di Fabrizio Lorusso
Periodicamente l’agenzia antidroga americana DEA (Drug Enforcement Administration) traccia la mappa del narcotraffico negli Stati Uniti e in Messico e, in base al lavoro d’intelligence dei suoi uffici distaccati sul territorio, pubblica una relazione sull’evoluzione dei cartelli messicani in America del Nord. Colori e macchie, città conquistate e perse, confini e nomi ormai noti della criminalità organizzata locale e globale non hanno nemmeno bisogno di una legenda per essere compresi. L’impatto visivo è immediato e così l’idea della narcoguerra che insanguina il continente si lega alla geopolitica. I frammenti si ricompongono sullo schermo e, restringendo lo zoom, i pixel scompaiono e la visione globale si fa nitida. La lotta militarizzata alle organizzazioni criminali, che in Messico ha mietuto oltre 130mila vittime in 8 anni e mezzo e ha provocato un aumento drammatico delle violazioni ai diritti umani, viene analizzata dalla DEA in una dimensione internazionale e geografica che, pur offrendo un quadro cognitivo generale, mette in secondo piano le vite quotidiane di milioni di persone che vivono sulla propria pelle le conseguenze della war on drugs e dell’ipocrisia di fondo che la alimenta. Sono i milioni di pixel concentrati nei vari sud del mondo: dal Latinoamerica, o “NarcoAmerica”, secondo il titolo di un interessantissimo libro di giornalismo narrativo “sulle tracce della cocaina” pubblicato da Tusquets (2015), a Gioia Tauro, dall’Afghanistan a Ciudad Juárez o i Balcani.
Dal cartello alla mafia
In riferimento ad alcuni gruppi della delinquenza organizzata messicana non si parla più, o non solo ormai, di gangster, cartelli e delinquenti, di tagliagole e sicari, di gang, bande e pandillas, ma di vere e proprie mafie. Si tratta di uno stadio superiore di sviluppo dell’organizzazione criminale che acquisisce e consolida codici e strutture, regole e lealtà, discipline e logiche imprenditoriali e da clan. Una mafia sa riprodursi, organizzarsi, darsi regole. Sa anche essere anche discreta e rafforzare i suoi legami con la politica e lo stato, specialmente in Messico. E a questo modello, rinsaldato da legami tra compari e di sangue, risponde sicuramente il cartello di Sinaloa, al cui vertice restano Ismael “El Mayo” Zambada e il fuggitivo Joaquín Archibaldo Guzmán Loera, alias “El Chapo”. Ma Sinaloa, come evidenzia l’analisi della DEA, è tacchinato da altri gruppi emergenti e da vecchi rivali.
Il report identifica otto grandi cartelli messicani: Sinaloa, Cartello Jalisco Nueva Generación (CJNG), Beltrán-Leyva Organization (BLO), Los Zetas, Cartello del Golfo (CDG), Cartello di Juárez/La Línea (CDJ), La Familia Michoacana (LFM) e Los Caballeros Templarios (LCT). Questi ultimi due hanno perso nettamente influenza, capacità operative e coesione a livello di organizzazione, mentre il CJNG, nato da una scissione del cartello di Sinoloa nel 2010, si presenta come il gruppo in maggior crescita. Dal suo stato d’origine, il Jalisco con la sua bella capitale Guadalajara, l’organizzazione s’è espansa ai vicini Nayarit, Colima, Guerrero, Michoacán e al Veracruz. Ma non solo. Sfruttando abilmente le debolezze dei rivali e le sue alleanze ha fatto ingresso anche nel Guanajuato e nel San Luis Potosí, così come nei meridionali Oaxaca e Chiapas.
L’ascesa del Cartello Jalisco Nueva Generación e il dominio di Sinaloa
In particolare la quasi totale disintegrazione della Familia Michoacana e dei Cabelleros Templarios nel Michoacán, territorio strategico sulla costa pacifica grazie allo scalo portuario di Lázaro Cárdenas, porta d’ingresso di precursori chimici per la produzione di metanfetamine e di cocaina dalla Colombia, ha portato all’ascesa del Jalisco Nueva Generacion i cui membri sono riusciti anche a infiltrarsi nella Nuova Polizia Rurale. Questa forza di polizia è stata creata dal governo per “risolvere” il conflitto coi gruppi armati di autodifesa e incorporarli in una struttura statale. Insieme ad essi, però, anche operatori del cartello CJNG sono entrati nella polizia oltre che nei territori prima controllati dalla Familia e da LCB.
