di Alessandra Daniele
Il beffardo, citazionista, pirotecnico Z Nation si piazza invece all’estremo opposto della scala, vicino agli indici massimi dello stile a Fronn’e Limone, accanto alle visionarie stravaganze della saga zombie di David Wellington alla quale in parte s’ispira.
Altra chiara fonte d’ispirazione per Z Nation è il sanguigno cinema di genere anni ’70. Disaster, Road Movie, Rural Horror, Spaghetti Western, Blaxpoitation… ogni episodio ne cita in particolare un sottogenere diverso, col cast fisso alle prese sia con una diversa banda di sopravvissuti, che con una diversa specie di zombie: radioattivi, ibridi, mutanti. Cosplayer.
Il doppio episodio messicano, ironico omaggio al miglior Rodriguez, è stato fra gli highlight di questa seconda stagione, insieme al collezionista di zombie, ed al presepe morto-vivente.
”It’s about the mission” si giustifica ogni volta la leader del gruppo, un’ex-soldatessa afroamericana, la missione di trascinare in California “The Murphy”, un istrionico farabutto che un vaccino sperimentale ha reso telepatico e resistente al virus Z, per consegnarlo ad un laboratorio dove sarà usato di nuovo come cavia, a meno che non riesca a usare i suoi bizzarri poteri per ribaltare la situazione.
Nel resto del cast fisso spicca Doc, un arzillo vecchietto hippie, specializzato in battute sarcastiche e droghe psichedeliche, le uniche in grado di restituire un barlume di consapevolezza agli zombie.
It’s the Apocalypse, let’s have some fun!
[Chi fosse interessato al mio parere su Jessica Jones, un’altra delle serie migliori del 2015, lo trova qui. Due post, molti spoiler.]