di Cassandra Velicogna
Mad Max: Fury Road, George Miller, USA/Australia 2015
Per l’ennesima volta in questo periodo di “retromania”, noi appassionati di fantascienza e soprattutto di scenari postapocalittici, ci siamo trovati di fronte a un’attesa: George Miller (il regista della prima trilogia sull’eroe) ha firmato il nuovo Mad Max. Il film, ancora presente nelle sale, è uscito il 14 Maggio 2015. Per chi non lo sapesse il mondo di Max Rockatansky era una sorta di mitologia per iniziati: il primo, Interceptor, del 1979, film low budget eppure fortunato al cinema e al box office, si allacciava perfettamente alla nascente corrente cyberpunk che di lì a qualche anno sarebbe stata consacrata dai romanzi di Gibson e Sterling. Il “nuovo” Godzilla (2014, diretto da Gareth Edward) non ha fatto una brutta figura (nonostante alcuni palesi problemi a mostrare il monstrum); il “nuovo” Robocop (2014, diretto da José Padilha) ha appassionato, ma non convinto appieno; mentre il prequel di Alien (Prometheus, film del 2012 diretto da Ridley Scott) è sembrato un film ben congegnato, ottimamente recitato e eccellente da un punto di vista estetico, ma sicuramente l’antropogonia dark del film non ha entusiasmato i fan dell’ufficiale della Nostromo Ripley (interpretato dalla divina Sigourney Weaver). Si fa attendere e agognare il nuovo Star Wars, il risveglio della forza, prodotto dalla Bad Robots di J.J. Abrams (creatore di Lost) che uscirà in Italia il 16 dicembre per concessione di Checco Zalone: la distribuzione aveva preferito il film dell’irriverente comico nostrano a quella del nuovo colossal della saga, è solo perché questo non sarà pronto, che si potrà apprezzare nel 2015 il nuovo Guerre Stellari insieme al resto del mondo. Zalone in effetti rischiava il linciaggio. Chi è affezionato ai film nuovi e nuovissimi di fantascienza, cercando magari dove non si aspettava − malino Elysium del promettente Blomkamp (autore di District 9, film indipendente del 2009) e Interstellar di Nolan, del 2014, che non sta nemmeno vicino al precedente Inception, benché questo e quello siano film con pretese di autorialità che li affrancano dal genere −, ne ha visti due particolarmente pregevoli: Pacific Rim (Guillermo Del Toro, 2013) in cui i robottoni dei nostri sogni finalmente sembrano vivi e veri (anche se il plot è quello che è) e Snowpiercer (2013, diretto da Bong Joon-ho), che fa un profondo ragionamento sulla società divisa in classi e non delude nemmeno per un secondo.
Spesso si sente dire che le nuove idee per le distopie filmiche sono fiacche, mentre un tempo, quando le formiche giganti si facevano con la cartapesta, sì che le storie erano amazing anche sul grande schermo. Ma oggi, negli anni dieci del terzo millennio, la fantascienza pian piano sta rinascendo o almeno non se la passa male come nei 10 anni precedenti (Matrix è del 1999) . Forse perchè il futuro non è più quello di una volta. Ripetuto alla nausea che in cinese “crisi” vuol dire anche opportunità e che forse stiamo già vivendo una sorta di futuro postapocalittico o quantomeno distopico fatto di violenza, penuria e stabili vuoti da occupare, si può azzardare che l’immaginario di rivolta faccia presa sulle menti degli spettatori. Ma è Hollywood a sfruttare il mood del periodo o, al contrario, è la voglia di ribaltare i rapporti tra sfruttati e sfruttatori a dettare gli stilemi dei prodotti di entertainment? Da anni si è combattuto a suon di liste per dividere tra innovatori e conservatori, fatto sta che senza un immaginario nuovo e futuribile, la fantascienza è come uno standard ripetuto alla noia. Distopia, apocalisse e rivolta sono spesso mischiati nella buona fantascienza e da questo punto di vista Mad Max Fury Road è buona fantascienza. Non si sa come il regista di Happy Feet e di tutti i precedenti Mad Max, George Miller, abbia assimilato questa lezione, ma l’ha fatto. Al nichilismo dei precedenti film con Mel Gibson, che aspiravano solo alla creazione di un nuovo mondo riconoscibile, come fosse la Terra di Mezzo o il labirinto di Labyrinth, si sostituisce l’altamente mitopoietica descrizione di una rivolta. Nessuno spoiler: per arrivare a ribaltare la situazione, lo sparuto drappello di eroi o meglio di eroine (e sulla questione di genere ci torniamo) dovrà passare attraverso alcune illusioni e disillusioni, ma il punto è che la storia si srotola (a tavoletta) da un punto “a” di soggezione totale a un punto “b” di libertà totale. Tra “a” e “b” ci sono macchine incredibili, eroi non morti e non vivi che cercano di conquistare il Valhalla, tribù di torturatori e cannibali, cascate di acqua pura da templi nel deserto, uno schifoso padre-padrone e tempeste magnetiche di sabbia. La strada di Furiosa (Charlize Theron), la prediletta moglie di Immortan Joe (Hugh Keays-Byrne), bubbonoso despota di una società in cui magari mancasse la benzina, manca proprio l’acqua da bere, è proprio quella di rifiutare il suo ruolo di moglie e madre e tornare a unirsi alla sua gente, che è contraddistinta dal genere femminile. E Max? L’eroe in questo caso, ottimamente interpretato da Tom Hardy, perfettamente in linea con i sofferenti e un po’ piagnoni eroi di questi tempi (vedi Batman con le stampelle ne Il cavaliere oscuro Il ritorno di Nolan, 2012), cede il passo e compare come elemento pur centrale nella trama, ma con ruolo ancillare rispetto a una rivoluzione tutta al femminile. La soggezione di queste femmine è dettata dal ruolo di “fattrici” di eredi: quale peggiore incubo distopico (verosimile, futuribile, come lo sono tutte le società immaginate) del declassamento del femminile alle sue caratteristiche meramente fisiologiche legate alla riproduzione? Insomma non solo manca l’acqua e il mondo è un posto un po’ freak, un po’ solitario e un po’ assoggettato, ma le donne devono anche essere oggetto di ulteriore sfruttamento? Non c’è altra via alla vita che la rivolta.
Tutto questo però non sarebbe Mad Max senza le macchine più incredibili: una tra tutte la fanfara di guerra costituita da percussionisti che vibrano fendenti a enormi bonghi su un carro la cui polena è un chitarrista metal attaccato al mezzo con una sorta di corda da bungee jumping… Oppure il fantastico mezzo che in questo mondo “fuelpunk” scatena la voglia di revanche: la blindocisterna guidata da Furia, la migliore Charlize Theron di sempre, che riesce ad interpretare un essere etereo, forte e meraviglioso pur con un arto meccanico e la fronte truccata del nero grasso meccanico. Verrebbe voglia di vedere un documentario sulla realizzazione dei vari veicoli, le squadre di saldatori e meccanici devono essersi divertiti un bel po’. Quel che fa dell’ultimo Mad Max un film esattamente riuscito è in fin dei conti il bilanciamento: la trama e le tematiche sollevate + gli scenari postapocalittici e immaginifici + ritmo mozzafiato, frane, esplosioni e forme di violenza veramente horror. Il vecchio Miller è tornato al vecchio amore, l’ha fatto divertendosi, probabilmente, e sembra aver lanciato il guanto della sfida a Abrams: chissà se il 17 di dicembre saremo altrettanto galvanizzati?