saputo coniugare le istanze politiche rivoluzionarie con il rinnovamento dei linguaggi, Perna, tra le altre, cita: “A/traverso”, “Zut”, “Oask?!”, “Abat/jour”, “Wow”, “Viola”, L’occulto”, “Il complotto di Zurgo”. In particolare l’esperienza bolognese di “A/traverso” (dal 1975) può essere indicata come come modello di ispirazione poi ripreso da tante altre testate.
Il rinnovamento comunicativo proposto attraverso il collage, la commistione tra scritte a stampa ed a mano, i giochi di parole ecc., utilizzati da “A/traverso”, sembrano derivare dalla rielaborazione delle avanguardie e dalle neoavanguardie artistiche, dal Dada al Surrealismo, dall’Internazionale Situazionista al Gruppo 63. A differenza di quanto accadde per le avanguardie storiche di inizio Novecento, il linguaggio del movimento del ’77 proviene realmente “dal basso”, dall’interno della società, almeno di una sua parte, in fermento, e pertanto risulta comprensibile anche a chi non è necessariamente colto.
É in tale contesto di massificazione dell’avanguardia che Maurizio Calvesi, da una prospettiva storico-artistica, sviluppa il concetto di Avanguardia di massa (1978) avventurandosi nella messa in relazione dell’apertura del Centre George Pompidou a Parigi (esempio di nuovo consumismo culturale) e la comparsa degli indiani metropolitani (modalità di consumo da intendersi come distruzione permanente), come due aspetti complementari di massificazione della cultura.
Se il rapporto tra movimento ed avanguardie storiche è stato rilevato prontamente dalla critica (ad esempio da Umberto Eco), il legame con l’Internazionale Situazionista, sostiene Perna, non è stato colto immediatamente. «Anche l’idea del “superamento dell’arte”, concepito da Debord come il fine ultimo dell’esperienza delle avanguardie, viene riassorbito dall’ala creativa del movimento del ’77. In tale contesto si inquadra la storia di Pablo Echaurren: in questo momento, infatti, egli abbandona il sistema artistico ufficiale, rifiutando i concetti di originalità e i valori connessi all’autorialità a favore di una pratica artistica collettiva, che si fonde con e si discioglie nella militanza politica» (p. 33).
A partire dal 1970 la poetica Echaurren, sicuramente influenzata dall’amicizia con Gianfranco Baruchello, è caratterizzata da opere “impaginate a quadratini” ove si alternano piccole immagini dal sapore fiabesco di stampo fumettistico. Alla particolare composizione di tali opere, che determina una fruizione frammentata e discontinua, si aggiungono titolazioni stranianti in quanto spesso non immediatamente riconducibili alle immagini.
Il 1973 segna l’inizio della collaborazione di Echaurren con la Galleria Schwarz di Milano ed a tale periodo risalgono anche i primi simboli politici inseriti nelle opere in maniera volutamente scanzonata. «Echaurren crea uno spazio frammentario, in cui le singole immagini assumono il ruolo di tasselli di un puzzle, combinandosi tra loro sena un ordine gerarchico. L’artista usa infatti un montaggio paratattico, creando un campionario di simboli politici in cui tutte le immagini hanno lo stesso peso specifico, senza che una prevalga sull’altra» (p. 40).
Anche le illustrazioni realizzate tra il 1973 ed il 1974 per il quotidiano “Lotta Continua” ripropongono la struttura a quadratini (in tale periodo il soggetto delle immagini tendono a riferirsi al contenuto dell’articolo) collocata il più delle volte in maniera orizzontale a fondo pagina. Rispetto alle opere che ancora realizza per musei e gallerie, sottolinea Perna, le immagini realizzate per il quotidiano risultano semplificate e più didascaliche.
L’impaginazione a quadratini torna pure nelle copertine realizzate, a partire dal 1976, per diversi editori. A tal proposito Perna cita, ad esempio, la copertina per il libro di Nanni Balestrini, La violenza illustrata (Einaudi, 1976). Nel corso dello stesso anno, Balestrini “ricambia il favore” scrivendo il testo per la personale di Echaurren alla Galleria Valsecchi di Milano.
Sempre nel 1976 inizia anche la collaborazione tra l’artista e l’editore Svelli per il quale realizza numerose copertine come, ad esempio, Porci con le ali. Diario sessuo-politico di due adolescenti, in cui si alternano simboli politici a particolari anatomici femminili. Nei riquadri della copertina compare anche la figura del “maiale alato” che, secondo Claudia Salaris, “ben sintetizza la condizione della sinistra giovanile di quel tempo, sospesa tra utopia e libido”. Una versione del maiale alato disegnata nel 1977 viene utilizzata nelle locandine del film Porci con le ali di Paolo Pietrangeli.
