di Luca Cangianti

mamma_vampira_gestalticaMassimo Zanichelli, Fino all’ultima goccia. Tutto il cinema dei vampiri da Dracula a True Blood, Mimesis, 2014, pp. 366, € 28,00.

Il Dracula di Bram Stoker è il capostipite di una lunga e ramificata progenie perché ha una trama e dei personaggi altamente polisemici. Ciò si vede bene nelle trasposizioni cinematografiche analizzate nel volume Fino all’ultima goccia di Massimo Zanichelli.
I personaggi del romanzo di Stoker hanno la perfezione modellistica di un buon manuale di sceneggiatura: Jonathan Harker è l’eroe esitante tra realtà quotidiana e fantastica; il vampiro è l’antagonista, l’Id animalesco che minaccia di contaminare l’intera umanità; Abraham Van Helsing, il metafisico olandese che conosce i segreti del Male, è il Super-Io, il mentore; John Seward, il direttore del manicomio, è la personificazione della scienza positivista, l’alleato dell’eroe; Renfield, il paziente del dottor Seward, è l’alleato dell’antagonista; Lucy Westenra e Mina Murray sono il campo di contesa tra il vampiro, che le ha morse, e i suoi avversari. Insomma si tratta di personaggi così archetipici che non rischiano l’obsolescenza. La trama inoltre disegna un cerchio che si chiude nei luoghi dove la storia era cominciata. Come in un road movie il protagonista torna a casa, ma l’avventura l’ha profondamente cambiato.

fino_all_ultima__545157d7155e8Il tema del vampiro come Altro, come straniero che minaccia la comunità, è presente fin dagli albori del cinema con il Nosferatu di Murnau (1922) e con i film della Universal e della Hammer – case produttrici che legano la figura di Dracula prima a Bela Lugosi e poi a Christopher Lee. Quest’ultimo, nel Dracula diretto da Tod Browning nel 1958, esalta il lato erotico, ancestrale ed eversivo del vampirismo che minaccia l’ipocrita ordine familiare borghese. Negli anni settanta del secolo scorso, inoltre, si moltiplicano le reincarnazioni filmiche della vampira Carmilla di Sheridan Le Fanu e le non sempre riuscite versioni soft-porno sulla scia di Vampyros Lesbos (1972) di Jesús Franco – un cult di cui va sicuramente ricordata la colonna sonora jazz-psicadelica, l’ambientazione diurna e orientaleggiante. Come spiega Zanichelli, la vampira contrasta “l’immagine rassicurante della donna come ‘angelo del focolare’, come moglie fedele e devota, come donna-madre protettiva e risparmiatrice. La vampira è invece figura trasgressiva, dissipatrice e letale che si oppone alla figura più tradizionale della donna come oggetto erotico e vittima sacrificale: una femme fatale che usa la seduzione erotica per attirare a sé l’uomo, piegandolo al proprio volere e bevendone l’indispensabile e amato sangue, che le assicura la sopravvivenza, per condurlo infine alla rovina.”
Nutrirsi del sangue altrui rimanda immediatamente al concetto di sfruttamento. Nei film più fedeli al libro di Stoker tale pratica è associata per lo più a rapporti di produzione precapitalistici in cui il tributo ematico è dovuto dal contadino al signore feudale. Karl Marx, invece, riprese il parallelismo tra vampirismo e capitalismo della pubblicistica operaia ottocentesca inserendo nel cuore della struttura logica del Capitale la metafora del non morto che si nutre dell’energia vitale del lavoratore.1 Da questo punto di vista è comprensibile che con l’esplosione del conflitto sociale degli anni sessanta e dei primi settanta alcuni registi abbiano riscoperto la consonanza non puramente allegorica tra estrazione di sangue e quella di plusvalore. Corrado Farina, scomparso lo scorso luglio, è autore di una pellicola ricca di spunti, anche se girata con un budget molto ridotto: …hanno cambiato faccia (1971). Il vampiro (Adolfo Celi) è un grande industriale, intorno al suo maniero si aggirano non lupi, ma Fiat 500, Lucy si chiama Laura e il “contagio” la trasforma da hippy in segretaria d’azienda. Prima dei titoli di coda sullo schermo appare una citazione di Marcuse: “Il terrore, oggi, si chiama tecnologia.” Lo stesso tema è trasposto da Lucio Fulci in chiave di commedia satirica. In Dracula in Brianza (1975) un industrialotto di origine siciliana (Lando Buzzanca), divenuto vampiro, incorre in molte disavventure pecorecce, ma alla fine riesce a procacciarsi stabile nutrimento trasformando i suoi operai in donatori volontari e regolarmente retribuiti. I tempi sono cambiati e la spinta rivoluzionaria del 1968-69 è stata incanalata in un compromesso storico tra capitale e lavoro salariato, che in questo caso è giustamente definito “sanguigno”.
Feconda metafora delle disuguaglianze sociali, oltre al genere e alla classe, il vampiro non poteva mancare l’appuntamento con la razza e dunque con il filone cinematografico a basso costo rivolto al mercato afroamericano degli anni settanta: la blackexploitation. La pellicola di riferimento è Blacula (1972) di William Crain e il protagonista è un principe africano Mumuwalde che s’incontra con Dracula in Transilvania per protestare contro il traffico di schiavi. Trasformato in vampiro si risveglia nel XX secolo seminando il terrore a Los Angeles.

