di Simone Scaffidi L.
[Massimo De Nardo è il responsabile editoriale di Rrose Sélavy, casa editrice di Tolentino (MC) che si occupa di narrativa illustrata, vincitrice nel 2014 del Premio Andersen per il miglior progetto editoriale].
Cominciamo dal nome, come nelle peggiori interviste. Rrose Sélavy è uno degli eteronimi utilizzati da Marcel Duchamp per firmare alcune sue opere, nonché l’anagramma fonetico di “Eros c’est la vie”. Quali connessioni esistono tra Rrose Sélavy Editore, Marcel Duchamp e il suo eteronimo? Quali i punti in comune e le divergenze tra le vostre creazioni letterarie e l’opera dell’artista francese?
Marcel Duchamp ha estremizzato a tal punto la concettualità dell’arte che ha reso possibile tutto ma allo stesso tempo ha reso tutto più difficile. Dopo cento anni dal suo “orinatoio-fontana”, l’arte è ancora oggi troppo duchampiana. Marcel Duchamp è il nostro nume tutelare, però con i Quaderni quadroni non c’è alcuna “connessione”. Scrittura e immagini quando raccontano qualcosa a qualcuno e producono buone sensazioni vanno bene con qualsiasi “ismo”. Nasciamo come associazione culturale, e, come vuole la tradizione, c’era da trovare un nome. Rrose Sélavy era un nome già bell’e pronto, come un ready made (duchampiano, appunto): nome di donna, nome con anagramma, nome tutto un programma. Un omaggio, comunque, a quel signore francese molto british, grande giocatore di scacchi e, da non sottovalutare, amico fraterno di Man Ray, un altro che ci piace assai. Rrose Sélavy, perché no? La doppia erre fa finire in spam non poche email, ma va bene lo stesso.
In due anni avete sfornato otto titoli, tutti di narrativa illustrata. Sette dei quali inseriti nella collana “Quaderni quadroni” e uno nella collana “Quaderni cartoni”. Il formato e la fattura delle vostre pubblicazioni sono piuttosto inconsueti e originali, le dimensioni del libro sono infatti di 23×27 cm e spiegano in parte il nome dato alla collana più feconda, mentre pagine e copertine sono realizzate in carta usomano e stampate in quadricromia. Insomma tenete alla forma oltre che ai contenuti.
Quadrone, cioè grande quadro – per via delle illustrazioni a piena pagina e a pagina doppia – è l’anagramma di quaderno. Il formato 23×27 (chiuso) è certo più da quaderno che da libro. O da rivista. Anni fa pubblicavano una rivista (ne parliamo dopo?), Rrose(non poteva chiamarsi con un altro nome), e 23×27 centimetri era il suo formato. La carta “usomano” è una “magnifica-brutta bestia” per chi stampa: alla prima prova assorbe il colore quasi a spegnerlo, e allora bisogna star lì, con dei bravi tipografi, a seguire, evidenziare, aumentare, diminuire (macchinari hi-tech da mandare in gloria il vecchio Gutenberg). Il risultato però è di grande raffinatezza. Ne sanno qualcosa gli illustratori. Teniamo alla forma perché oltre ad essere l’involucro della sostanza coinvolge subito lo sguardo. Un po’ come un amore a prima vista. Ci piacerebbe che fosse così: amore a prima vista.
Spiegaci cosa c’è dietro e dentro a un Quaderno quadrone: come lavorate con narratori/trici e illustratori/trici, come li “accoppiate” e come avviene la scelta delle storie da raccontare.
Dietro ad ogni Quaderno quadrone c’è la giornaliera normalità: desideri, ansie, rapporti con i librai, conti da far quadrare, copie da spedire, recensioni da acchiappare con fatica, pubbliche relazioni, editing, concorsi, festival, aggiornamento del sito, facebook, twitter, email, studio della concorrenza. E molta lettura (libri, giornali, riviste di settore, internet), molta curiosità.
Nei progetti, continuiamo con la nostra iniziale linea di condotta: coinvolgere scrittori che non hanno scritto (o scritto poco) per ragazzi. L’80% dei nostri libri sarà ancora così. Stiamo preparando altri “Quaderni cartoni”, dedicati ai più piccoli. Ne abbiamo uno, per il momento, Re Micio di Roberto Piumini (una storia di amicizia in quaranta quartine), illustrato dal bravissimo Gianluca Folì (già qualche riconoscimento negli USA). Dobbiamo raggiungere quel 20%, tutto dedicato ai più piccoli, senza tuttavia avvicinarci ai “primi passi”, verso i quali bisogna essere molto preparati e attrezzati.
Stiamo ricevendo manoscritti e illustrazioni da giovani autori, proposte che valutiamo a prescindere dal nome e cognome. Vorremmo essere più “sperimentali”, ma ancora non si può. Anche con scrittori e illustratori non proprio inediti (in senso ampio) l’azzardo c’è comunque. A noi il gioco d’azzardo non piace, ma mettersi in gioco sì.
Le storie da raccontare le sceglie chi scrive. Noi chiediamo solo che nel racconto ci siano delle piccole sorprese, delle violazioni. Sono dei racconti, e quindi qualcosa deve accadere già dalle prime pagine. La qualità della scrittura va da sé, deve essere di qualità “per sua natura”. Poi decidiamo chi potrebbe essere l’illustratore, sulla base delle atmosfere che il racconto ha suscitato. Piena libertà anche per lui. Senza escludere qualche nostro suggerimento. Diamo molto valore anche alle introduzioni, che chiediamo a scrittori già noti (Stefano Bartezzaghi, Lidia Ravera, Sandra Petrignani, Beatrice Masini, Grazia Verasani), che con le loro riflessioni aggiungono qualità ai Quaderni. I nomi in copertina – autori, illustratori e prefatori – hanno tutti democraticamentelo stesso corpo tipografico.