Per questo il cartello di Jalisco viene identificato come il prossimo “nemico numero uno” della DEA. Negli USA nessun gruppo criminale straniero è così ben posizionato e potente come i cartelli messicani, specialmente Sinaloa, che tramite network distributivi e tracciati consolidati, soprattutto lungo il confine sudoccidentale, gestiscono traffici policromatici: marijuana verde e bianca coca, cristalli chiari e celesti di metanfetamine e infine eroina. Proprio queste due sostanze rappresentano i business in aumento, anche grazie alla “spinta dell’offerta” in tal senso.
La mappe disegnate dalla DEA evidenziano la presenza delle mafie messicane in territorio statunitense nella prima metà del 2015: il predominio di Sinaloa è schiacciante ma non totale. Infatti, il cartello di Juárez, quello del mitico boss degli anni ’90 Amado Carrillo Fuentes (El señor de los cielos) mantiene la sua influenza tradizionale nel New Mexico e nel Texas sud-occidentale, mentre gli Zetas e il cartello del golfo lottano per il controllo di plazas, punti di passaggio e territori tanto in Messico, soprattutto nelle regioni del Tamaulipas e del Veracruz, come negli USA, nel Texas sudorientale e centrale. Allontanandosi dal confine messicano-statunitense solcato dal Rio Bravo, la loro capacità operativa va scemando.
Come in genere accade nell’economia legale, anche nel settore del traffico degli stupefacenti la gran fetta della torta, i guadagni più sostanziosi, finiscono nelle mani della grande, media e piccola distribuzione nel mercato USA: lo smercio città per città, quartiere per quartiere, effettuato da dealer e pusher formano il grosso delle entrate, per cui è strategico controllare i punti di transito in Messico, ma ancor di più lo sono la gestione degli snodi di frontiera e dei trasporti e la distribuzione al consumatore finale.
Sebbene abbiano perso potere e mercato, non sono assenti da numerose città americane le organizzazioni criminali messicane decadenti (come i Templarios, il cartello di Tijuana della famiglia Arellano Félix o i Beltrán Leyva, presenti a Denver e lungo la costa orientale) e quelle emergenti come il Jalisco Nueva Generación. Il cartello, sebbene non sia ancora molto presente nel mercato americano, sta guadagnando rapidamente posizioni in Messico, ottima base di partenza per la conquista degli States, per cui è visto con crescente preoccupazione dalle autorità di quel paese.
Narco-Storia del Cartello Jalisco Nueva Generación
Proprio riguardo a questo gruppo, alla ribalta dei media nel maggio scorso in Messico per una serie di attentati e scontri a fuoco con la polizia alla vigilia delle elezioni parlamentari, cito un estratto dal libro NarcoGuerra. Cronache dal Messico dei cartelli della droga per cercare di capirne le dinamiche e la storia:
Abigail González Valencia, alias “El Cuini”, era un boss discreto, vecchio stile. Poco presente sui media, non figurava nemmeno nella lista dei 122 obiettivi prioritari del governo, elaborata in base a fattori quali il numero di indagini aperte su un individuo, le sue reti nazionali ed estere e il suo giro d’affari. Il narcos è stato arrestato il 28 febbraio 2015 ed è stato rimpiazzato da quello che secondo la stampa, il governo messicano e il Dipartimento del Tesoro statunitense sarebbe uno dei nuovi “uomini forti” della malavita in Messico, suo cognato Nemesio Oseguera Cervantes, “El Mencho”. González Valencia operava con il “El Mencho” in qualità di capo del gruppo armato, alleato del CJNG, noto come “Los Cuinis” e attivo dagli anni Novanta all’interno del cártel del Milenio. El Cuini appartiene alla famiglia dei fratelli Valencia, vecchie glorie della narco-storia messicana che da coltivatori di avocado divennero negli anni Settanta piantatori di papaveri e marijuana.
Uno di loro fu addirittura sindaco di Aguililla, cittadina d’origine dell’intera stirpe dei Valencia. L’incipiente organizzazione divenne un potente cartello, il Milenio, sotto la guida di Armando Valencia e grazie all’alleanza coi colombiani di Medellín, all’estero, e a quelle con i fratelli Amezcua di Colima, pionieri nel commercio di droghe su disegno o sintetiche, e con Sinaloa, in patria.
