di Alessandro Barile
Vladimiro Giacché, Costituzione italiana contro Trattati europei. Un conflitto inevitabile, Imprimatur edizioni, 2015, pp. 96, € 7,00
L’Europa si sta configurando come terreno di scontro tra opposte visioni politiche. Prima la vicenda greca di luglio, poi la questione migranti, stanno (ri)mettendo in discussione una costruzione tecnico-economica che aveva saputo resistere persino nei mesi caldi dell’attacco speculativo nei confronti di alcuni suoi Stati membri. E’ d’altronde inevitabile che sia così, vista la centralità sempre crescente che sta assumendo la Ue nei confronti degli Stati nazionali, una centralità che però viene basata sulla palese contrapposizione tra l’impostazione mercantilista dei Trattati europei e quella delle Costituzioni nazionali dei vari paesi.
Nel caso del nostro paese, Vladimiro Giacché ci fornisce uno strumento importante per comprendere la distanza esistente tra i Trattati e lo spirito della nostra Costituzione, contraddizione che non potrà far altro che lavorare in funzione di uno svuotamento sostanziale della nostra Carta fondativa. Un agevole pamphlet di neanche cento pagine, che però ha il raro pregio di essere chiaro e di andare subito al punto chiarendo la natura di questo conflitto inevitabile. L’impostazione di fondo e la genesi dei due sistemi giuridico-economici di riferimento sono in evidente contrasto tra loro. “Da un capitalismo interventista nel quale lo Stato ha un ruolo rilevante e che è reso flessibile grazie all’azione della banca centrale, siamo tornati a un sistema che possiamo caratterizzare come un capitalismo nel quale lo Stato ha un ruolo marginale, che è vincolato dal sistema aureo ed è ispirato alla filosofia del laissez-faire”.
Fin qui le impostazioni ideali, ma il problema è che tali impostazioni sono tradotte giuridicamente in un insieme di norme rispondenti a questi fini divergenti che formano questo conflitto giuridico inevitabile, conflitto che in questi anni è stato risolto abrogando di fatto il testo costituzionale. Se lo spirito, e dunque anche l’apparato normativo, della Costituzione era volto al superamento degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza tra cittadini, dando dunque una priorità al lavoro e all’intervento economico anche in deficit volto alla redistribuzione parziale del reddito, lo spirito e gli obiettivi dei Trattati europei, tradotti in apposite norme giuridiche, vengono concentrati sulla stabilità dei prezzi, unico e isolato obiettivo cardine dell’impalcatura finanziaria europea. “Nei trattati europei l’obiettivo della stabilità dei prezzi viene di fatto sovraordinato a tutti gli altri […] La lotta alla disoccupazione diviene quindi secondaria […]
E’ tale priorità che porta a scartare, in quanto potenzialmente inflazionistiche, politiche attive del lavoro e più in generale politiche di stimolo all’economia. La gerarchia tra principi contenuta nei trattati europei non soltanto permette tutto questo, ma lo esige” (pag. 35). Il cambio di paradigma viene recepito dalla nostra Costituzione con il nuovo articolo 81, che impone il pareggio di bilancio come obiettivo sovrano dell’azione politica dei governi. Un articolo fra i tanti, eppure in grado di stravolgere tutto l’impianto costituzionale: “disciplinare le regole di bilancio imperniandole attorno al divieto di deficit fa dell’articolo 81 una norma di sistema, cioè di ridisegno della funzione dello Stato, che è destinata ad influire su ogni singola norma della originaria Costituzione” (pag.72).
In conclusione, dunque, in questi anni è stata operata una violazione strisciante dell’impianto costituzionale, che ha prodotto una discrasia tra principi fondamentali contenuti nei primi dodici articoli e il “vincolo esterno”, trasformando i diritti costituzionali in diritti destinati a valere nei limiti di un bilancio statale che però, è qui la contraddizione massima, non è più governato dallo Stato, e dunque dai cittadini, nelle sue grandezze di fondo. Un conflitto, appunto, inevitabile, e che porterà altrettanto inevitabilmente allo scontro permanente tra le due visioni del mondo racchiuse dai due sistemi giuridici.