di Alda Teodorani
L’America puritana, violenta e guerrafondaia, l’America dove le armi si possono comprare come si comprerebbe un pacchetto di aspirine, si specchia negli occhi dei suoi serial killer e dei suoi assassini, che sono elevati al ruolo di superstar dai media ma anche dalla gente comune.
La realtà vince sulla fantasia. Ormai sedimentato il tempo del “liberamente ispirato”, cinema e serie TV fanno i conti con le bramosie di sangue del popolo più contraddittorio del mondo, un popolo bambino che tiene in mano una pistola sempre pronta a sparare e che va a rispolverare i suoi stracci sporchi di sangue, li tira fuori da un baule e li rilancia in faccia al mondo.
Passato il tempo dell’hard boiled, trascorso quello del noir, superati gli horror anni Settanta e Ottanta, terminati gli anni Novanta e lo splatter di fine millennio, dopo una pausa durante la quale a me, da sempre interessata a nuove forme di espressione e comunicazione, sembrava di essere caduta nuovamente sotto quella cappa di immobilità e soffocante catto-perbenismo che la “mia” Romagna sa così bene esprimere, e sotto la quale ho vissuto tanti anni, torna prepotente un nuovo modo di fare cinema, si chiama TV series e, grazie alla complicità del web, fa volgere il nostro sguardo oltre i confini dell’onnipresente Hollywood, verso l’UK, ma anche verso l’Australia, il Canada, l’Irlanda, la Spagna e la Francia.
L’America, dicevo. Ovviamente detiene il primato nella produzione delle serie TV, fa i conti con Internet, tira fuori metodi di commercializzazione che fanno gola alla gente stanca di combattere con i pop-up pubblicitari dei siti pirata, reinventa il commercio cinematografico e vara nuove serie, dove la violenza “vera” ha un ruolo fondamentale e il gioco sociale predatore-vittima è predominante. La mafia newyorkese dei primi decenni del secolo scorso si trasforma in serie tv con The making of the MOB, Lucky Luciano è un fascinoso manigoldo e quasi ci dispiace che muoia, la locandina ricalca alcune scene de Gli Intoccabili, ma vista dalla parte dei criminali, Luciano e la sua crew sono ritratti mentre avanzano tra la foschia che si solleva dall’asfalto, in una scena algida che mette in risalto le figure in cappotto lungo e mitra alla mano. Il docu-film è avvincente, ben girato e ben confezionato, gli attori straordinari, la voce narrante, quella di Ray Liotta, è coinvolgente e affascinante, ti cattura e non ti lascia più andare. E ancora, un altro docu-film, The Jinx, narra di Bob Durst, il magnate dagli occhi neri talmente profondi che mi ha dato l’impressione di affogarci dentro, sospettato di avere ucciso la prima moglie e di averne occultato il cadavere (che non è mai stato ritrovato), incriminato – ma poi prosciolto dall’accusa di omicidio per legittima difesa e condannato a una manciata di anni di carcere – di avere ucciso un vicino di casa, che ha in effetti ammazzato, fatto a pezzi e gettato in mare in sacchi della spazzatura (la testa non è mai stata ritrovata) e ancora sospettato di avere ucciso una sua amica, alla quale aveva dato molti soldi, forse per comprare il suo silenzio.
Ma poi, sempre in tema di sangue, è arrivato il pezzo grosso, una serie dal titolo innocuo ma evocativo, Aquarius, ha attratto subito la mia attenzione, però non abbastanza da decidermi subito ad aprire il pacchetto scintillante, contrassegnato da un simbolo ben difficile da ignorare.
Non mi piace documentarmi in anticipo sulle letture e sulle visioni, odio la roba di cui tutti parlano, raccontano. Diceva quel tizio “so sbagliare da solo”, ebbene è così anche per me, non voglio anticipazioni, detesto essere “diretta” o addirittura manipolata, e alla fine arrivo alle cose per conto mio, ed eccomi lì, a vedere la prima puntata, aspettandomi peace&love, sobbalzo quando vedo la bella faccia di David Duchovny, ancor più quando arriva LUI, Charles Manson, la storia è quella di una ragazzina scappata di casa, ed era di proprio di quelle ragazze che si nutriva il caro Charles, definito così da it.wikipedia
Nazionalità Stati Uniti
Genere folk rock, folk psichedelico, outsider music, rock
Infanzia tormentata, senza padre, madre prostituta, delinquente e alcolizzata, Manson trascorre i suoi anni da bambino con la madre, spostandosi continuamente, l’adolescenza in istituti correzionali, quindi finisce in riformatorio a sedici anni, e poi ancora in carcere fino ai 33 anni: la violenza contrassegna la sua vita fin dal principio, avviandolo verso i famigerati omicidi Tate-LaBianca, oltre ad altri delitti che, dopo soltanto due anni di libertà, decreteranno la sua condanna a morte, commutata nel carcere a vita quando la California abolisce la pena di morte. Manson, che si scoprirà poi avere la sindrome di Asperger, inizialmente scambiata per schizofrenia, è insomma la lampante dimostrazione dell’incapacità tutta americana di saper seguire e aiutare le persone in difficoltà, che si tratti di soldi, disagi famigliari, disadattamento o problemi psichici.
La prima stagione di Aquarius racconta Charles Manson che affascina le donne e le porta con sé insieme alla sua gang, un Manson sornione e belloccio, che suona la chitarra ed è ossessionato dalla musica: autore di cinque album musicali, la sua produzione è presente in gran quantità su youtube, coi suoi testi surreali e, visti a posteriori, assai rivelatori. Insomma, l’autore delle stragi incomprensibili e scomode in quartieri residenziali è diventato una vera star. Le sue canzoni contribuiscono anche alla colonna sonora di Manson Family Vacation uscito in USA questo ottobre (non credo proprio che vedremo mai questo film in TV o al cinema in Italia), storia del riavvicinamento di due fratelli, dei quali uno adottivo, il quale è tornato in California al solo scopo di visitare i luoghi delle stragi della banda Manson. Ma il film rivela una sorpresa. Manson è presente, oltre che con i suoi brani musicali, in brani di interviste, in ritratto sulla maglietta del protagonista e persino sulla locandina.
America, terra di contraddizioni, dicevo prima, terra in cui Dio e la Famiglia sono al primo posto, al punto che anche la gang di Manson (man’s son, non dimenticatelo) è stata definita – e non dal regista del film – Manson Family.
Il sogno di libertà degli anni Sessanta negli Stati Uniti, il sesso libero, il rifiuto di ancorarsi rappresentato dal vecchio scuolabus dipinto di nero sul quale si sposta la “famiglia”, si accompagna alla scia di sangue lasciata da Manson e dai suoi accoliti, un sangue del quale la politica sociale statunitense non può certo dirsi non responsabile.