Con gli anni novanta i vampiri abbandonano la propria natura solitaria, iniziando a vivere in piccoli gruppi che sfruttano l’incredulità degli umani per nutrirsi e proliferare (Dal tramonto all’alba, Vampires, Il diario del vampiro). Poi con il nuovo millennio esplodono le saghe di Buffy, di Twilight e più recentemente di True Blood. Il vampiro diventa un prodotto seriale, glamour, hollywoodiano, i suoi poteri sono amplificati fino a farne una sorta di supereroe per teen-ager. Come afferma Alice Cucchetti, autrice del capitolo dedicato alle serie, “il vampiro si muove su opposizioni binarie: vita/ morte, luce/tenebre, bene/male e innocenza/lussuria. È un’entità ibrida e multiforme, che estende uno stato di transizione fino all’immortalità. La metafora dell’adolescenza (periodo che coniuga sensazioni d’invincibilità e di costruzione del sé) si applica in maniera calzante”.
Alan Ball, ideatore per HBO della serie True Blood, ricupera il tema dell’alterità vampirica coniugandola con il dibattito contemporaneo sulla diversità: grazie all’invenzione di un sangue artificiale, i vampiri possono fare coming out e rivendicare pari cittadinanza nella comunità umana, ma non mancano le resistenze alla nuova convivenza in nome di un reazionario suprematismo umano che predica l’impalamento di ogni vampiro. “Il cuore della serie – sempre secondo Cucchetti – risiede in una problematizzazione della realtà che non consente di separare facilmente vittime e carnefici, per cui spesso i vampiri si trasformano da cacciatori in prede. La reciproca (tossico)dipendenza dal sangue fa da specchio a un’irrinunciabile interdipendenza sociale, esplicitata nel finale della sesta stagione, quando mortali e non-morti sono costretti a stringere un’alleanza di vicendevole sostentamento per fronteggiare un nemico comune.”

Fino all’ultima goccia ripercorre il filo cronologico dei film di vampiri offrendo sia informazioni tecniche che una ricca e divertente aneddotica. Può esser sfogliato come una guida alla visione o letto per intero saggiando la forza narrativa ed euristica di una figura fantastica capace di mettere in luce il rimosso di violenza, disuguaglianza e sfruttamento nel quale viviamo quotidianamente.


  1. Cfr. Carmilla del 29.7.2014 

Tagged with →