Siete riusciti a coinvolgere nella realizzazione dei vostri “Quaderni quadroni” narratori e illustratori affermati nel panorama letterario italiano: Franco Arminio, Loredana Lipperini, Bruno Tognolini, Roberto Piumini, Carlo Lucarelli, Antonio Moresco, passando per Tullio Pericoli, Paolo d’Altan, Simone Massi, Gianluca Folì, Mauro Cicarè, e arrivando all’ultima freschissima pubblicazione di Paolo Di Paolo illustrata da Gianni De Conno e con l’introduzione di Mario Martone. Come avete fatto? Seppur di qualità siete una realtà ambiziosa ma editorialmente piccola.
Breve cronistoria. Una buona combinazione mi ha fatto conoscere Tullio Pericoli, che ringrazierò sempre. Il nostro Che mestieri fantastici! è ormai esaurito. Con questo unico Quaderno siamo stati ospiti nella trasmissione di Corrado Augias, Le storie. 2 aprile 2013. Un bel colpo, ma non di fortuna, perché molto più realisticamente quando facemmo la proposta ad Augias c’erano pur sempre le immagini di Pericoli, immagini che gli avevamo chiesto in prestito: ci servivano le sue nuvole, i suoi libri volanti. Come accennavo, pubblicavamo una rivista, Rrose, sulla creatività. Il Quaderno dei “Mestieri fantastici!” doveva essere una sorta di inserto straordinario, un fuori collana. Tant’è che questo Quaderno self-publishing (self, nel senso più autentico, perché i mestieri sono due miei racconti, Il riparatore di nuvole, Il cercatore di parole) è stato per parecchi mesi l’unico progetto. Che è piaciuto, molto apprezzato – come si dice – dalla critica e dal pubblico. Così abbiamo continuato, ma senza programmi editoriali, indagini di mercato e previsioni. E investimenti vicini allo zero. Tutto il contrario di quello che dovrebbe essere. E quindi la fatica è colossale. Abbiamo fatto una proposta a Franco Arminio e poi – una volta letti i suoi brevi racconti che parlavano di animali che parlavano a noi e di noi – a Simone Massi (del quale conoscevano le video-storie), che ha disegnato in modo superlativo quegli “animali di paese”. Anche Franco, per noi, è stato un “apri pista”. Poi abbiamo chiesto un racconto a Loredana Lipperini, e lei ha scritto la storia di una dolce e battagliera Pupa (sua mamma), illustrata splendidamente da Paolo d’Altan. E fin qui, due scrittori che non avevano mai scritto per ragazzi. Avevamo tre Quaderni, davvero nulla anche per una piccola casa editrice. Aver coinvolto due scrittori non per ragazzi ha in qualche modo caratterizzato Rrose Sélavy. Nell’editoria di questo genere, da un lato ci sono i cartonati, e certo non puoi competere perché sono per la maggior parte prodotti poco editoriali e molto merchandising (nascono prima in tv), e dall’altro lato ci sono i romanzi per gli adolescenti, e anche qui non puoi competere (gli editori hanno giornali e televisioni per le promozioni). Non abbiamo cercato “originalità” a tutti i costi, ma solo provato a dare forma a quello che in parte già avevamo e che ci piaceva. Poi è arrivato il Premio Andersen per il progetto editoriale. Aiuta a presentarsi con un biglietto da visita non più scritto su un post-it. E cominci a crescere, a raccogliere esperienza (l’esperienzaccia, come dice un nostro caro amico che fa il prof alla Sapienza). Tutto rose (una sola erre) e fiori? No. Quando investi strada facendo (quasi una combinazione da automobil-club) puoi solo andare avanti a piccolissimi passi, e sembra di trovarsi nello stesso punto. Ma noi di Rrose Sélavy siamo testardi, sognatori, ingenui e appassionati (eros c’est la vie). «Se puoi sognarlo puoi farlo» diceva Walt Disney. Vale anche per noi.
Vi definite una casa editrice per ragazzi e per bambini – e per ragazze e bambine, aggiungiamo pure – ma le storie che proponete hanno un respiro ampio, difficilmente incasellabile fra due confini anagrafici. Segnalando Pupa, il Quaderno quadrone scritto da Loredana Lipperini e illustrato da Paolo d’Altan, Alberto Prunetti ha colto nel segno scrivendo: «Non so se passarlo a mia sorella perché lo legga al mio nipotino (3 anni) o se passarlo a mia mamma perché lo legga a mia nonna (95 anni)». Questa massima, tanto evidente in Pupa, può senza dubbio essere estesa alle altre vostre pubblicazioni. Credete davvero di essere una casa editrice esclusivamente per ragazzi e ragazze, bambini e bambine?
Spero che il bravo Prunetti (che ha colto davvero nel segno) abbia passato Pupa a tutta la famiglia: nonna, mamma, sorella e nipotino, senza scegliere questo o quel parente. Faremo nostro il passa-Pupa di Prunetti. Anche gli altri Quaderni quadroni sono un po’ per piccoli e un po’ per grandi: le belle storie sono dedicate a tutti. Comunque, servendo una immediata definizione, siamo una “casa editrice per ragazze e ragazzi, bambine e bambini”. Fermo restando che alla fine è l’adulto che acquista il libro. Un dato di fatto, questo, che banalizza il concetto.
Abbiamo chiesto a molti librai di suggerirci il costo di copertina dei nostri libri. A conti fatti, riusciamo a non pesare troppo sulla spesa famigliare. Ecco, l’acquisto di un libro dovrebbe essere una normale voce di spesa in una normale famiglia: più o meno ogni giorno al supermercato, e almeno una volta al mese in libreria.