di Alessandra Daniele
Barack Obama aveva promesso il Cambiamento.
Aveva promesso una migliore Sanità pubblica.
Negli USA si paga ancora per ricevere le cure più elementari. Si paga per essere assistite durante il parto, si paga per essere soccorsi dopo un incidente, un infarto, un’aggressione. Chi ha bisogno dell’ambulanza e non può permettersi di pagarla cerca di raggiungere l’ospedale con mezzi propri, rischiando di morire nel tragitto.
Barack Obama aveva promesso la chiusura di Guantanamo.
Otto anni dopo, Guantanamo è ancora in piena attività. I detenuti non hanno né i diritti dei civili, né quelli della Convenzione di Ginevra. Spariscono definitivamente in un buco nero del Diritto Internazionale.
Dopo aver vinto il premio Nobel per la Pace sulla fiducia, Barack Obama ha proseguito le campagne neocoloniali dei suoi predecessori, invasioni, occupazioni, bombardamenti, che hanno causato direttamente e/o indirettamente la distruzione di quattro stati sovrani, Libia, Siria, Afghanistan, e Iraq, lo sviluppo dell’ISIS, e allargato il teatro di guerra di fatto all’intero pianeta.
Siamo al punto che la notizia d’una decina di ragazzini morti ammazzati genera sollievo perché la strage non ha il marchio ISIS. È no logo.
Barack Obama aveva promesso il Cambiamento.
Il suo successore sarà peggiore.
Il primo presidente afroamericano chiude il suo mandato in un paese dilaniato dalla guerra civile tra polizia e afroamericani, uno smascheramento dell’ipocrisia intrinseca nella sua immagine solo apparentemente rivoluzionaria.
La scelta adesso è fra Hillary Clinton, talmente compromessa coi suoi sponsor che dovrebbe rilasciare le interviste davanti al tabellone coi marchi, e corresponsabile da Segretaria di Stato d’una politica estera non meno losca e sanguinaria di quella neocon, e il raccapricciante Donald Trump, l’unico che potrebbe portarla alla vittoria, che nel 2008 la sosteneva, e che oggi sembra quasi scelto apposta come orrido spauracchio nazistoide per spingere gli elettori nella direzione dell’ex first lady che persino metà dei Democratici detesta.
Alla fine però potrebbe succedere il contrario: disgustati dalla Clinton, gli elettori potrebbero rotolare in massa verso Trump, nonostante la sua estrema somiglianza col Greg Stillson de La Zona Morta.
Tertium? Non datur.
Gli Stati Uniti pretendono di esportare la Democrazia.
È come se Cuneo pretendesse di esportare canguri.
Imprenditore “di successo” (cioè astuto bancarottiere) Trump ha un’immagine vincente, come lo fu in modo diverso quella di Obama, giovanile, elegante, spiritoso, fotogenico.
Sul piano dell’immagine, Hillary ha dalla sua parte soltanto l’appartenenza al genere femminile, cosa ritenuta da molti (immemori della Thatcher) progressista in sé, come lo fu l’essere afroamericano per Obama. Un cambiamento di facciata che ha prodotto nei fatti esattamente il contrario di ciò che prometteva.
L’immagine d’un futuro vertice fra USA, Gran Bretagna e Germania tutto al femminile verrebbe sicuramente venduta dai media come una rivoluzione, ma la sostanza non sarebbe che l’ennesimo accordo tra sfruttatori. Il tris di regine d’un mazzo truccato.
Se Hillary vincerà, alla faccia del limite dei due mandati ci toccherà un terzo mandato Clinton a ruoli solo formalmente invertiti, perché l’impressione è che in realtà sia sempre stata Hillary il cervello della banda.
Bill era fotogenico.
Se invece a vincere sarà Trump, la settima stagione di The Walking Dead verrà completamente surclassata dal telegiornale, perché l’informazione mainstream lo odia a morte, e si sbraneranno a vicenda.
In ogni caso, la guerra continuerà.