Nel 2003 stabiliscono una rete per l’importazione da Hong Kong dell’efedrina, precursore chimico delle metanfetamine, in virtù dell’accordo con l’impresario sino-messicano Zhenli Ye Gong, e si legano più strettamente al Chapo Guzmán, responsabile della “divisione droghe sintetiche” del cartello del Pacifico o Federación de Sinaloa. In seguito si associano allo storico capo sinaloense Ignacio Nacho Coronel, boss indiscusso della zona del Jalisco. La mafia del Milenio si trasforma in Jalisco Nueva Generación nel 2010, dopo la morte di Coronel, e stabilisce un patto con gli scissionisti Beltrán Leyva, ormai nemici di Sinaloa. Dal 2013 ingaggia una guerra contro i Templarios del Michoacán per il controllo dello snodo portuale di Lázaro Cárdenas e conduce un’infiltrazione graduale nei gruppi armati di difesa, le autodefensas, che sorgono proprio in quell’anno e che sono confluiti nella Nueva Fuerza Rural patrocinata dal governo.
Nel 2011 il CJNG si proietta al centro delle cronache per una serie di video in cui si presenta come una banda di “Ammazza-Zetas”, i Mata-Zetas, in lotta per ripulire Veracruz e il golfo dagli odiati Zetas. In molti hanno pensato che fosse un espediente mediatico dei narcos di Sinaloa e del loro boss, il Chapo Guzmán, per fiondarsi alla conquista dell’Oriente messicano, presentandosi come dei salvatori, ma in realtà si trattava di un gruppo autonomo, di fatto scisso da Sinaloa. Nel 2015 il Jalisco Nueva Generación ha condotto una guerra su più fronti e ha espanso la rete delle sue operazioni a sette stati del Paese. Nel sud del Michoacán ha spodestato i Templarios, mentre nella zona a nord di Guadalajara gli Zetas hanno dovuto ripiegare. Il cartello sta battagliando ancora con Sinaloa per il mercato delle metanfetamine e secondo alcuni esperti in futuro potrebbe scavalcare gli Zetas e contendere il primo posto nella classifica criminale proprio a Sinaloa e al “Mayo” Zambada.
Secondo molti osservatori l’accanimento mediatico contro il CJNG ha fatto concentrare l’attenzione su un gruppo lasciando operare più tranquillamente gli altri, specialmente il cartello di Sinaloa. Inoltre viene data poca rilevanza al gruppo dei “Los Cuinis”, presumibilmente alleati del Jalisco Nueva Generación, che la DEA non ha citato tra gli otto cartelli messicani principali, nonostante il Dipartimento del Tesoro abbia incluso affaristi e imprese ad esso legati nella sua lista nera e lo abbia etichettato come “uno dei cartelli più pericoli e violenti del paese”. Probabilmente l’Agenzia non considera Los Cuinis come un cartello indipendente: i legami di parentela dei fratelli José, attuale capo, e Abigail Gonzalez Valencia con il boss del CJNG, Nemesio Oceguera, loro cognato, e il fatto che i due gruppi abbiano sempre collaborato strettamente può avere influito sulla scelta della DEA. Prima dell’arresto Abigail era l’operatore finanziario del Jalisco Nueva Generación a Guadalajara. Comunque nemmeno la quarantennale organizzazione cartello dei Diaz Parada o cartello di Oaxaca non è menzionata nel rapporto dell’agenzia USA.
Dopo la cattura del fratello maggiore dei Los Cuinis, secondo la Procura Generale della Repubblica messicana è il minore, José González Valencia, alias La Chepa, che ha assunto il comando e sarebbe responsabile della sicurezza di Nemesio Oceguera, El Mencho, e degli attacchi militari contro le forze della polizia del Jalisco nei mesi scorsi. I narcos avrebbero perso l’appoggio della polizia statale per cui si sarebbero rivolti contro di loro con una serie di attentati, approfittando anche della congiuntura preelettorale durante la quale ci sono sempre possibilità di nuovi accomodamenti tra criminalità organizzata e apparati statali. La Chepa González ha il sostegno di un medico di Aguililla, nel Michoacán, che è anche luogotenente del CJNG: si chiama Rogelio Guízar Camorlinga, El Doctor, e avrebbe organizzato gli scontri con le forze federali e della polizia statale del Jalisco il 9 marzo 2015, quando morirono cinque elementi della gendarmeria nazionale, due presunti delinquenti e quattro civili, e il 6 aprile, quando a San Sebastián del Oeste sono stati fatti fuori 15 poliziotti che si dirgevano a Guadalajara.
