[(Pubblichiamo un estratto del libro di Giulio Milani La terra bianca. Marmo, chimica e altri disastri, Laterza 2015, pagine 220 € 19.)
La vicenda muove dalle lotte che si sviluppano nel territorio di Massa Carrara, prima e dopo la grave alluvione che si è prodotta nel novembre del 2014 a causa dello sversamento di detriti dell’escavazione del marmo nel fiume Carrione, cementificato lungo il suo corso e in corrispondenza della foce. L’inchiesta, scritta in prima persona con la tecnica della “narrativa-saggistica”, si collega subito con la precedente stagione di lotte contro il polo chimico apuano, la cui parabola ha trovato un drammatico epilogo con l’incidente del 17 luglio 1988 e l’esplosione del serbatoio di un pesticida altamente nocivo nello stabilimento Farmoplant della Montedison. Venticinque anni più tardi, l’autore entra per caso in contatto con un ex operaio e con suo fratello, che all’epoca aveva combattuto per la chiusura della fabbrica. Prende così avvio un’inchiesta molto particolare, fatta di analisi delle fonti, verifica del racconto dei testimoni, momenti di confronto tra generazioni. Emergono, nel conflitto tra interessi privati e interessi pubblici, i legami tra l’Emilia Romagna, la Toscana e la Liguria in fatto di infiltrazione mafiosa e business dei rifiuti, dai tempi della chimica di Gardini e del gruppo Ferruzzi fino al movimento terra e denaro degli ‘ndranghetisti che fanno base in Lunigiana; dalle pagine epiche della ritirata di Russia e della Resistenza anarchica si passa alle vicende di sfruttamento selvaggio, di inquinamento e incuria del territorio che sono accadute e continuano ad accadere, a Carrara come nel resto d’Italia, per il profitto di un grumo di potere ben consolidato. MB]
“Senza che nessuno potesse prevederlo, l’8 novembre 2014 una città – e una provincia – col più alto tasso di disoccupazione della Toscana, un tasso di disoccupazione giovanile al 64%, il triplo della media nazionale (dati Istat), coi cinema e i teatri in perenne ristrutturazione, i negozi del centro che chiudono, le case deprezzate (ma marmo ovunque, come in un cimitero di viventi), ha all’improvviso ritrovato quello spirito di ribellione, quel desiderio di riscatto, che hanno prodotto l’ultimo sussulto di orgoglio di una comunità sull’orlo della morte civile.
Dalla mia prospettiva appena defilata – preoccupato com’ero di tenere a bada i piccoli che quel sabato avevo portato con me –, avevo (e ho ancora) negli occhi il cielo tornato azzurro dopo l’alluvione e il sole che riscaldava la strada, le scale, le aiuole e i muretti assiepati di manifestanti; avevo (e ho ancora) nelle orecchie i canti di burla e le grida di rabbia che s’innalzavano e subito abortivano come singhiozzi davanti al municipio di Carrara… Ho ancora negli occhi il sinistro cappio da impiccagione che qualche testa calda aveva assicurato alla cima di una canna da pesca e che sventolava sotto le finestre della sala consiliare al primo piano… Ho ancora negli occhi e nelle orecchie la perplessità e la rabbia delle persone che accanto a me si passavano le parole del sindaco Zubbani, quando ha affrontato l’anello di assedianti più vicino all’ingresso: sosteneva, lui che ha amministrato per dieci anni, di non sentirsi in alcun modo responsabile per quel disastro; sosteneva che lui e la sua giunta non avevano fatto nulla, in generale, di cui doversi scusare. I responsabili erano altri: la Provincia, i tecnici, gli ingegneri che avevano realizzato un argine inadatto… Non loro, mai. Ed è qui che è partito il primo fumogeno e il sindaco è stato costretto, mentre un fiume di contestatori lo inseguiva, a risalire di corsa le scale fino al primo piano, fino alla sala di rappresentanza del Comune da cui era sceso per tenere il suo discorso: gli ultras della Carrarese – gli Indians Cani Sciolti –, spingendo il cordone di polizia schierato a difesa del sindaco, con senso sportivo del momento hanno avuto la prontezza di forzare le porte d’ingresso e riversarsi dentro. La riscossa popolare, irripetibile, già contagiava tutta la città, diventava una notizia, raggiungeva la nazione…
Senza che nessuno potesse prevederlo, è risorto dalle ceneri della lotta al polo chimico apuano la versione 2.0 dell’Assemblea permanente: un presidio di lotta al degrado ambientale e di protesta contro la politica; l’occupazione di una sede comunale che è andata avanti, nei mesi successivi, facendosi forza con l’appello della partigiana Francesca Rolla – “Non abbandonare la città” –, il cui mite e materno volto di vecchina campeggiava da quasi un anno in un murales sull’affaccio di piazza delle Erbe: la stessa inaccerchiabile, piccola piazza da cui, nel luglio del ’44, era partita la protesta delle donne contro lo sfollamento ordinato dall’esercito di occupazione tedesco. Con l’hashtag/slogan “Carrara si ribella”, si sono organizzati tavoli di lavoro, raccolte di fondi e aiuti per gli alluvionati, concerti di beneficenza, blog di informazione, proiezioni di film e letture collettive di libri di inchiesta, un gruppo Facebook dove sfogarsi e confrontarsi a margine delle assemblee, analisi sulle cause dell’alluvione e sul dissesto idrogeologico, discussioni-fiume in diretta streaming sulle colpe degli amministratori e degli amministrati, sugli obiettivi da perseguire e sui mezzi per raggiungerli, sulle forme di democrazia diretta e di controllo dal basso da introdurre nel regolamento comunale, sulle regole di cui dotare l’assemblea nella gestione dei rapporti interni e delle comunicazioni verso l’esterno, insieme a incontri con esperti di settore – dalla gestione del territorio al contrasto alle mafie – tra cui quel Mauro Chessa, geologo, che aveva legato l’eventualità di nuove alluvioni agli sversamenti di marmettola e altri detriti della lavorazione del marmo direttamente nel fiume Carrione. Ne è scaturito un giornale autoprodotto, e una serie di cortei, soprannominati “Degrado tour”, che nei mesi successivi hanno sfilato lunga la via crucis delle tante opere finanziate con soldi pubblici e mai finite, oppure abbandonate nell’incuria, nonché puntuali manifestazioni di protesta con migliaia di partecipanti.”