[Pubblichiamo un estratto del romanzo La trappola dei ricordi, di Aldo Pagano, Todaro editore, Lugano 2015, pag 301 e 16.
Emma Bonsanti, PM milanese, donna dal carattere deciso, con poche smancerie, svolge il suo lavoro di magistrato a Balbenna, paese immaginario (ma non troppo) del meridione. Al suo arrivo, uno dei tanti lunedì dopo un lungo viaggio in vagone letto da Milano, le viene comunicato il ritrovamento del cadavere del giornalista Roberto Carulli, morto annegato. Suicidio? Così sembrano avere deciso gli investigatori del posto. Ma Emma non è convinta. Il Carulli non era tipo da suicidarsi. Era un personaggio pieno di progetti, esuberante, vitale. Questo Emma lo sa, perché lo conosceva bene. Forse meglio di chiunque altro, essendo stati amanti, in gioventù. Parte così un’indagine serrata, piena di luoghi oscuri e depistaggi, durante la quale emerge il ritratto peggiore di un’Italia piegata dalla mafia e dalla corruzione, della violenza e dell’ipocrisia. MB]
L’UOMO
L’uomo adagia la bimba sul lettino. Con cautela, per non svegliarla. Poi tira su il lenzuolo di lino bianco, la copre sino alle spalle e re¬sta in contemplazione. Le braccia candide di Annamaria sgusciano fuori dopo pochi secondi e si posano ai lati del viso, le manine chiu¬se a pugno. Un bel gesto, l’uomo sorride: sua figlia ha un carattere deciso, non accetta imposizioni. L’uomo la osserva. È bellissima. L’uomo ascolta il suo respiro sereno. Poi si piega per baciarla in fronte. Ed esce dalla stanza.
L’ampolla di grappa è su un tavolo ad angolo assieme a decine di di¬stillati pregiati. L’uomo la scuote con un movimento secco del polso. Una sola volta. Poi toglie il tappo e la porta al naso. Un equilibrio straordinario: nessuna asperità, è una morbida sfera di alcol e pico¬lit. L’uomo se ne versa una piccola quantità e si stende su una sdra¬io in terrazza. Sorride. Ogni volta che pensa a sua figlia, sorride. Annamaria, il suo sorriso. Quasi vent’anni di matrimonio, e nessun figlio: non ci speravano più, lui e sua moglie. E tuttavia la fede può tutto.
Annamaria, il dono di Dio.
L’uomo adesso è in cucina. Sciacqua il bicchiere, lo mette in lava¬stoviglie. Poi va in bagno. Fa una lunga pisciata. Stacca un foglio di carta igienica, lo ripiega in quattro parti uguali e asciuga il glande. Lava le mani meticolosamente. Spreme il tubetto dal fondo e disten¬de uno strato omogeneo di dentifricio sulle setole dello spazzolino. E mentre lava i denti quel pensiero ritorna. Si poteva fare meglio, tutto si può sempre fare meglio. La sua presenza ha evitato errori grossolani dei ragazzi, d’accordo. Ma la rapidità dell’azione non gli ha consentito di gestire la situazione con la consueta cura nei par¬ticolari. Deve migliorare nell’improvvisazione, si dice, nella scelta istantanea della soluzione migliore. La verità, ammette, è che dete¬sta improvvisare. È sui tempi lunghi, sui grandi progetti, che dà il meglio di sé. Pianificare. Per questa ragione continua a pensare che la scelta di uccidere il giornalista doveva essere più meditata. Le sue fonti giudiziarie parlano di morte accidentale. I ragazzi hanno fatto un buon lavoro. I ragazzi hanno scorticato il piede del giornalista sugli scogli per occultare il segno dell’ago. I pesci hanno fatto il resto. Il Dottore è soddisfatto. L’uomo no, l’uomo non è tranquillo.
Lascia mutande e calze sul pavimento del bagno. Appende giacca e pantaloni all’ometto.
Rientra in camera da letto.
Indugia ancora su Annamaria, sul sibilo impalpabile del suo respiro. È bellissima. Annamaria, il dono di Dio. L’uomo indossa il pigiama e si inginocchia di fianco al letto matrimoniale, lo sguardo rivolto al crocifisso in corno appeso alla parete. Prega. Poi si alza, prende il bicchiere dal comodino e beve un sorso di acqua.
Sua moglie dorme, serena. L’uomo le sfiora una mano con le labbra e si sdraia. È passato un altro giorno dedicato a Dio, pensa prima di chiudere gli occhi.