Il 1977 segna per Echaurren, come detto, l’abbandono del mondo dell’arte e l’inizio di un lavoro stabile per la redazione di “Lotta Continua”. A questo periodo risale il suo legame con il variegato mondo degli indiani metropolitani e l’iconografia dei nativi americani non manca di comparire su numerose sue produzioni grafiche alternando immagini in cui inserisce slogan politici del movimento a citazioni derivate dalla storia dell’arte. Perna segnala come Echaurren non manchi né di prendere le distanze dalla dilagante rappresentazione stereotipata dell’indianità, né di mettere in guardia il movimento degli indiani metropolitani dal rischio di un suo riassorbimento come fenomeno di moda da parte del sistema.
Se le illustrazioni realizzate nel 1973 per “Lotta Continua” mirano ad una lettura immediata, anche perché spesso risultano riferite al contenuto dell’articolo, la nuova stagione presenta un cambio di poetica; ora le immagini tendono a liberarsi dai dettami contenutistici degli articoli dando vita ad un mondo di mostriciattoli, animaletti e figure ibride dal sapore surrealista. «Il carattere ironico e scanzonato di queste immagini assume forme e toni più sofisticati e stranianti in alcune illustrazioni in cui l’artista associa le immagini del fumetto a testi legati alle sperimentazioni d’avanguardia» (p. 58).
La commistione tra “alto” e “basso” presente nelle sue illustrazioni ben «si coniuga all’uso del falso e del détournement nella rubrica “Dietro lo specchio”, realizzata in coppia con Gabbiadelli, pubblicata su “Lotta Continua” tra il 15 luglio e il 2 agosto del 1977. Il titolo richiama l’idea del “linguaggio al di là dello specchio” espressa da “A/traverso” nell’articolo Informazioni false che producono eventi veri (febbraio 1977), in cui il collettivo bolognese sosteneva la necessità di appropriarsi dei modelli di comunicazione degli organi di potere per sovvertirli dall’interno, senza limitarsi, come aveva fatto sin lì la controinformazione, a smascherare la faziosità della stampa ufficiale» (p. 59).
In tale contesto, il ricorso al falso ed al sabotaggio diventa centrale nella poetica di Echaurren, come risulta evidente nelle riviste e sui fogli con cui collabora. Perna cita in particolare la collaborazione dell’artista con “Oask?!”, giornale legato al mondo degli indiani metropolitani romani, caratterizzato da un collage di testi che alternano scrittura a macchina ed a mano e risultano impaginati in maniera discontinua e zigzagante.
Come detto, Echaurren ed il movimento del ’77 attingono a piene mani dalle fenomeno Dada e, in particolare, l’artista concentra la sua attenzione sull’opera di Marcel Duchamp a cui viene introdotto dal padre (Roberto Sebastian Matta), dall’amico Gianfranco Baruchello e da Schwarz. L’artista realizza nel 1977 una serie di disegni e dipinti su carta in cui riprende Duchamp «deviandone il senso attraverso l’uso di slogan e nonsense desunti dal linguaggio “metropolitano”.
Echaurren recupera gli aspetti di trasformazione del linguaggio […] e lo humour propri dell’opera di Duchamp, rielaborandoli alla luce delle idee e delle istanze espresse dalla contestazione politica» (p. 78).
Dunque, secondo Perna, «Duchamp diventa la fonte principale alla quale attingono Echaurren e più in generale il movimento […] non solo perché Duchamp ha messo in discussione l’ordine del linguaggio, ma anche perché si è sottratto alle logiche di valorizzazione economica dell’opera e, coerentemente con la lettura di Maurizio Lazzarato, ha concepito il “rifiuto del lavoro” (anche artistico) e l’azione oziosa come strade che aprono nuove possibilità di senso, capaci di produrre altre soggettività e modi diversi di “abitare il tempo”.
Per Echaurren l’esempio di Duchamp deve essere recuperato in chiave anticapitalista per far sì che l’arte si dispieghi nell’esistenza quotidiana, e che all’idea di opera come invenzione e produzione individuali subentri il concetto di creatività diffusa e collettiva» (p. 78).
Nel saggio è inserito anche lo scritto di Pablo Echaurren “Dov’è Oask?!…” tratto da AA.VV. (a cura di), Lingue & Linguaggi. Gli indiani metropolitani. Storie, documenti, testi, immagini (Derive Approdi, 1997).