di Luca Cangianti
Il ribaltamento tra zombi e umani è già presente in germe nella Notte dei morte viventi di George Romero. Nel finale di questo film gli zombi diventano vittime della violenza militarista, insieme all’unico umano scampato alla notte di assedio; poi nel quarto lungometraggio della saga, La terra dei morti viventi, gli zombi si evolvono riapprendendo a svolgere alcune attività che eseguivano in vita. Uno di questi, Big Daddy, diventa perfino il leader che guida un attacco pianificato a una città popolata da umani crudeli. Un membro di una squadra di esploratori in disaccordo con i governanti della città, mira alla testa di Big Daddy, ma il comandante Riley Denbo gli ordina di non sparare: “Stanno solo cercando un posto dove andare… Proprio come noi!” Insomma, i mostri hanno acquisito coscienza e soggettività rivoluzionaria, al punto da esser riconosciuti dagli umani più illuminati.
In E.N.D. The Movie ci si spinge ancora più avanti: i morti viventi si evolvono fino a costituire una nuova specie dotata di linguaggio, di legami sociali, di sentimenti e debolezze. Siamo oltre il modo di produzione umano.
Il film, presentato in anteprima il 24 giugno scorso al Fantafestival di Roma, è una produzione indipendente realizzata anche grazie a un crowdfunding. Al di là di qualche effetto speciale digitale, del quale non c’era bisogno, e di un rallentamento nella parte centrale, E.N.D. ha un impianto narrativo solido e originale, in cui il genere horror è scelto come contesto più adatto a valorizzare il conflitto tra i personaggi. Il lungometraggio è stato realizzato da un gruppo di registi: Federico Greco, Domiziano Cristopharo, Luca Alessandro e Allegra Bernardoni. Il primo di questi, Greco, ha curato la supervisione creativa oltre a firmare per intero l’ultima parte del film.
E.N.D. tuttavia non è un film a episodi perché, pur essendo composto di tre sezioni, si articola lungo il filo di un’unica storia. L’epidemia scoppia a causa di una partita tagliata male di cocaina (Erythroxylum coca – NaOH – Desipramina, E.N.D. per l’appunto) e continua a diffondersi coinvolgendo un’agenzia di pompe funebri. La seconda sezione del film, diretta da Domiziano Cristopharo, si svolge 4 anni dopo in un’Italia occupata dall’esercito statunitense impegnato a combattere i mostri affamati di carne umana. Qui una donna incinta e un soldato, assediati in una casa di campagna, assistono a un processo d’ibridazione che apre alla terza parte, quella più riuscita. Sono passati altri due anni, gli zombi non possono esser uccisi in nessun modo, nemmeno sparandogli in testa. Anzi si sono sviluppati al punto da costituire una società eticamente migliore rispetto a quella umana, che usa anziani e portatori di handicap come cavie.
Il genere fantastico può avere una funzione sovversiva, capace di svelare realtà invisibili, indicibili e rimosse. Nel caso di E.N.D. all’apparire dei morti viventi, connotati da bruttezza, sporcizia, violenza, irrazionalità e mancanza d’individualità (proprio come le masse proletarie e migranti agli occhi del benpensante) fa seguito un processo evolutivo che mette in discussione la rigidità tra il “noi” e il “loro”, fino al ribaltamento più radicale. Differentemente da molti altri film di zombi, l’irruzione del mostruoso non si sana sparando in testa a tutti i morti viventi che ci si presentano davanti, per ricostruire poi una convivenza umana basata sugli assetti precedenti all’apocalisse. Da un punto di vista concettuale siamo anche oltre le avvincenti ibridazioni presenti in In the flesh e Z Nation. E.N.D. non ci permette più di dire chi siano i veri mostri. Gli zombi nel loro linguaggio non hanno dubbi: “Dalla nostra parte si sta meglio!”, dicono prima di mordere gli umani includendoli così nella loro comunità. Ma non c’è nessun manicheismo: la paura, il tradimento e la vigliaccheria appartengono anche al fronte della morte vivente. Ed è forse per questo che con gli zombi ci sentiamo a casa.