Michoacán, Los Zetas e l’invasione dell’eroina negli USA
La Familia Michoacana, dopo la scissione dei Caballeros Templarios nel marzo 2011 ed in seguito ad altre faide, ha dato origine a gruppi criminali come “La Empresa Nueva”, “Los Moicas” (presenti in California) e il “Cartello Indipendente del Michoacán” che oggi sono rimasugli locali di quella mafia messianica e unitaria che, per alcuni anni, ha dettato legge nel Michoacán e nelle zone limitrofe. Anche gli Zetas si sono spezzettati in cellule locali che, non potendo più gestire il business della droga a livello internazionale, si sono riconvertite ad altre tipologie criminali: sequestro di persona, estorsione, tratta di bianche, traffico di organi, prostituzione, traffico di migranti, vendita di “protezione”, riciclaggio e giros negros come l’apertura di club, casinò, discoteche e bische legali e clandestine. La figura 2 mostra quali sono le mafie predominanti in ciascun stato USA e la scurezza del colore riflette la densità della popolazione e, quindi, del mercato potenziale per gli stupefacenti, non il livello d’influenza attuale del cartello criminale.
Negli ultimi tre o quattro anni c’è stato un cambiamento dell’offerta, con la spinta maggiore dell’eroina, data la stasi della cocaina e del traffico illecito di marijuana come conseguenza della legalizzazione del consumo ricreativo e della produzione di questa pianta e delle sostanze derivate in Alaska, Colorado e Washington. E quindi la mappa numero 3 rappresenta graficamente i dati relativi alle morti per overdose di eroina nel 2013 del National Center for Health Statistics/Centers for Disease Control (NCHS / CDC) e la stessa DEA segnala l’invasione di questo psicotropico che ha fatto 8.257 vittime nel 2013, circa il triplo di quelle del 2010. Il consumo aumento per la spinta dell’offerta, la maggiore disponibilità a basso costo propiziata dalla politica dei cartelli messicani, specialmente di Sinaloa, e poi si registra un uso più sostenuto di numerosi pazienti che possono averla su prescrizione.
L’espansione della frontiera dell’eroina viaggia ora verso i mercati della East Coast. Storicamente, riporta il testo della DEA, “il mercato dell’eroina negli Stati Uniti è stato diviso in due lungo il fiume Mississippi, con i mercati occidentali che usavano l’eroina messicana nera (black tar) o in polvere marrone, e quelli dell’Est che usavano eroina bianca in polvere (precedentemente del Sudest e del Sudovest asiatico, poi negli ultimi vent’anni quasi solo sudamericana)”. Dunque il ruolo di intermediari dei messicani, così com’era successo per la cocaina, è diventato strategico e questi hanno altresì incrementato la produzione di eroina bianca in Messico, per cui i cartelli sono entrati con successo nel redditizio mercato degli stati medio-occidentali e del Nordest: Chicago, il New Jersey, Philadelphia e Washington e molte zone di New York sono ormai terra azteca.
Nota Finale. Sebbene i rapporti e le mappe emessi dalla DEA siano attendibili e delineino le tendenze generali, in particolare per quanto riguarda il territorio statunitense, spesso non coincidono con quelli di altre fonti come, per esempio, la PGR (Procura Generale della Repubblica) messicana. Per esempio nel giugno scorso Tomás Zerón, direttore dell’Agenzia d’Investigazione Criminale della PGR, ha dichiarato con tono trionfalista che, dopo la cattura di numerosi boss storici, le organizzazioni criminali sono così frammentate e disperse che si può affermare l’esistenza oggi di soli due cartelli veri e propri: Sinaloa e il CJNG. Per questo molti gruppi criminali sono descritti più come “franchigie” o “cellule” che come “grandi imprese” o “reti”, etichette valide invece per le organizzazioni più grandi, solide e strutturate. Nel settembre 2014 la Procura aveva parlato, invece, di 9 cartelli (quelli segnalati dalla DEA più il “cartello del Pacifico” nella zona di Acapulco) e 43 gang o fazioni derivate o legate ad essi. Sono informazioni, nomi e mappe criminali che cambiano con frequenza, tanto nella realtà come nelle narrazioni e indagini della stessa Procura per cui van prese con le pinze. Per i funzionari pubblici e la PGR è comunque gioco forza presentare progressi nella narcoguerra intrapresa dal governo e quindi la tendenza è quella di mostrare la frammentazione di alcuni cartelli come un passo avanti nella lotta al narcotraffico anche se la violenza non diminuisce ed anzi aumentano delitti gravissimi, in cui apparati dello stato sono complici, come le desapariciones (sparizioni) forzate e i sequestri di persone.